Una giornata in ricordo a don Davide - CARITAS TREVISO

Una giornata in ricordo a don Davide

Venerdì 31 ottobre, una giornata trascorsa nel ricordo di don Davide Schiavon, il direttore della nostra Caritas diocesana mancato improvvisamente il 1° novembre di due anni fa. Giornata iniziata nel primo pomeriggio con la visita alla tomba, nella cappellina del cimitero di San Donà di Piave, e un momento di preghiera degli operatori e operatrici assieme alla sua famiglia.
Alla sera, invece, una messa nella parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice. La famiglia di don Davide, operatori e volontari Caritas, tanti amici e persone che l’hanno conosciuto e hanno condiviso con lui un pezzetto di strada si sono riuniti insieme al vescovo Michele e a diversi confratelli di don Davide. Ad animare la messa il coro della Comunità Regina Mundi a cui don Davide era molto legato.

Omelia del Vescovo Michele – 31/10/2025

Vorrei riuscire a vedere, a contemplare il cielo di Dio, con voi, questa sera. Vorrei che riuscissimo insieme a entrare nella visione grandiosa che ci ha donato l’Apocalisse nella prima lettura. Vorrei sentire quella voce che grida “Non devastate la terra né il mare né le piante”. Non permettete di devastare il mondo e le persone, il creato e nessuna creatura. Non permettete che vincano l’arroganza del potere, la violenza della sopraffazione, i profeti della paura. Vorrei sentire il grido degli angeli che hanno annunciato la risurrezione di Cristo, vorrei contemplare, anche da lontano, la moltitudine di coloro che stanno attorno al Trono dell’Agnello, e con lui cantano l’inno dei salvati, dei giusti, dei viventi.

Vorrei godere della bellezza che intenerisce il cuore, sveglia la mente, rinvigorisce il passo stanco, bellezza di coloro che sperimentano direttamente la verità e l’eternità della lode al Signore Dio: “Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen”.

E vorrei tanto poter scorgere tra i volti dei salvati, di quella “moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” anche il volto di don Davide. Vorrei che lo potesse vedere e contemplare la sua cara mamma Gina, e il fratello Denis, e i parenti tutti. Vorrei che potessero scorgerlo e riconoscerlo tra i tanti gli amici e le amiche, in Caritas e fuori, i suoi confratelli preti, i tanti compagni e le compagne di viaggio, tutti coloro che lo hanno conosciuto, nelle cui vite egli ha lasciato una traccia di luce, che gli hanno voluto e gli vogliono ancora bene.

La fede nel Risorto ci permette di non essere lontani da quel canto di lode, ci permette di entrare in quella contemplazione così commovente e consolante. Questa Eucaristia può diventare il luogo di questa contemplazione, di questa comunione. Questo è il tempo e lo spazio in cui cielo e terra si toccano, si incontrano, si ammantano di speranza e di promessa. Promessa affidabile perché saggiata dalla tribolazione e custodita dai santi e dai martiri, da coloro che “hanno lavato le vesti nel sangue dell’Agnello”, nel dono pieno di sé sulla via della Croce.

Certo di questa possibilità di incontro – nella fede e nella speranza che non delude – riascolto come dalla sua viva voce e condivido con voi, le parole che don Davide aveva scritto come introduzione al bilancio sociale 2023 della Caritas che doveva essere pubblicato, e che gli amici e le amiche dalla Caritas hanno deciso, con saggia e felice scelta, di porre ad introduzione del fascicolo, uscito dopo la sua morte:

Le continue emergenze, come vento impetuoso, ci hanno sospinto verso la deriva del fare. Il ruolo pedagogico ed animativo della comunità è scivolato in secondo piano. È proprio qui che avvertiamo l’importanza di ritrovare l’ampio respiro di sognare e lottare per un mondo migliore, per la giustizia, per la pace. Sentiamo forte l’appello a tenere vivo il fuoco che ci arde nel petto e che ci spinge a desiderare il bene di ogni persona, a valorizzare la ricchezza e l’unicità che contrassegna la vita e la storia di ciascuno. È necessario rompere le catene delle paure, che ci impediscono di «osare». L’amore è andare oltre, è vedere quello che è invisibile agli occhi e che si può cogliere solo se il nostro cuore è in sintonia con quello di Dio. Un cambiamento è possibile, ma dipende da ciascuno e dalla capacità di essere un NOI” (Don Davide Schiavon, Mosaico di vita. Bilancio sociale Caritas Tarvisina, Introduzione, 3).

Sì, possiamo cogliere davvero le promesse dell’amore, la consolazione che ne viene come anche il compito che ci viene assegnato, solamente se “il nostro cuore è in sintonia con quello di Dio”.

Questa promessa è rinsaldata oggi dalle parole che di recente papa Leone ci ha regalato nell’esortazione apostolica Dilexi te, sull’amore verso i poveri, e che don Davide avrebbe sicuramente letto e gustato con commozione e affidamento, e in cui avrebbe potuto riconoscere la propria esperienza, la propria fede:

L’amore cristiano supera ogni barriera, avvicina i lontani, accomuna gli estranei, rende familiari i nemici, valica abissi umanamente insuperabili, entra nelle pieghe più nascoste della società. Per sua natura, l’amore cristiano è profetico, compie miracoli, non ha limiti: è per l’impossibile. L’amore è soprattutto un modo di concepire la vita, un modo di viverla. Ebbene, una Chiesa che non mette limiti all’amore, che non conosce nemici da combattere, ma solo uomini e donne da amare, è la Chiesa di cui oggi il mondo ha bisogno (Leone XIV, Dilexi te, 120)”.

Lasciamoci affidare questo compito di comunione fra noi, di fiducia in Dio prima di ogni scelta e di ogni azione. Questa Chiesa è il «noi» cui don Davide ci invitava.

E lasciamo risuonare anche a nutrimento della nostra speranza le parole dell’Apocalisse che la liturgia oggi non ci ha consegnato, ma che concludono la contemplazione dei beati attorno al Trono dell’Agnello, del Cristo Crocifisso e Risorto, mite re di pace:

Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.  

Non avranno più fame né avranno più sete,

non li colpirà il sole né arsura alcuna,

perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono,

sarà il loro pastore

e li guiderà alle fonti delle acque della vita.

E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi“.


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