Dalla corsa al potere alla maratona dell’equità - CARITAS TARVISINA

Dalla corsa al potere alla maratona dell’equità

«uomo chi sei? uomo dove sei? uomo dove vuoi andare?
Siamo sulla soglia di un cambiamento d’epoca, a ciascuno di noi è chiesto di fare una scelta»

Viviamo da molti anni in un mondo che ha reso strutturali l’ingiustizia e l’iniquità, in cui il benessere di una minoranza si fonda sulla miseria di molti. La storia degli ultimi anni è stata segnata da eccessi e squilibri che hanno portato sofferenza e morte. La dignità delle persone, la salvaguardia del creato, la sostenibilità e la custodia della vita, sono state messe in secondo piano rispetto al primato del profitto e del potere. Mentre abbiamo permesso che il bene individuale diventasse un assoluto rispetto al bene comune, noi “ricchi” ci siamo crogiolati nelle nostre comodità e abbiamo ingabbiato l’odore acre della sofferenza e della povertà, ovattandolo con le nostre raffinate logiche dell’indifferenza e dello scarto.

La povertà, le guerre, le diseguaglianze sono state considerate un prezzo da pagare in nome dello sviluppo dell’umanità, un prezzo pagato sempre dai più poveri, dai più fragili e dimenticati. Nella produzione di benessere abbiamo tollerato come normale lo scempio del creato, l’ingiustizia e l’esclusione sociale, la sofferenza di tanta parte dell’umanità, la morte silenziosa di molti fratelli. Ogni giorno le persone che muoiono per fame, per povertà, per guerre sono di molto superiori a quelle che drammaticamente hanno perso la vita per il virus. Purtroppo in maniera colpevole ed irresponsabile ci eravamo abituati a quelle morti, non ci toccavano più di tanto perché erano al di là del nostro mare, erano lontani dai lidi lussureggianti delle nostre comodità e del nostro sovrabbondante benessere. Ecco il mondo prima della pandemia.

Poi è arrivato lui, il COVID-19 e ci ha riportato con il culo per terra, ci ha ricordato che non siamo onnipotenti e che non possiamo continuare a vivere in maniera predatoria nei confronti della vita e di ogni creatura. Ha scoperchiato la pentola e ci ha fatto cogliere che quello che bolliva non era tutto buono ma molte cose erano avvelenate. In questo tempo di isolamento e restrizioni abbiamo riscoperto cose belle e semplici, il valore delle relazioni, la bellezza di una vita più lenta in armonia con il creato, lo scorrere del tempo in famiglia. Accanto a questo sono emersi anche i limiti in ordine alla libertà, a case fatte non a misura di uomo, allo stress per una vita costretta (ma forse lo era anche prima). Questa pandemia ci ha messo con le spalle al muro e ci ha rilanciato delle domande di senso molto profonde: uomo chi sei? uomo dove sei? uomo dove vuoi andare?

Dinanzi a tutto questo sta serpeggiando la tentazione molto pericolosa di anestetizzare la ferita che si è aperta, con la convinzione che basti fare dei sacrifici e portare pazienza, e poi torneremo come quelli di prima, anzi meglio, più forti e competitivi. C’è il rischio concreto che passata la bufera, ci si limiti a fare la conta dei danni e gradualmente riprendere lo stile di vita di prima, senza mettere in discussione il nostro modello di sviluppo che è un gigante dai fragili piedi di argilla. Ci è data l’occasione di fermarci, di restare in ascolto di quelle poche voci profetiche e competenti che da tempo ci indicano di cambiare rotta. È giunto il momento di ascoltarli, è giunto il tempo in cui l’economia di comunione e l’ecologia integrale non possono più essere confinate nelle lontane galassie dell’utopia, ma sono l’unica via per salvare la vita, dell’uomo e del creato.

Il COVID-19 ci ha costretti ad una sosta forzata, che può diventare benedetta nella misura in cui sappiamo ripartire prendendo la strada giusta. Siamo ad un bivio: continuare come prima esponendoci sempre più alla sofferenza, alla morte, al vuoto eterno, alla maledizione, o cambiare strada, rinunciando a qualche privilegio, onorando la pari dignità di ogni creatura, custodendo e promuovendo la vita sotto il segno della benedizione. Si tratta di vivere un passaggio (Pasqua) dall’esclusivo bene individuale al bene comune, dal baratro delle diseguaglianze alla terra promessa della comunione e della condivisione. Si può vivere in armonia con il creato, consumando di meno e gustando di più, lavorando ciascuno meno ed offrendo ad ognuno la possibilità di una vita dignitosa.

Siamo sulla soglia di un cambiamento d’epoca, a ciascuno di noi è chiesto di fare una scelta, di abbandonare le logica di conquista per lasciarsi riempire dalla promessa di un mondo giusto e fraterno. Siamo chiamati a fare tutti un salto di qualità a partire dal proprio quotidiano. In modo particolare quanti si sono assunti delle responsabilità a vari livelli. Non ci possono essere scuse questa volta. Se le scelte non vengono orientate al bene comune, alla vita della comunità, è necessario il coraggio per dire basta a chi continua a calpestare l’umanità ed il creato. È necessario che qualcuno rimanga a casa per non continuare il contagio dell’ingiustizia e del profitto a tutti i costi, che ha già spezzato la vita di milioni e milioni di persone. Non si può lasciare il timone della barca in mano a coloro che accecati dalla ricerca dei propri privilegi e non si preoccupano del bene di tutti. Va chiesto, con garbo ma con altrettanta fermezza, che restino a casa, affinché ciascuno possa vivere con dignità e libertà.

L’opportunità ci è stata data: o cambieremo rotta o andremo tutti a fondo. Quella che ci sta davanti non è una corsa veloce, ma un cammino lungo, da maratoneti, che chiede cuore e mente capaci di resilienza e luminosa speranza. Quindi sull’esempio di Gesù Maestro, deponiamo le vesti lussuose del nostro orgoglio e del nostro potere, vestiamo il grembiule della carità per lavare i piedi feriti e sanguinanti dell’umanità. Scegliamo la giustizia, l’equità, la dignità … la VITA!

 


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