Ascoltiamo il grido dei nostri fratelli. L’appello del Santo Padre per fermare il conflitto in Ucraina risuona forte nell’animo, riportandoci al valore profondo di questo tempo pasquale. La Pasqua, in fondo, è lo stupore della rinascita quando tutto sembrava essere fallito. Proprio come sembra essere fallito il cammino dell’umanità verso un mondo di pace, che oggi vacilla scosso dai bombardamenti. La nostra diocesi sceglie di rispondere all’atrocità della guerra proponendo un passaggio di rinascita dall’individualismo alla cultura comunitaria, attraverso il progetto di accoglienza di comunità coordinato dalla Caritas diocesana.
Il progetto nasce dal desiderio di essere un’esperienza di comunione, come racconta il direttore don Davide Schiavon: “l’accoglienza dei profughi in fuga dal conflitto si costruisce insieme. Ognuno nella comunità è prezioso e il suo apporto è unico”. Questo si traduce in una scelta ben precisa della nostra Chiesa di vivere l’accoglienza come l’opportunità per costruire ponti di fratellanza, che sono poi le fondamenta per costruire una pace concreta.
Un primo ponte verso una cultura di comunità e di pace è stato costruito lunedì 4 aprile, giorno in cui la Conferenza dei Sindaci della Marca trevigiana, l’Ulss 2, il CPIA “Alberto Manzi” di Treviso (Centro provinciale istruzione adulti), l’INPS Direzione Provinciale Treviso, l’Ufficio Scolastico Territoriale di Treviso, la Servitium Emiliani Onlus (braccio operativo di Caritas Tarvisina) e Fondazione Caritas Vittorio Veneto Onlus è hanno sottoscritto un accordo quadro per offrire ai profughi ucraini un’accoglienza dignitosa. L’accordo, che sarà declinato dai singoli territori in base alle proprie peculiarità, è dimostrazione della collaborazione tra diversi soggetti del territorio e permetterà di porre in atto diverse iniziative di inclusione, tra cui l’attivazione di una copertura sanitaria, l’inserimento scolastico per i più piccoli, l’attivazione di corsi di lingua italiana per gli adulti fino al supporto per mediazione linguistica, culturale e psico-sociale.
Il secondo ponte è quello che unisce le molte famiglie e parrocchie che hanno aperto il cuore, e le porte delle proprie case e canoniche, ai profughi in arrivo. Il progetto di accoglienza di comunità propone a famiglie e parrocchie un lavoro di rete, per cui l’accoglienza sia espressione di una scelta della comunità intera e non di un singolo parroco o nucleo familiare. L’idea di fondo è che ciascuno possa mettere a fattore comune la risorsa che è, condividendo tempo, materiali, competenze di cui dispone. Gli operatori della Caritas diocesana sono a servizio delle famiglie e delle parrocchie che scelgono di far parte del progetto, supportando il delicato processo di costruzione della rete. Sono difatti già partiti i primi incontri con famiglie accoglienti, parrocchie, ma anche enti locali e associazioni, nelle 5 macro-aree pastorali in cui è stato suddiviso il territorio diocesano.
L’emergenza dei profughi ucraini ci rimanda alla potenza della comunione come via maestra per costruire una pace duratura, venga questa da un accordo di collaborazione unico nel panorama istituzionale o dalla spontaneità delle comunità che si aprono all’accoglienza. L’augurio che facciamo a noi stessi, come comunità unita, è di cogliere il tempo di Pasqua per superare gli individualismi e le solitudini ed abitare le periferie esistenziali dell’umano nel segno della solidarietà, della responsabilità, della sinodalità. Accogliendo sempre di più, per costruire la pace.