Carcere - CARITAS TARVISINA

Carcere

UNA CHIESA IN USCITA… CHE ENTRA IN CARCERE

Accostarsi alla realtà degli istituti penitenziari offre l’opportunità di entrare in relazione con chi vive il carcere, con chi ne abita gli spazi quotidianamente e dunque i detenuti, i funzionari, gli agenti di polizia penitenziaria, i volontari ed i cappellani. La complessità di questa rete di relazioni si manifesta soprattutto nel creare legami tra le varie realtà evitando di ragionare a compartimenti stagni con un conseguente spreco di risorse e rischiando di essere poco centrati sull’obiettivo.

Si desidera porre l’accento sull’importanza di quanto sia prezioso il servizio di quanti desiderano farsi prossimi agli uomini e ai giovani che sono ristretti negli istituti penitenziari. Si auspica quindi una Chiesa sempre più in uscita che sa farsi prossima entrando nel dolore delle persone, entrando innanzitutto negli istituti penitenziari e accompagnando quanti, desiderosi di riscatto, vivono nelle nostre comunità.

Al di la degli istituti penitenziari della città di Treviso rimane l’impegno a non perdere di vista quanto è possibile sostenere o attivare per porre dei segni per una giustizia diversa, caratterizzata dall’accoglienza e dalla promozione umana.

 

L’accompagnamento in carcere

L’umanità è disorientata e come gli apostoli dopo la morte di Gesù, dopo che i loro sogni si erano infranti su quella croce di legno, rischia di essere schiacciata dalla paura, dalla sfiducia e dall’individualismo. Le porte del luogo dove si trovavano i discepoli erano chiuse, erano sprangate con delle tavole tenute ben salde da dei chiodi. Questa condizione da “sepolti vivi” è la stessa in cui riversano le persone detenute in carcere se perdono la speranza, se schiacciate dal pregiudizio e vinte dalla paura, dalla sfiducia e dalla rabbia. Ecco che il nostro servizio per le persone detenute impone di non far finta di nulla voltandosi dall’altra parte ma di accogliere l’altro nella sua veerità di uomo lacerato dai chiodi del peccato, ma ancora meritevole della misericordia di Dio.
Per rendere fattiva questa prospettiva, il nostro lavoro si concretizza nella presenza costante all’interno della Cappellania Penitenziaria, per camminare insieme e dar vita ad una pastorale penitenziaria che promuova le persone aiutandole a rialzarsi da una condizione di vita spesso senza prospettive. Tra le iniziative poste in essere, tre sono quelle che in questa occasione desideriamo raccontare.

 

ʺVestiti di dignitàʺ

Molte persone posseggono solo gli abiti indossati al momento dell’arresto e, durante la detenzione, non hanno la possibilità di fare colloqui o di richiederne di nuovi ai familiari. Spesso perché non hanno famiglia o quella che hanno non ne vuole più sapere di loro. Se nessuno porta loro dei vestiti o prodotti per l’igiene personale, rimangono senza.

Ecco allora che la cappellania penitenziaria, in collaborazione con l’amministrazione penitenziaria, si è fatta promotrice di questo progetto che ha previsto l’acquisto di un magazzino prefabbricato per poter stoccare adeguatamente quanto serve per preparare i pacchi per i detenuti (con vestiti e prodotti per l’igiene). L’iniziativa è stata sostenuta economicamente dalla campagna “Natale con Caritas: un dono solidale” promossa da Caritas Tarvisina. La finalità non è solo di risolvere un problema certamente non banale, ma diventa un’azione attraverso la quale una persona può riprendere dignità, avere cura e amore per sé.

Permessi premio

I benefici penitenziari -c.d. permessi premio- non sono un “regalo”, il raggiungimento è l’esito di una faticosa e quotidiana conquista da parte del detenuto. Il percorso compiuto viene valutato dalle figure di riferimento: assistenti sociali, psicologi, educatori, che accompagnano la persona nella elaborazione della condotta delittuosa e delle conseguenze che ha avuto nei confronti delle vittime e di se stesso.

La domanda che provocatoriamente ci si potrebbe fare è: “Perché ci si dovrebbe occupare dei rapporti affettivi o dei rapporti famigliari di un detenuto, di una persona che ha commesso dei reati?”. Secondo noi è un dovere farlo! Non è possibile parlare di reinserimento nella società e nella comunità se questo non avviene con gradualità e se innanzitutto non vi è un reinserimento nella sua famiglia.

In particolare il nostro impegno si è orientato al reperimento di luoghi per consentire ai detenuti della Casa Circondariale di Treviso, che non hanno alcun riferimento domiciliare esterno al carcere, di beneficiare dei Permessi Premio. Questi detenuti si ritiene abbiano maggior bisogno rispetto ad altri, di accompagnamento, di un contesto che permetta loro un nuovo approccio con la realtà esterna, e di fare esperienza di fiducia.

Gioia, gratitudine, ma anche disorientamento, profondo disagio e a volte anche paura, sono questi i sentimenti che condividono nel vivere queste esperienze che consentono loro di riappropriarsi gradualmente della loro vita al di là dei reati commessi.

 

Progetto di Accoglienza “Il Sicomoro”

Del progetto di Accoglienza “Il Sicomoro”, realizzato presso la canonica della parrocchia di Santa Maria Assunta di Varago, abbiamo parlato anche in altre circostanze. In questa occasione ci premeva raccontarne l’opera alla luce del rilancio post-pandemia e della formalizzazione dell’impegno di Caritas a sostegno del progetto. Nel corso dell’anno ci siamo impegnati con il gruppo di volontari coinvolti a focalizzare nuovamente le finalità del servizio e le modalità dell’accoglienza della parrocchia, che gli stessi volontari rappresentano.

«Il progetto nasce come opera-segno della diocesi di Treviso per rispondere ad un bisogno del contesto sociale attuale, sempre più caratterizzato dall’individualismo, dalla competizione e dall’esclusione, ovvero promuovere la logica dell’accoglienza e dell’inclusione nei confronti di persone che hanno vissuto o che stanno vivendo l’esperienza del carcere.

La comunità ecclesiale di Varago vive questa esperienza di accoglienza e di incontro e promuove, nella testimonianza del Vangelo, il sostegno e la vicinanza agli ospiti. La sospensione del giudizio e la disponibilità all’ascolto, sono gli strumenti necessari per entrare in relazione con loro e farli sentire protagonisti del proprio cambiamento.» (tratto dal documento di sintesi del Progetto)

 

(Bilancio Sociale 2022)

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