Basta con le logiche di esclusione - CARITAS TARVISINA

Basta con le logiche di esclusione

In questi giorni abbiamo assistito allo sbarco di migliaia di uomini e donne che hanno attraversato prima il deserto e poi il mare alla ricerca di un futuro, di una speranza. Sono sbarcati ancora una volta sulle nostre coste, sulle nostre isole. È evidente che, se queste persone hanno deciso di partire anche quando il mare non era in buone condizioni, significa che la permanenza in certi contesti di violenza e sofferenza è divenuta impossibile. Stanno scappando dalla loro terra perché non hanno alternative, perché il minimo per la vita non è più garantito. Partono con la morte nel cuore e con la speranza di potersi rialzare, di costruire una vita diversa. Serbano nel cuore il desiderio di poter ritornare un giorno nella loro terra. Ci vengono presentati come profughi, in realtà sono nostri fratelli con i quali siamo chiamati a spezzare il pane della condivisione e del rispetto reciproco. Bussano alla nostra vita e non possiamo tenere sbarrata la porta del nostro cuore. L’accoglienza del fratello non è solo un dovere, ma è parte costitutiva del nostro dna, della nostra verità. Negare l’accoglienza all’altro significa rinnegare la nostra fede e la nostra verità, significa navigare nei bassifondi dell’ambiguità e dei compromessi. L’accoglienza del povero, della persona in difficoltà non può essere una scelta facoltativa, ma è una modalità concreta di vivere la nostra vocazione, il nostro essere chiamati ad essere seminatori di speranza, scie luminose d’amore.

Sabato 22 marzo sono arrivati a Treviso 40 fratelli che pochi giorni prima erano sbarcati a Lampedusa. Sono giovani, sono impauriti e spaventati. Nel cuore della notte, mentre venivano affidati alla nostra custodia, brillava nei loro occhi il desiderio di un po’ di pace, di calore umano, di un abbraccio sincero e consolante. Li abbiamo accolti, ma intorno a noi molti, cittadini ed istituzioni, non li vogliono. Ancora una volta dal nostro territorio, che sovente viene citato come esempio di una riuscita integrazione, si è levato un coro di rifiuti. Si sono avanzate giustificazioni di ogni tipo, accampando la ragione della mancanza di risorse e della contingenza della crisi economica. È iniziato così il valzer dello scaricabarile, ragionando sempre in termini di calcoli economici, mai tenendo in considerazione il valore sacro della persona. Resto profondamente ferito quando sento parlare di questi fratelli come dei centri di costo e mai come delle persone la cui dignità va sempre salvaguardata e amata.

Ho incontrato delle persone spaventate e deboli. Non certo gli usurpatori della nostra terra, del nostro lavoro. È importante che venga posta fine ad uno stile ipocrita che con le labbra professa i valori cristiani, ma con le scelte della vita si arrocca in svariate forme di becero individualismo. Chi scappa e lascia la propria terra, i propri affetti, rischiando di finire morto in mezzo alle gelide acque del mare, non lo fa a cuor leggero. Non è una crociera nel Mediterraneo, non è una vacanza di piacere. Questi fratelli non vengono qui per portarci via il lavoro, non sono una minaccia alla sicurezza. Basta con la chiusura del cuore. Le difficoltà ci sono per tutti, ma si affrontano solo insieme. È vergognoso che un territorio continui ad alzare barricate,  che non si riesca a strutturare un’accoglienza di chi è in difficoltà, attivando una lotta significativa contro la povertà. Un appello molto forte lo rivolgo al mondo politico di questo territorio che è chiamato ad amministrare il bene pubblico con equità e giustizia. Non si può continuare ad usare la tecnica del carciofo. A turno, a seconda dell’emergenza, si scartano le foglie periferiche, mentre il cuore non lo si tocca. Purtroppo questo cuore resta solo a beneficio di pochi, mentre la roulette dell’esclusione tocca prima o poi tutti coloro che affrontano delle difficoltà. Oggi si “scartano” i profughi per difendere i “poveri nostrani”, domani si scarteranno questi ultimi a vantaggio di qualche altro. Oggi tocca al profugo, nessuno ci può assicurare che domani non tocchi a ciascuno di noi. Come ci ricorda papa Francesco, è necessario che troviamo il coraggio di incontrare ed abitare le periferie esistenziali dell’umanità e che lottiamo senza paura contro la logica dello scarto.

Basta con queste logiche di esclusione! Per un mondo più equo e migliore rimbocchiamoci le maniche e impariamo ad assumerci le nostre responsabilità. Accogliere l’altro nella sua dignità significa in concreto valorizzarlo per il dono che è ed imparare a ridistribuire le risorse e restituire tutto quello di cui in maniera indebita ci siamo appropriati. L’accoglienza non è semplicemente un’opera di carità, ma è segno autentico di quella giustizia che anticipa “cieli nuovi e terra nuova” e che ci fa riconoscere parte viva dell’unica famiglia umana dove ci sono sempre cibo e casa per tutti.

Don Davide Schiavon

Direttore Caritas tarvisina


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