IL BENE CHE GENERA BENE - CARITAS TARVISINA

IL BENE CHE GENERA BENE

Un volontario della casa di accoglienza profughi di Olmi di San Biagio di Callalta ci racconta un’esperienza tanto semplice quanto bella.

A Olmi c’è una casa di prima accoglienza per migranti, 25 ragazzi accolti in un condominio in mezzo ad altre case abitate da gente del paese che osservano, si interrogano, talvolta polemizzano e esprimono le loro paure. Attorno al condominio c’è parecchio verde, quindi per occupare i ragazzi che ne hanno voglia il volontario ha pensato di fare insieme a loro un piccolo orto; un orto che serve per occupare il tempo, per imparare qualcosa, e per produrre verdure che poi ovviamente possano essere mangiate dai ragazzi stessi.

Certo lavorare insieme non è facile, la voglia di fare non sempre c’è, il desiderio di imparare non è ovvio e il tempo può essere occupato in mille altri modi anche meno faticosi. Ma poi è vivo, in qualche ragazzo, il desiderio di sentirsi utile e di imparare qualcosa e, in qualche volontario, il bisogno di dare un senso alle ore di volontariato che dedica ai ragazzi e alla casa, di misurarsi nella pazienza e nello stare insieme per concretizzare il nostro motto caritas che non si è per chi ha bisogno, ma con chi ha bisogno. Insomma alla fine al di là di tutto, quello che conta è la relazione che si crea tra i ragazzi e i volontari, certo anche facendo concretamente qualcosa.

Beh, l’orto è stato fatto, al meglio delle possibilità di tutti, e ha prodotto … ha prodotto sopratutto relazione e condivisione. Le 5 cassette di patate raccolte sono state portate in parrocchia e usate per il pranzo dei ragazzi del Grest, due ragazzi ospiti della casa si sono resi disponibili per aiutare i cuochi nella preparazione dei pasti … potremmo dire che si è venuto a creare un circolo virtuoso che ha fatto bene a tanti, con naturalezza, senza grandi proclami e nell’ovvietà delle cose.

Il volontario certo ha dedicato tempo e pazienza, probabilmente mettendo in discussione i propri schemi mentali, accettando gli errori, i tempi lunghi, le incomprensioni che sempre si vivono, distanze che non sono muri bensì possibilità. Anche i ragazzi certo avranno portato pazienza, per la lingua che non è la loro, per ciò che non hanno capito, per il senso delle cose che probabilmente non colgono, forse anche per dover fare cose che non vorrebbero. Anche i vicini hanno visto l’impegno e la buona volontà dei ragazzi, si sono meravigliati delle loro capacità e hanno forse compreso quanto sia inutile stare a guardare e criticare, meglio sarebbe esserci e agire concretamente.

E l’effetto di tutto questo è stato buono per molti: aver vissuto relazioni semplici ma sincere, aver prodotto qualcosa di utile, aver donato il frutto di quanto fatto, essersi presi degli impegni e averli portati a termine, probabilmente anche aver superato la logica del risultato a favore del camminare insieme … certamente l’obiettivo primario non era la produzione di ortaggi, ma il tempo passato insieme.

Il valore che si aggiunge è stato poi l’utilizzo di quanto prodotto … le patate potevano mangiarsele i ragazzi, potevano anche marcire nell’orto, invece sono state donate ad altri nella semplicità della condivisione di un bene fatto bene.

Ecco, per Caritas la generatività del bene è questo, quando ciò che si fa e si vive è bene anche per altri, quando ciò che si fa non rimane in sé ma viene offerto e chissà che porti altri a fare altrettanto, quando il bene è nella quotidianità delle piccole cose di ogni giorno, di gesti semplici ma che fanno star bene chi li fa e chi ne gode.


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