Non di solo pane vive l'uomo - CARITAS TREVISO

Non di solo pane vive l’uomo

È necessario un cambio di passo in tutte le scelte che facciamo. L’uomo non può vivere di solo pane (benessere economico), ma ha bisogno di vivere nella verità e nella libertà, di avere la possibilità di una vita dignitosa. Tutto ciò dipende dalle scelte quotidiane. Solo così potremo essere il cambiamento che desideriamo

 

La Costituzione Italiana ci ricorda all’art. 1 che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” e all’art. 4 che La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Ma è proprio cosi oggi?

Purtroppo stanno emergendo in questo tempo delle ferite laceranti, di cui tanti avevano percezione, ma che nessuno voleva guardare in profondità. La verità a volte è dolorosa da affrontare, ma se si desidera vivere e non accontentarsi di sopravvivere è necessario affrontarla con responsabilità. Le continue morti sul lavoro, l’impiego in nero, lo sfruttamento dei lavoratori, lo scempio dell’ambiente, l’idolatria del profitto, l’evasione fiscale sono piaghe che segnano la nostra società opulenta e strutturata sulla forza del potere. È necessario che ritroviamo la forza del Noi, perché la dignità dell’uomo sia sempre onorata e rispettata, perché la nostra casa comune non sia ridotta ad una discarica o ad una landa desolata, perché nessuno venga lasciato indietro, perché le logiche spietate del profitto non diventino il veleno che continuiamo a respirare senza che muoviamo dito. È giunto il momento di spezzare queste catene e di abbattere il muro dell’indifferenza e le logiche dello scarto conseguenti.

Sono molto preziose ed illuminanti le riflessioni che Papa Francesco ci ha donato nel suo intervento del 28 maggio 2017, agli operai dell’Ilva di Cornigliano, quartiere di Genova.  Il mondo del lavoro è una priorità umana. E pertanto, è una priorità cristiana, una priorità nostra, e anche una priorità del Papa. Perché viene da quel primo comando che Dio ha dato ad Adamo: “Va’, fa crescere la terra, lavora la terra, dominala”. C’è sempre stata un’amicizia tra la Chiesa e il lavoro, a partire da Gesù lavoratore. Dove c’è un lavoratore, lì c’è l’interesse e lo sguardo d’amore del Signore e della Chiesa. Penso che questo sia chiaro. Parliamo delle virtù dell’imprenditore. La creatività, l’amore per la propria impresa, la passione e l’orgoglio per l’opera delle mani e dell’intelligenza sua e dei lavoratori. L’imprenditore è una figura fondamentale di ogni buona economia: non c’è buona economia senza buon imprenditore. Non c’è buona economia senza buoni imprenditori. È importante riconoscere le virtù dei lavoratori e delle lavoratrici. Il loro bisogno – dei lavoratori e delle lavoratrici – è il bisogno di fare il lavoro bene perché il lavoro va fatto bene. A volte si pensa che un lavoratore lavori bene solo perché è pagato: questa è una grave disistima dei lavoratori e del lavoro, perché nega la dignità del lavoro, che inizia proprio nel lavorare bene per dignità, per onore. Il vero imprenditore conosce i suoi lavoratori, perché lavora accanto a loro, lavora con loro. Non dimentichiamo che l’imprenditore dev’essere prima di tutto un lavoratore. Se lui non ha questa esperienza della dignità del lavoro, non sarà un buon imprenditore. Condivide le fatiche dei lavoratori e condivide le gioie del lavoro, di risolvere insieme problemi, di creare qualcosa insieme. Se e quando deve licenziare qualcuno è sempre una scelta dolorosa e non lo farebbe, se potesse. Nessun buon imprenditore ama licenziare la sua gente – chi pensa di risolvere il problema della sua impresa licenziando la gente, non è un buon imprenditore, è un commerciante, oggi vende la sua gente, domani vende la propria dignità –, ci soffre sempre, e qualche volta da questa sofferenza nascono nuove idee per evitare il licenziamento. Questo è il buon imprenditore. Una malattia dell’economia è la progressiva trasformazione degli imprenditori in speculatori. L’imprenditore non va assolutamente confuso con lo speculatore: sono due tipi diversi. L’imprenditore non deve confondersi con lo speculatore: lo speculatore è una figura simile a quella che Gesù nel Vangelo chiama “mercenario”, per contrapporlo al Buon Pastore. Lo speculatore non ama la sua azienda, non ama i lavoratori, ma vede azienda e lavoratori solo come mezzi per fare profitto. Usa, usa azienda e lavoratori per fare profitto. Licenziare, chiudere, spostare l’azienda non gli crea alcun problema, perché lo speculatore usa, strumentalizza, “mangia” persone e mezzi per i suoi obiettivi di profitto. Quando l’economia è abitata invece da buoni imprenditori, le imprese sono amiche della gente e anche dei poveri. Quando passa nelle mani degli speculatori, tutto si rovina. Con lo speculatore, l’economia perde volto e perde i volti. È un’economia senza volti. Un’economia astratta. Dietro le decisioni dello speculatore non ci sono persone e quindi non si vedono le persone da licenziare e da tagliare. Quando l’economia perde contatto con i volti delle persone concrete, essa stessa diventa un’economia senza volto e quindi un’economia spietata. Bisogna temere gli speculatori, non gli imprenditori; no, non temere gli imprenditori perché ce ne sono tanti bravi! No. Temere gli speculatori.

È necessario un cambio di passo in tutte le scelte che facciamo. Siamo chiamati a riorientare i nostri stili di vita affinché ciascuno possa adempiere i propri doveri ed essere tutelato nei propri diritti. L’uomo non può vivere di solo pane (benessere economico), ma ha bisogno di vivere nella verità e nella libertà, di avere la possibilità di una vita dignitosa. Tutto ciò dipende dalle scelte quotidiane. Solo così potremo essere il cambiamento che desideriamo.

 17 agosto 2021

 


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