Bilanci di pace: il volto accogliente di Treviso - CARITAS TREVISO

Bilanci di pace: il volto accogliente di Treviso

Si è conclusa martedì sera, con la proiezione del film “Io sto con la sposa”, l’iniziativa Bilanci di Pace proposta dagli uffici diocesani che pastoralmente hanno in comune l’area della prossimità.

Il film narra del viaggio di un gruppo di profughi palestinesi e Siriani che, accompagnati da un giornalista italiano e un poeta palestinese, cercano di raggiungere la Svezia in cerca di asilo politico, simulando un corteo nuziale.  Durante il film, tutto in presa diretta, i protagonisti hanno l’occasione di raccontare degli episodi significativi della loro vita e della fuga dal loro paese che danno la dimensione della drammaticità della situazione dalla quale scappano.

“É interessante notare come”- ha sottolineato Don bruno Baratto – direttore ufficio Migrantes, durante il dibattito al termine del film – “all’inizio della storia non riusciamo a distinguere i profughi e chi siano i loro accompagnatori, mentre alla conclusione, non solo sappiamo le storie dietro i volti, ma soffriamo con i protagonisti che vengono respinti e gioiamo con quelli che ottengono l’asilo”. Questa riflessione sta a significare come troppe volte il problema più grave dietro l’accoglienza dei profughi , anche nel nostro territorio,  sia proprio l’ignoranza,  intesa come mancanza di conoscenza delle storie, delle vite, delle sofferenze. “É necessario partire dal nostro vicinato” – continua don Bruno – “uscendo dalle nostre case per conoscere chi vive nei nostri quartieri, chi va a scuola con i nostri figli, o accudisce i nostri malati.”

È importante sempre più aprire gli occhi e metterci in ascolto, in ascolto di un mondo che è cambiato e che ci chiede di cambiare, di registrare su nuovi timbri la melodia della convivenza umana. Abbiamo  sempre vissuto riconoscendo le differenze come opposti che si contrappongono (bianco e nero, nord e sud, poveri e ricchi, uomo e donna, ecc..), ora è necessario fare un passo nuovo che è quello di valorizzare la differenza come elemento che arricchisce la mia persona, come dono. È partendo da qui, superando letture superficiali e tendenziose, che sarà possibile vivere l’accoglienza dell’altro, la scoperta della sua unicità non come un capitolo di spesa di una emergenza, ma come un asse portante di una nuova umanità.

Nel 2014 quasi 1.000 profughi sono approdati nella nostra Provincia di Treviso e grazie allo sforzo di pochi hanno trovato tutti accoglienza, chi per pochi giorni, chi per un tempo più prolungato. Chi ha avuto il dono di incontrarli ha potuto toccare con mano la singolarità e la preziosità di storie, a volte drammatiche, ma intrise di una grande voglia di vivere ed amare. Ora le risorse di quei pochi si stanno esaurendo, mentre tanti non trovano il coraggio di abitare questa nuova realtà e si rifugiano dietro ai discorsi accattivanti di chi cerca di trasformare il dramma umano in tornaconto personale. Nei prossimi mesi arriveranno altri migranti, ma probabilmente non troveranno accoglienza. A Treviso ci sono così tante abitazioni ed edifici non abitati, che si potrebbe risolvere sia il problema dei senza dimora, quanto delle famiglie con sfratto, quanto dei profughi. Il Figlio di Dio quando si è fatto uomo si è sentito dire che “non c’era posto per loro nell’albergo”. Sono passati più di 2000 anni e nel suo essere presente nella carne dei poveri, Dio continua ad essere respinto. Tutte le nostre liturgie e preghiere rischiano di essere sterili e vuote se non sgorgano in frutti di carità rispondenti al tempo che viviamo.

Di fronte alla dilagante ignoranza gridata da molti politici per ottenere consenso sfruttando la sofferenza di chi “scappa da morte certa rischiando di morire” è necessario reagire con la conoscenza intesa sia come relazione, sia come verità dell’informazione.IMG-20150128-WA0004


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