Più volte mi sono lasciato trafiggere il cuore dalle parole di Papa Francesco che continua a manifestarci, con semplicità ed umiltà, il suo desiderio di “una chiesa povera per i poveri e con i poveri”. È una sfida impegnativa, ma che racchiude nelle sue difficoltà il germe di un mondo nuovo, di una speranza incrollabile. Oggi la festa di San Francesco ci invita in maniera molto forte a lasciar risuonare nel nostro cuore le parole del Santo Padre, ma soprattutto quelle del Vangelo che ci ricordano che ogni uomo è nostro fratello e che nel povero è impresso il volto di Cristo. Il poverello d’Assisi ha vissuto un cammino di conversione che lo ha portato dai lauti banchetti delle feste assisane, alla sobria mensa del Pane di Vita da condividere con i più poveri all’Unica e Grande Festa. Nella storia di San Francesco ciò che mi ha lasciato un segno profondo è il bacio dato al lebbroso, segno di una conversione definitiva, di una libertà infinita. Con quel bacio Francesco ha annullato ogni distanza, ha lasciato che la luce della speranza e della carità si imprimessero per sempre nella sua carne, nel suo cuore. Quel bacio ha segnato l’inizio di una vita nuova, la nascita dell’uomo nuovo secondo il cuore di Cristo. È il segno di una umanità rinnovata.
Nel nostro tempo continuano ad esserci “lebbrosi”, persone non gradite che vengono emarginate perché danno fastidio, perché vanno a toccare il nostro quieto vivere infarcito di ipocrisie e compromessi. Pensando a tutto quello che sta capitando nel mondo e al considerevole numero di persone che è approdato in questi mesi in Italia, non è difficile scorgere un clima diffuso di mal sopportazione e un desiderio di confinare l’ospite non gradito in qualche più moderno lazzareto. Stiamo vivendo le emergenze umanitarie del nostro tempo come una sorta di invasione barbarica del nostro personale bengodi.
È necessario che rompiamo questi schemi, che ci sia di nuovo quel bacio di speranza e fiducia che abbatte le barriere e disegna sentieri di luce. Possiamo rompere l’ipocrisia e l’indifferenza del nostro tempo, solo con il bacio della carità, solo con la consapevolezza che dinanzi al fratello in difficoltà non si può mai, mai battere in ritirata. Noi ci siamo, siamo qui anche per loro, soprattutto per loro. Possiamo fare molto se solo ci lasciamo guidare dall’amore.
Il momento di preghiera di ieri sera, in Casa della Carità, ha cercato di essere un segno di speranza. È stato un bacio di Dio sulla nostra umanità, sulla nostra città, sulla nostra terra, troppo spesso, ferita e trafitta da chiusure egoistiche. È stato un bacio delicato che la nostra chiesa e la nostra gente ha accolto con il desiderio di un nuovo inizio, di una nuova umanità. Eravamo in 262, per dire con la nostra semplice testimonianze che tutte le persone che arrivano nel nostro paese non possono essere ridotti a dei numeri, dei costi, dei problemi. Sono persone con una loro storia e con una loro dignità. Non si possono ingabbiare, nella logica dello scarica barile, con uno sterile foto segnalamento secondo le fredde logiche delle convenzioni stipulate nei palazzi di governo dove non si è mai percepito l’acre odore delle bombe e della morte. Non è una questione di competenze, ma di diritti. E con il momento di ieri sera abbiamo voluto semplicemente dire che tutti questi nostri fratelli saranno per sempre foto segnalati nel nostro cuore. Il loro volto, anche se transitato davanti ai nostri occhi solo per alcuni giorni, ha lasciato in noi il segno indelebile della lotta per la pace, la giustizia, la libertà. Ponendo la propria impronta digitale ciascuno ha rifiutato di inabissare il proprio coraggio nelle paludi dellaneutralità e ha deciso di schierarsi da un parte, quella dei più poveri, quella di Gesù. Ha consegnato il suo piccolo bacio nella speranza che un mondo migliore continui a germogliare. Ha affermato che nessun di questi fratelli in difficoltà cadrà nel silenzio e nell’oblìo della notte, ma sarà sempre vivo nel ricordo e nella preghiera, perchè per sempre foto segnalato alla Vita, alla Carità, all’Amore senza confini.
Nel mare della vita sovente le onde dell’indifferenza e dell’ingiustizia sballottano il nostro cuore in un turbinio di pensieri che fa sprofondare i nostri sogni e i nostri ideali. Non dobbiamo temere, non dobbiamo mollare. È solo solcando queste onde impetuose con la forza dell’amore che potremo assaporare la gioia e la bellezza di essere una sola famiglia umana. È il nostro mare, il mare di tutti, è la nostra vita ! Impariamo a conoscerla, ad ascoltarla, a rispettarla e onorarla in tutte le sue stagioni ed in ogni circostanza. Non fermiamoci ad accogliere i profughi o a soccorrere i poveri, ma viviamo questo tempo come l’occasione favorevole per scoprirci ed amarci come fratelli.
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