Un mondo “sconvolto” - CARITAS TARVISINA

Un mondo “sconvolto”

 

Giovedì 13 agosto 2017, don Davide, direttore della Caritas diocesana di Trevis, ha tenuto una conferenza presso la facoltà di diritto dell’Università Nazionale di Ucayali a Pucallpa in Perù. Ecco alcuni dei passaggi più significativi del suo intervento.

 

Ringrazio dell’invito a questo incontro e cordialmente saluto il rettore dell’Università, il Decano della facoltà di Diritto, il collegio docenti e tutti voi studenti intervenuti così numerosi a questo appuntamento. Più che una lezione cercherò di condividere con voi quella che è la mia piccola e semplice esperienza di cittadino del mondo.

Mi è stato affidato come titolo del mio intervento Un mondo sconvolto. Vorrei partire proprio dall’etimologia della parola “sconvolto”. Dal latino significa non – coinvolto, quindi lasciato da parte, escluso. Ed è proprio la piaga dell’esclusione sociale, la logica dello scarto che alimenta la sofferenza del mondo e che ci pone degli interrogativi molto forti. L’esclusione è segno di ingiustizia, di squilibrio … di morte. I segni di questa esclusione sociale sono presenti in ogni angolo della terra, qui in Perù, come in Africa, come in Europa. Sono squilibri che toccano le relazioni tra gli uomini fino a sconvolgere anche la relazione con il creato. Credo sia importante che ci ricordiamo sempre che l’uomo non può essere compreso, nella sua unicità e bellezza, se non dentro una dinamica relazionale con il cosmo, con l’intero universo. Quando si rompe questo equilibrio non si riconosce più il valore dell’altro e si scivola su un piano funzionale dove “tutto” si usa.

Oggi, molte sono le cause, che sconvolgono il mondo e che continuano ad alimentare sofferenza e dolore. Un fenomeno che certamente ci pone degli interrogativi molto profondi è quello delle migrazioni forzate. Nel 2016 i migranti forzati sono stati in tutto il mondo altre 66 milioni. È un numero continuamente in crescita negli ultimi anni. Perché ? Fondamentalmente perché a causa di guerre, di povertà, di squilibri ambientali la vita è fortemente minacciata, se non resa impossibile, in alcuni angoli della terra. Il diritto alla vita non è garantito ovunque. Purtroppo la vita non è uguale per tutti, non ci sono le stesse opportunità per ogni uomo. Questa ingiustizia crea diseguaglianza ed inequità. Dentro questa situazione di difficoltà a garantire il minimo per la vita, si stanno insinuando in maniera subdola, ma profondamente violenta nuove forme di schiavitù. La vita dell’uomo in determinate situazioni conta nulla e questo è realmente un crimine contro l’umanità.

Le migrazioni forzate che stanno interessando l’Africa sub sahariana ci aiutano a cogliere come dietro ai numeri ci sono delle persone, delle storie … c’è una vita sovente violata e calpestata. Ciò che ho visto con i miei occhi e toccato con le mie mani accogliendo i migranti provenienti dalla Libia è difficile da raccontare. Le piaghe e le cicatrici sui corpi (segno di torture), ma soprattutto le ferite dell’anima dicono chiaramente che non possiamo chiuderci dietro ad un muro di indifferenza. Non possiamo fare finta di niente. Anche se viviamo qui a Pucallpa, quello che succede dall’altra parte del mondo ha a che fare con la nostra vita, è affare che ci riguarda.

È importante allora dentro questo mondo sconvolto dall’ingiustizia, dove a pagare purtroppo sono sempre i più deboli e vulnerabili, che ci impegniamo a lavorare perché a ciascuno sia garantito il diritto a migrare liberamente (cosa che oggi non avviene per tutti). Prima di tutto però è necessario che ad ognuno sia garantito il diritto di rimanere nella propria terra, di custodire la propria memoria e di onorare le proprie radici (e anche questo ad oggi non avviene per tutti). Questi due diritti devono essere garantiti.

Dinanzi al dramma di un mondo sconvolto mi sembra che alcune siano le sfide che siamo chiamati a prendere sul serio per dare un volto nuovo a questa umanità. Eccone alcune:

  1. Dare voce a chi non ce l’ha, a chi è escluso e scartato dalle logiche di potere.
  2. Non lasciarsi fagocitare dall’ansia di trovare risposte, ma maturare la pazienza delle domande giuste.
  3. Passare dall’idea dei progetti di cooperazione e sviluppo ad attivare processi di giustizia ed equità, e nuovi stili di vita.
  4. Passare dai segni del potere al potere dei segni.
  5. Vivere l’ecologia non come moda, ma come visione nuova che sappia custodire, promuovere e valorizzare sempre la vita, ogni forma di vita.
  6. Un mondo migliore è possibile, ma dipende da ciascuno di noi.

 

Concludo, augurando a ciascuno di poter sperimentare la gioia di contribuire con la sua persona e la sua competenza a costruire un mondo “coinvolto” cioè capace di offrire a ciascuno le possibilità di una vita piena, libera e felice. Buon cammino.


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