Decennale dello tsunami in Sri Lanka - CARITAS TARVISINA

Decennale dello tsunami in Sri Lanka

Dal primo al sei dicembre ho avuto la grazia di partecipare a Colombo, capitale dello Sri Lanka, alle celebrazioni per il decennale dello tsunami che nel dicembre 2004 ha portato in quella zona del pianeta una tremenda e violenta ondata di desolazione e morte che si respira ancor oggi. Pochi giorni, ma intensi che hanno lasciato dentro di me un segno profondo. Mi hanno donato la bellezza di sperimentare la comunione tra chiese sorelle e la forza straordinaria della carità e della solidarietà che fa fiorire anche i deserti.

Prima di tutto sono rimasto affascinato dalla comunione e dalla semplicità con cui i delegati delle diverse Caritas si sono ritrovati per affermare la potenza dell’Amore che supera ogni ostacolo, ogni difficoltà, ogni differenza. Ho respirato un’aria di fraternità e di comprensione reciproca che non era dovuta alla lingua inglese, più o meno da tutti borbottata, ma alla grazia di Dio che ha donato a ciascuno di sperimentare la grandezza della dignità umana e la potenza della Pasqua di Gesù. Veramente sono state giornate nelle quali ha risuonato fortemente le parole di San Paolo nella lettera ai Romani quando dice: “Fratelli, 35 chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 37 Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. 38 Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, 39 né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. Nella diversità si è sperimentato un intenso clima di unità e comunione.

In secondo luogo sono rimasto molto colpito dalla terra ferita dello Sri Lanka. Una terra intrisa di lacrime, di sangue, di dolore, ma anche di tanta speranza e di tanta fiducia, di tanta voglio di costruire un domani migliore. Nel silenzio e nell’umiltà il popolo srilankese serba e custodisce nel cuore il dramma di quel dicembre del 2004. Ci sono ancor oggi porzioni di terra devastate da quell’onda furiosa che sembrano gridare la vita che non c’è più, che è stata strappata via. Eppure con grande dignità ognuno continua a ricercare una via di rinascita e di vita nuova, come nell’incredibile traffico di Colombo i tuk-tuk (veicoli a tre ruote) riescono a trovare una via d’uscita.

In terzo luogo sono rimasto ammirato dalla forza straordinaria della solidarietà e della carità. La ricostruzione, la resurrezione è possibile quando ci si mette insieme, quando si riscopre la fedeltà all’essere fratelli gli uni degli altri. È stato bello vedere come il lavoro di molte Caritas abbia portato frutti di vita nuova nell’esistenza e nel cuore di chi aveva perso tutto. È stato bello cogliere, come dietro ad una casa nuova, data a chi era rimasto immerso nella propria disperazione, ci fosse e ci sia la solidarietà, mediata da Caritas e dalla Chiesa, di molte persone che nel nascondimento hanno contribuito e contribuiscono anche oggi, materialmente e spiritualmente, a non lasciare da soli questi fratelli. Ancora una volta la bellezza dell’essere Chiesa e la preziosità della rete Caritas mi hanno riempito il cuore.

Infine il dono più bello è stato quello di essere stato in ascolto della vita delle persone. Ognuno mi ha donato qualcosa di unico e speciale. Dai delegati incontrati che hanno manifestato il desiderio di vivere un accompagnamento nella fraternità. A Beppe (operatore trevigiano di Caritas Italiana che dal 2004 è in Sri Lanka) e ai caschi bianchi con i quali ho condiviso l’ebbrezza sempre viva di desiderare e di lavorare per un mondo nuovo. Ai compagni di viaggio delle Caritas di altre diocesi italiane che hanno dato il loro contributo personale. Ma soprattutto alle persone che sono state travolte dalla violenza dello tsunami, che sono sopravvissute e che ora continuano a credere nella vita. Mi ha colpito la semplicità di una donna anziana, con il volto scavato dal tempo e dalla sofferenza, che ha condiviso con noi tutto il suo dolore per la perdita del marito nella catastrofe del 2004. Ci ha consegnato le sue lacrime e la sua verità: non ci poteva essere dono più bello. Sono rimasto folgorato dagli occhi di Ramesha, una bambina di 10 anni. Quando è arrivata la spaventosa onda sua mamma era incinta di lei. La furia dell’acqua l’ha trascinata via, ma lei con la forza della vita si è appesa ad un grosso ramo di un albero. Ha resistito, è stata salvata dalle acque e poco dopo ha dato alla luce la sua figlia. La vita ha vinto !! Quegli occhi che non avevano visto la violenza delle acque, avevano per sempre registrato la forza della vita, la forza di quella mamma. Ramesha ha degli occhi luminosi e ha abbozzato un sorriso nell’emozione del momento. Ci ha detto che da grande vuole fare il medico per dare speranza di vita a chi è ammalato e sofferente, per affermare che la vita trionfa sempre. Molto probabilmente non incontrerò più Ramesha né tante delle persone accostate, ma sono tornato con la consapevolezza che non esiste tsunami al mondo che possa fermare l’azione della Carità, dell’Amore senza limiti di Dio. Un mondo all’insegna della giustizia, della pace e della comunione è già scritto nei nostri cuori, dobbiamo solo continuare a tradurlo in atti di vita e di dono.


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