Dalla conferenza internazionale online “Covid19 e Immigrazione – aggiornamenti dal mondo” - CARITAS TARVISINA

Dalla conferenza internazionale online “Covid19 e Immigrazione – aggiornamenti dal mondo”

Dalla conferenza internazionale online  Covid19 e Immigrazione – aggiornamenti dal mondo

di Elena Luison e Erika Della Bella

170 persone si sono collegate da diversi angoli del mondo per provare a fare un focus su questo terribile virus e per ricordare che sta colpendo l’Europa ma che probabilmente arriverà con molta violenza a colpire anche l’Africa e il Medio-Oriente.

Dopo una breve introduzione da parte di Caritas Italiana, si sono susseguiti numerosi interventi.

Il primo di don Dante Carraro, direttore dell’ONG Medici con l’Africa CUAMM di Padova.

Il Cuamm è attualmente presente in 7 paesi con 23 ospedali, rispettivamente in Sud Sudan, Etiopia, Sierra Leone, Uganda, Mozambico, Tanzania e Angola.

Don Dante ha espresso la sua grande preoccupazione sull’evoluzione della situazione, nelle ultime tre settimane il trend è del 10-15% di nuovi casi al giorno. Questa crescita spaventa e gli scenari futuri sono allarmanti in paesi con scarsissima capacità diagnostica (non ci sono i laboratori per valutare gli eventuali tamponi) e limitate capacità terapeutiche (nelle capitali al massimo ci sono 3 posti letto in terapia intensiva).

Il Cuamm sta lavorando su due versanti, in collaborazione con le autorità locali dove possibile:

  • Mettere in sicurezza gli ospedali e proteggere il personale, attraverso mascherine, guanti, clorina per sanificare l’acqua, camici monouso
  • Creare le “Isolation Unit”, ovvero degli spazi adiacenti agli ospedali, dove indirizzare e trattare i soggetti sospetti Covid-19.

Garantire i servizi sanitari minimi è già difficile nella quotidianità di questi contesti solitamente privi di accesso all’acqua e con presidi sanitari, a volte, fatiscenti. Pertanto, quando entra un’epidemia in un contesto così fragile, si temono danni irreparabili. Lo scenario diventa maggiormente catastrofico se si pensa che il virus possa entrare nei campi profughi: in Etiopia, nella regione di Gambella, è attivo un campo profughi che accoglie oltre 500.000 persone (per approfondimenti: https://www.mediciconlafrica.org/).

È seguito l’intervento di Alessandra Morelli, capo missione in Niger per l’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati):

Covid-19 atterra in un Sahel in fiamme, dentro una guerra al terrorismo che non vuole arrivare ad un cessate il fuoco. Siamo nel cuore del triangolo del dolore: Niger, Burkina Faso, Mali, dove ogni giorno, da anni, si combattono guerre dimenticate ai più. Da una settimana c’è una preoccupazione seria. L’Africa si troverà a vivere la tempesta perfetta: Covid-19 atterra su malaria, Hiv, lebbra, tubercolosi e andrà a scuotere i fragili sistemi governativi. E l’interrogativo che si pone è: chi proteggerà la popolazione?”

L’Unhcr si è dato tre priorità:

  • Fare pressione affinché i rifugiati siano inclusi nelle politiche di sostegno alla popolazione e diffondere tra le persone campagne sul tema dell’igiene
  • Creare le “isolation unit” a supporto degli ospedali
  • Monitorare la crisi economica, innescata dall’emergenza Covid-19, che potrebbe avere importanti ricadute politiche.

Marzia Vigliaroni, capo sanitario della stessa missione in Niger ha ricordato alcuni dati: In Niger l’Unhcr sostiene 57.000 maliani, 120.000 nigeriani, 200.000 sfollati interni a causa del terrorismo per un totale di oltre 400.000 persone. E ancora si occupa delle persone evacuate dalla Libia. Dal 2017 infatti il Niger accoglie le persone che, anziché imbarcarsi per l’Italia, vengono evacuate in Niger, dove grazie a degli accordi, possono ripartire per l’Europa attraverso vie legali e sicure.

Il terzo intervento è stato quello di Wael Suleiman, Direttore di Caritas Giordania, il quale ha spiegato che in Giordania ci si aspetta il peggio, ma il paese si sta preparando ad arginare il Covid-19: da ormai 15 giorni è in vigore il lockdown e i casi attualmente registrati sono 300. Importante ricordare che la Giordania ospita oltre 750mila profughi tra siriani e iracheni fuggiti dalla guerra e dalla violenza. Caritas è in prima linea per sostenere sia i profughi che le persone più bisognose. Ha già predisposto, in collaborazione con governo e Unhcr, 12 centri sanitari di emergenza e attivato un servizio di consegna a domicilio di farmaci.

Rispetto alla situazione siriana, Wael ha affermato che “la situazione è drammatica. Il Paese convive da 9 anni con la guerra, ha una struttura sanitaria debole e non è preparato ad affrontare l’arrivo del virus. C’è molta paura. L’appello è sempre il medesimo: chiediamo alla comunità internazionale che non li lasci soli. Non dimentichiamoci della Siria”.

L’Europa è attualmente il continente più colpito dal Coronavirus e ci sono stati interventi dal Portogallo, dalla Germania e infine dall’Italia.

Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio Immigrazione di Caritas Italiana e  Luciano Gualzetti, Direttore di Caritas Ambrosiana e Delegato Regionale di Caritas Lombardia, hanno riportato come la Caritas, da sempre in prima linea per tutelare i più fragili, anche ai tempi del Coronavirus è stata chiamata a re-inventare le proprie attività e i propri servizi.

Lo slogan “Io resto a casa” non tiene conto che migliaia di persone in Italia la casa non ce l’hanno, e c’è anche chi non può farsi la doccia o lavarsi accuratamente le mani.

Caritas è stata ed è chiamata a ripensare il modo di accompagnare i poveri, evitando forme di assistenzialismo. Gli interventi e gli aiuti di Caritas sono maggiormente concentrati su:

  • sostegno alimentare, in quanto la richiesta di aiuti è aumentata quasi del 50%;
  • ricoveri notturni per persone senza dimora, ampliando l’apertura anche durante il giorno dove possibile;
  • garantire operatività dei centri di ascolto e distribuzione, attraverso colloqui telefonici e appuntamenti scaglionati;
  • carceri, fornendo ospitalità per l’uscita dei detenuti in pena alternativa, così da alleggerire le strutture penitenziarie;
  • emergenza economico-sociale, attraverso l’avvio o riattivazione di fondi di sostegno.

Anche in Portogallo la situazione è critica. Filipa Abecas di Caritas Portogallo, ha raccontato che al 01 aprile i casi accertati di Covid-19 erano 8251, ma quelli sospetti  59 mila (gli accertamenti, infatti, vengono fatti solo a coloro che presentano sintomi). Il governo, con l’aumento dei casi, ha intensificato le misure di contenimento e dal 18 marzo ha dichiarato lo stato d’emergenza nazionale. Importante segnalare come il governo Portoghese abbia deciso di aprire la possibilità, dal 05/03 al 01/07, agli immigrati che avevano già pratiche avviate di richiedere la regolarizzazione e il rilascio del permesso di soggiorno, in modo da garantirgli l’accesso al sistema sanitario e ai servizi pubblici.

Tutti gli interventi sono stati preziosi nel ricordarci, come ha detto Papa Francesco nella sua omelia del 27 marzo, che “ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme. Nessuno si salva da solo.”


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