IL GIGANTE HA I PIEDI DI ARGILLA - CARITAS TARVISINA

IL GIGANTE HA I PIEDI DI ARGILLA

 

 

Quello che a noi manca è una santa Collera, una santa Collera! La temerarietà che scaturisce dalla conoscenza di Dio e dell’umanità, la capacità di indignarsi quando la giustizia giace prostrata sulle strade e quando la menzogna furoreggia sulla faccia della terra, una santa collera contro tutto ciò che nel mondo è ingiusto.

La pandemia, che sta ancora segnando in maniera drammatica questo nostro tempo, ci aveva provocato a rivedere i nostri stili di vita e a mettere in discussione un modello di sviluppo che non è più sostenibile e che continua a generare ingiustizia ed iniquità. Stavamo comprendendo che il gigante (modello di sviluppo) era molto fragile, con basi non solide. Si era aperta una ferita che aveva fatto emergere l’importanza delle relazioni, della leggerezza, della solidarietà, del vicinato. Ai nostri cuori era arrivato il messaggio che anche oggi un mondo a misura di uomo è possibile, che cambiare è possibile se lo si sceglie veramente. Ed invece cosa sta accadendo? Passato (non del tutto) lo spavento, si sono innescate le solite dinamiche di individualismo, di potere, di prevaricazione verso i più deboli. Tutto sembra essere finito ancora una volta in un tritacarne che macina tutto in maniera inesorabile e continua. Si recitano i soliti copioni orientati a scaricare la colpa su qualcuno, a cercare il proprio interesse personale, a muovere la pancia della gente alla ricerca di un consenso che favorisca la scalata al potere.

Si continua ad esorcizzare la sofferenza e la morte, proclamando che “tutto andrà bene”, desiderando però in maniera malvagia, che questo sia solo per alcuni. Gli altri, soprattutto i poveri, non contano. La loro vita non è considerata. Si affibbia l’etichetta di “untori” ad alcune categorie di persone (come i migranti) dimenticando che fino a qualche mese fa il mondo intero ci considerava, come italiani, degli appestati.

Quanta tristezza e quanta amarezza nell’ascoltare i proclami di uomini politici e di potere che spadroneggiamo sulla scena di questo mondo fragile e ferito. Quanta rabbia nel sentire che la colpa ricade sempre sui più deboli, sui più poveri. Non sta cambiando nulla!!! Si cerca di fare il proprio interesse (economico, finanziario, politico, ecc.) sulla carne di chi è più vulnerabile.

L’immagine del buon samaritano che si china sulle ferite dell’umanità tante volte risulta sfocata e sbiadita, sembra vincente quella dell’avvoltoio che si fionda sui brandelli di un’umanità lacerata dall’egoismo e dall’indifferenza. Non possiamo più rimanere in silenzio (in obbedienza al politically correct), non possiamo rassegnarci ad essere guidati da chi continua a generare violenza, ingiustizia, discriminazione. Oggi, purtroppo, chi ci guida (o dovrebbe farlo) è completamente concentrato su se stesso e sulle proprie fantasie di “onnipotenza”. Manca completamente di empatia, mostrandosi non in grado di riconoscere desideri, emozioni e bisogni dell’altro e, qualora qualcuno avanzasse delle richieste, con rabbia e disprezzo antepone le proprie, svalutando e ignorando quelle altrui. Difficilmente tollera le regole, viste come limitazioni al proprio potere e richiede anzi trattamenti di favore in virtù dell’unicità che si attribuisce: quando tuttavia questo non si verifica, diventa furioso e sprezzante. È la deriva antropologica che stiamo vivendo e che sta frantumando il concetto di bene comune, di fraternità … di umanità.

‘Il gigante ha i piedi d’argilla’. Non possiamo illuderci di resistere da soli, perché questo sistema travolge tutti! Ci corrode dentro, corrode la società, i tessuti sociali, le comunità, sfalda tutto. Se vogliamo fare resistenza, dobbiamo ritrovare la forza della comunità, dove vi sono rapporti veri di amicizia, di fraternità, di calore umano. L’intuizione cristiana è fondamentale ed è fondante: i volti! Ogni uomo è un volto, dobbiamo ripartire da qui e non dai soldi. Dobbiamo ripartire dall’uomo.

Occorre tenere a mente che la conversione è un appello personale: ogni uomo ha una propria chiamata, una propria vocazione, non possiamo forzatamente dirottare la vita verso strade che non rispondono a quella chiamata. Si tratta però di un appello personale, non individuale, perché ciascuno di noi è necessariamente parte di una struttura.

E se io dico che mi converto, ma non mi rendo conto che devo convertire la struttura e la società che stanno attorno a me, queste mi riporteranno ad essere quel pagano che ero prima. Dobbiamo iniziare a coniugare questo benedetto personale con lo strutturale e con il sociale! Se non lo facciamo tradiamo tutto. È fondamentale. Troppo della nostra esperienza, anche di Chiesa, è intimistica, è schizofrenia religiosa. L’esperienza cristiana ha una dinamica sociale, economica, politica.

“È vocazione del profeta tenere vivo il ministero del Sogno, continuare a proporre futuri alternativi al modello che l’impero vuole imporci come l’unico possibile”. Il Golia imperiale, ne sono profondamente convinto, ha i piedi d’argilla. Per farlo crollare abbiamo bisogno di tornare al punto dal quale siamo partiti: ai volti dei sofferenti, alla capacità di indignarci!

Quello che a noi manca è una santa Collera, una santa Collera! La temerarietà che scaturisce dalla conoscenza di Dio e dell’umanità, la capacità di indignarsi quando la giustizia giace prostrata sulle strade e quando la menzogna furoreggia sulla faccia della terra, una santa collera contro tutto ciò che nel mondo è ingiusto. La collera contro il saccheggio della Terra del Signore e la distruzione del mondo di Dio, la collera perché i bambini devono morire di fame mentre le tavole dei ricchi si piegano sotto il peso delle vivande, la collera per l’indulgenza di tanti verso la Chiesa, che non si avvede di poter vivere solo grazie alla verità e ignora che la nostra paura sarà la morte di tutti noi. Quello che ci è necessario è di perseguire senza sosta quella temerarietà che saprà lanciare la sua sfida e di cercare di cambiare la storia umana finché essa giunga a conformarsi alle norme del Regno. Teniamo presente che i simboli della Chiesa cristiana sono sempre stati il leone, l’agnello, la colomba e il pesce, ma mai il camaleonte! Ricordiamoci anche: la Chiesa è il popolo che Dio si è scelto, ma coloro che sono scelti saranno riconosciuti in base alle loro scelte!” (Kai Munk).

 

La foto sopra è tratta da: “Il sogno di Nabucodonosor” – Sentinelle del Mattino


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