La Quaresima insieme: II domenica 28 febbraio - CARITAS TARVISINA

La Quaresima insieme: II domenica 28 febbraio

“Noi abbiamo bisogno di andare in disparte, di salire sulla montagna in uno spazio di silenzio, per trovare noi stessi e percepire meglio la voce del Signore. Questo facciamo nella preghiera. Ma non possiamo rimanere lì!” (Papa Francesco)

Trasfigurazione – Chiesa San Pietro a Črnomelj, Slovenia [Centro Aletti 2018]

QUESTI È IL FIGLIO MIO, L’AMATO

Dal Vangelo secondo Marco (9, 2-10)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

 

 

RIFLESSIONE

Testo a cura di Papa Francesco

“Da questo episodio della Trasfigurazione vorrei cogliere due elementi significativi, che sintetizzo in due parole: salita e discesa. Noi abbiamo bisogno di andare in disparte, di salire sulla montagna in uno spazio di silenzio, per trovare noi stessi e percepire meglio la voce del Signore. Questo facciamo nella preghiera. Ma non possiamo rimanere lì! L’incontro con Dio nella preghiera ci spinge nuovamente a “scendere dalla montagna” e ritornare in basso, nella pianura, dove incontriamo tanti fratelli appesantiti da fatiche, malattie, ingiustizie, ignoranze, povertà materiale e spirituale. A questi nostri fratelli che sono in difficoltà, siamo chiamati a portare i frutti dell’esperienza che abbiamo fatto con Dio, condividendo la grazia ricevuta. E questo è curioso. Quando noi sentiamo la Parola di Gesù, ascoltiamo la Parola di Gesù e l’abbiamo nel cuore, quella Parola cresce. E sapete come cresce? Dandola all’altro! La Parola di Cristo in noi cresce quando noi la proclamiamo, quando noi la diamo agli altri! E questa è la vita cristiana. È una missione per tutta la Chiesa, per tutti i battezzati, per tutti noi: ascoltare Gesù e offrirlo agli altri”.

 (Commento di Papa Francesco, 16 marzo 2014)

 

ATTUALIZZAZIONE

Testimonianza di Amedeo Capetti, infettivologo e consulente dell’Oms.

C’è chi, dentro uno scenario di morte e dramma, si fa accompagnare dal Maestro nell’alto monte ove Egli si manifesta in tutta la sua gloria. Così è accaduto a un medico infettivologo di Milano, il quale ha saputo testimoniare in qualche modo una esperienza analoga a quella dei tre discepoli, ovvero “l’esperienza dell’irrompere dello stupore nella vita, per cui nulla è mai scontato e tutto è dato”.

“Al direttore – Sono un medico della prima divisione di Malattie infettive dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano, fino a ieri esperto di terapia antiretrovirale con 650 pazienti sieropositivi per Hiv, catapultato poi come tutti in reparto Covid. (…) I miei pazienti invece di lamentarsi mi mandano ogni giorno messaggi per chiedermi come sto e anche per partecipare dell’esperienza incredibile ed eccezionale che sto vivendo. E questa è la vera ragione per cui ho deciso di scriverle. In effetti quello che io sto vivendo, ma credo sia esperienza anche di molti altri, è l’avverarsi di un fenomeno che non di rado noi medici vediamo in chi è scampato a un pericolo potenzialmente mortale: l’esperienza di aprire gli occhi e accorgersi che nulla è più scontato. Ossia che tutto è dono, dal risveglio del mattino, dal saluto ai propri cari a ogni piccola piega di un quotidiano che per alcuni è tutto da riempire, per altri come me è diventato, se mai era pensabile, più vorticoso di prima. La grazia di questa nuova coscienza di sé trasforma radicalmente ciò che facciamo, genera stupore, amicizia, ci si guarda e ci si dice: oggi non ci possiamo abbracciare ma un sorriso ci dice ancora di più di quanto potrebbe dire un abbraccio. Questa consapevolezza ci fa diventare partecipi del dramma dei nostri pazienti e non è assolutamente un caso che i miei colleghi mi chiedano di pregare non solo per i loro cari ma anche per i loro pazienti, come non era mai successo prima. E anche questo è contagioso.

Ieri mi ha chiamato una signora di Crema per sentire notizie della nonna, ricoverata al Sacco, che è molto grave. Mi ha riferito dell’altra nonna, morta di Covid, e della mamma, in rianimazione a Crema, poi mi ha detto: “Vede dottore, all’inizio io pregavo, ora non prego nemmeno più”. Io le ho risposto: “La capisco, signora, non si preoccupi, pregherò io per lei”. Al sentirlo ha avuto un sobbalzo e ha risposto: “No, dottore, se lo fa lei lo faccio anch’io. E anche per la mia mamma, preghiamo insieme”. Tutto questo è ricchezza, grazia, che se più gente ne prendesse coscienza potrebbe a mio parere avere anche un grande valore civile: riconoscere che siamo fragili e che tutto ci è donato, a partire dal respiro, oggi così poco scontato, appianerebbe tante divergenze e discussioni inutili. L’ultimo pensiero è andato al dopo: esperienza comune è che dopo un periodo di grande entusiasmo con il tempo tutto si spegne e i vecchi vizi riemergono, come già lamentava Dante Alighieri rispetto al secolo che lo aveva preceduto. (…)

Dove ci può portare questa esperienza? Dove ritrovare questo sguardo così umano gli uni verso gli altri che in questi giorni vediamo in tante situazioni? Chi ci può aiutare? Per me l’esperienza dell’irrompere dello stupore nella vita, per cui nulla è mai scontato e tutto è dato, è iniziata molti anni fa, e quando riaccade è come una ripartenza che rinnova in me la certezza dell’origine. Per altri sarà un cammino nuovo. Io non posso e non voglio dare risposte precostituite perché ognuno potrà capire, come me, solo facendone esperienza. Ma posso suggerire la domanda, perché nulla cada nella scontatezza e nella riduzione, estetica o cervellotica. Poi sono arrivato in ospedale”.

(Amedeo Capetti- infettivologo e consulente dell’Oms).

 

 

PREGHIERA

Signore Gesù, aiutami a convertire il mio sguardo. Donami uno sguardo come quello di Zaccheo. Capace di cercarti, desiderarti. Capace di salire in cima ad un albero, per evitare la folla, pur di vederti.

 Donami uno sguardo come il “giovane” ricco. Capace di porre domande vere, profonde. Capace di gettarsi ai tuoi piedi. Capace di chiamarti “Maestro buono”. Capace di sentirsi amato e guardato da te.

 Donami uno sguardo come Maria. Capace di andare oltre. Capace di vincere ogni paura e pregiudizio. Capace di cogliere il tuo amore per me. Capace di ringraziarti ogni istante della mia vita.

Donami Maestro buono di non temere le nostre povertà e fatiche, chiusure e peccati. Donami di non nasconderci e ripiegarci su noi stessi quando ci dimentichiamo di te e del fratello Ricorda al nostro cuore che su ogni cosa posi il tuo sguardo d’amore che perdona e accoglie Purifica e illumina

Cerca e ama.

Amen

 


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