Mercoledì 18 Aprile 2018 abbiamo presentato, al 40° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, il progetto 10 DIECI in PROSSIMITA’ che proponiamo, da tre anni, alle scuole secondarie di primo e secondo grado della diocesi di Treviso. Al centro della riflessione e del confronto quest’anno c’erano i giovani, in continuazione con gli Orientamenti Pastorali della CEI e all’interno della prospettiva del Sinodo dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” (ottobre 2018). Il nostro intervento si è focalizzato, da una parte sulla scelta di incontrare i giovani, dall’altra sul come incontrarli. Siamo partiti da una domanda: dove poter incontrare i giovani oltre le loro appartenenze? Questa domanda, fin dall’inizio, racchiudeva l’intenzione di assumerci fino in fondo l’appello di papa Francesco di andare ad abitare le “periferie” intese come luoghi di vita ma anche come luoghi dell’essere umano che vuole scoprire chi è e quale è il suo posto nel mondo. La scuola è stata la risposta a quella domanda da cui eravamo partiti. E allora abbiamo portato la proposta formativa, oltre a quei giovani che già accolgono la possibilità per un impegno di servizio agli ultimi, anche a tutti quelli che non hanno trovato una risposta al loro desiderio di verità e libertà. Anzi la scelta di provare a farci accogliere nelle scuole ha anteposto proprio quest’ultimi.
La nostra presenza nelle scuole vuole essere soprattutto una presenza capace di risvegliare nei giovani la voglia di “rischiare” la propria vita per i valori che promuovono l’essere umano. Non vogliamo radicalizzare nessuna proposta, se non quella di provare ad assumere in ogni progetto di vita personale l’assoluta centralità e sacralità dell’uomo in quanto uomo oltre ogni sua condizione esistenziale.
Per quanto riguarda la relazione, abbiamo scelto di fondarla sulla condivisione e sulla reciprocità convinti che è proprio nella prospettiva dello scambio che può innescarsi un comune cammino verso il necessario cambiamento di tutti gli attori sociali.
Ma fondare le nostre relazioni sulla condivisione ci chiede di non smettere mai di accogliere e accettare il non noto, il mistero che è costitutivo dell’essere umano, che lo consegna continuamente al “poter essere” oltre ogni sua manifestazione declinata al passato e al presente. E’ proprio questo l’appello che vogliamo rivolgere ai giovani, cioè quello di “rischiarsi”, convinti delle loro potenzialità e delle loro capacità di scrivere storie di convivenza più raffinata.