La Siria, un popolo resiliente che trova la speranza nella comunità.
Davide è rientrato in Siria lo scorso fine settimana e purtroppo ha trovato una situzione complicata “giovedì e venerdì ci sono stati episodi molto violenti nella costa e tanti morti. Adesso la situazione è migliorata e il governo ha nominato una commissione di inchiesta per verificare e punire i responsabili delle uccisioni di civili. Un po’ di speranza viene anche dall’accordo raggiunto lunedì tra il governo e le forze curde del nord-est. Speriamo che non si ripetano episodi di violenza settaria”.
Approffitando della sua presenza in Italia per alcune settimane, fino al 9 di marzo, il giornalista Bruno Desidera aveva intervistato Davide.
Com’è la situazione nel Paese dopo la caduta del regime di Assad, a inizio dicembre?
La definirei una situazione interessante, anche se ancora non chiara. Proprio in questi giorni, si tiene una conferenza nazionale, che ha l’obiettivo di riunire vari attori della società siriana per fissare alcuni punti condivisi, per esempio sulla nuova Costituzione, o sull’economia, per dare al Paese un assetto stabile. Si percepisce un clima di speranza, anche se non c’è tantissima chiarezza sui partecipanti, e sono sul tappeto diversi nodi, dalla presenza dei kurdi, a quella delle forze israeliane a sud. A questa conferenza sono presenti soprattutto realtà dalla società civile, non partiti organizzati, poiché non si vuole rischiare di coinvolgere qualcuno che abbia avuto legami con il regime di Assad. Ci sono anche rappresentanti delle religioni, ma, appunto, c’è incertezza su chi gestirà questo processo.
Tra gli osservatori c’è incertezza sulle reali intenzioni del gruppo islamista, guidato da al-Jolani, che ha preso il potere. Il timore è che si affermi un islam radicale, anche se in queste prime settimane ha prevalso una visione più tollerante.
Questa è la domanda che si pongono tutti, siamo in fase di attesa, ed è impossibile rispondere. Si può dire che, in queste prime settimane, nulla ha rafforzato la tesi più allarmistica. Il presidente al-Jolani ha, finora, parlato in modo forte e chiaro.
Come vengono vissuti in Siria i momenti di tregua a Gaza e in Libano?
Devo dire che la situazione della Siria, dopo tanti anni di guerra, è così complessa e drammatica, che non c’è modo di guardarsi attorno.
Come la Caritas collaborerà al processo di ricostruzione del Paese?
C’è un lavoro normale che sta riprendendo, e già questo è molto importante. Cito, inoltre, due nuovi promettenti progetti. Caritas Siria ha chiesto a Caritas italiana di accompagnarla per affrontare un piano strategico di cinque anni. Si tratta di una sfida interessante, perché non saremo chiamati soltanto a gestire le emergenze, ma anche la parte educativa e pastorale, ad accompagnare il cammino delle comunità. Un secondo progetto riguarda l’educazione alla pace e alla riconciliazione, al centro giovani di Damasco, rivolto alle nuove generazioni. Collegato a questo progetto, segnalo che Caritas italiana ha vinto un bando del ministero degli Esteri italiano, per un progetto, intitolato “Peacement”, che ha come destinatari 16 Paesi del Mediterraneo, compresa la Siria, per educare alla pace, al dialogo, alla riconciliazione. Per ogni Paese, verranno coinvolti un operatore Caritas e un giovane. Si inizierà, prossimamente, con un incontro in presenza, a Cipro. Si tratta di un’iniziativa molto importante, che va nella direzione dei ripetuti inviti rivolti da papa Francesco sul Mediterraneo.
Foto: Credits Caritas Syria (Facebook)
Bruno Desidera, per La Vita del Popolo (27/02/2025)