Le celebrazioni per il cinquantesimo di Caritas Tarvisina, hanno permesso di fare memoria del percorso di questa casa Caritas nell’accoglienza dei migranti, concedendo il privilegio di riguardare foto, rileggere documenti e ascoltare racconti. Rispetto a questo percorso sembra significativo ricordare alcune tappe: la nascita di Casa Giavera nel 1990, quando la Caritas di Treviso decise di utilizzare la vecchia canonica di Giavera del Montello, rimessa in funzione da don Giuliano Vallotto, per ospitare migranti; il 2011, momento in cui, con “l’Emergenza Nord Africa”, la Caritas Diocesana ha messo a disposizione gli spazi dell’ex Istituto Emiliani, oggi sede centrale, per ospitare e accompagnare 39 uomini provenienti da vari Stati dell’Africa subsahariana, rimasti sino ai primi mesi del 2013; il 2014 quando sono stati aperti i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), per richiedenti protezione internazionale, in tutta la Diocesi che, con altre realtà (Caritas Vittorio Veneto, Cooperativa Alternativa, la cooperativa “Una casa per l’uomo”, la cooperativa La Esse, Discepole del Vangelo e Domus Nostra) condivideva il sogno di un’accoglienza diffusa in cui, non solo la persona appena arrivata, ma la comunità stessa, potesse diventare protagonista di inclusione e crescita del proprio territorio.
L’accoglienza di persone migranti, in condizioni di povertà economica, è stato per Caritas un momento necessario per interrogarsi su questo mondo e sulle comunità. L’occasione di aprire la porta alle persone, cercando di opporsi all’odio dilagante e alla paura, per aprire la “Tenda” e poter guardare il cielo stellato rappresentativo di incontri pieni di bellezza, senza negare la loro complessità. Durante gli anni di attività dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), sono stati in totale 25 gli operatori e le operatrici dedicate. Dal 2014 al 2019, anno di chiusura delle Case, sono state accolte 955 persone, mentre 84 sono stati gli accolti totali nel progetto Rifugiato a Casa Mia, una “terza accoglienza” in cui parrocchie o famiglie mettevano a disposizione degli spazi e accompagnavano la persona, che usciva da un CAS, in un progetto di accoglienza ancora più radicato nel territorio. Le esperienze di accoglienza promosse in questi anni sono base solida su cui continuare a costruire processi di accoglienza e inclusione.
L’accoglienza ha molte strade: quella promossa da Caritas è, ed è stata, probabilmente non la migliore e sicuramente non quella senza errori, ma sognata e pensata immaginando il “desiderato”, il sogno di un mondo più giusto e ospitale.
Elena Luison
mondialita.caritas@diocesitreviso.it