La voce dei nostri volontari: le scarpe bucate - CARITAS TREVISO

La voce dei nostri volontari: le scarpe bucate

«Sono un volontario Caritas che fa servizio in mensa e vorrei condividere uno di quei momenti speciali che la vita offre…

Sono con un gruppo di ospiti di varie nazionalità, la serata è piovosa e fredda come è stata tutta la giornata e loro sono in attesa di entrare per cenare. Un amico ospite che conosciamo da tempo e che parla un po’ italiano, mi chiede di seguirlo perché un altro ospite pakistano ha bisogno di aiuto.

Io non lo ascolto subito con attenzione e proseguo con i miei servizi, con il mio fare… ogni sera c’è qualcuno che chiede qualcosa, ma abbiamo sempre tante cose a cui fare attenzione per far funzionare bene i servizi che talvolta purtroppo rimandiamo a un dopo impreciso l’ascolto di questi ospiti.

Poco dopo mi chiede nuovamente di seguirlo e questa volta lo accontento… mi avvicino alla panchina dove erano seduti diversi ospiti; un giovane pakistano che non parla italiano mi chiede dei calzini puliti perché dice di avere i piedi freddi e bagnati; fatico a capire esattamente quello che mi dice, ma grazie all’aiuto di altri ospiti lì intorno comprendo qual è il problema e quindi quale la richiesta.

Mi avvicino a lui e guardo meglio… vedo che sopra le scarpe aveva messo i calzini e di primo impatto mi sembra davvero strana la cosa. Cerco di capire meglio e gli chiedo come mai mette i calzini sopra le scarpe già pronto a sottolineargli che per forza i calzini così si rovinano… lui lentamente si toglie i calzini e mi mostra le sue scarpe lacerate e senza suole, tutto il fondo era un gran buco.

Capisco immediatamente che ha camminato per tutto il giorno in questa situazione, praticamente senza scarpe, con i piedi a contatto con il terreno, con la pioggia e il freddo.      

Lo guardo e non ho parole, lui abbassa lo sguardo e ritrae i piedi.

Gli chiedo di attendere e verifico se nel nostro piccolo magazzino di emergenza ci siano delle scarpe con il suo numero, ma trovo solo dei calzini. Rattristato per non avere una soluzione, ritorno da lui e cerco di spiegargli che ho solo dei calzini… lui con tranquillità mi dice che nel frattempo il ragazzo seduto vicino a lui si è offerto di dargli le sue scarpe.

Tutto il gruppo di ospiti che si erano avvicinati a vedere cosa stava succedendo mi confermano che la soluzione è stata trovata e cercano di tranquillizzarmi vedendomi dispiaciuto per non aver trovato le scarpe.

Rimango stupito e grato di fronte a questo gesto di fratellanza tra persone che condividono la stessa condizione di povertà e fragilità. Mi ha disarmato la semplicità e la normalità di questo gesto di generosità fatto nella più totale serenità, quasi una ovvietà l’aiuto reciproco…

Ricordo che nel baule dell’auto ho un paio di scarpe da montagna che uso di tanto in tanto, le prendo e le do al ragazzo che mi guarda e mi ringrazia con gli occhi con grande dignità.

Vedo tutti gli ospiti felici per aver vissuto insieme questo momento di semplice condivisione e gratuità.

Dopo una settimana, in una serata di servizio in mensa, ritrovo l’amico con indossa le scarpe, ci siamo guardati e con gli occhi ci siamo ringraziati reciprocamente».

 

 don Stefano Moino


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