Voci di bambini e ragazzi ucraini dai campi estivi in Lombardia
di Federica Baron Cardin
Un cappellino con la visiera sulla testa. Due occhi scuri color nocciola che scrutano il mondo. Un sorriso gentile, ma birichino. Alla domanda: «Che cosa sogni di fare da grande?», Yarik, un bambino ucraino di 6 anni, mi risponde: «Army. Esercito. Voglio difendere il mio Paese». Gli occhi della sua mamma lì presente lo osservano con tenerezza e amore.
Yarik è uno dei cinquecento tra bambini e ragazzi che sono arrivati dall’Ucraina in Italia, cento di loro in Lombardia, più precisamente a Sondrio e a Ponte in Valtellina. Accolti dalla Caritas diocesana di Como e accompagnati da qualche mamma, i cento giovani hanno trascorso due settimane in cui hanno potuto ricordare quale sapore avesse la vita in un Paese dove non c’è la guerra. In un Paese dove quando vai a scuola ti insegnano la geografia, la matematica, la musica e non a distinguere i vari tipi di ordigni che puoi trovare per strada.
A Sondrio i bimbi possono giocare liberamente, senza temere il suono di qualche sirena. Quel suono stridente che precede l’arrivo delle esplosioni. Quando nell’aria sentono il rumore di un aereo sospendono i loro giochi e guardano con preoccupazione il cielo. Forse pensano alla loro terra, dove lo stesso rumore semina morte e distruzione. I pensieri corrono subito verso chi è rimasto a casa: verso i papà al fronte, verso gli amici più grandi che hanno imbracciato le armi per difendere il Paese. Ludmilla, guardando il cielo, si commuove. Pensa all’adorato marito scomparso più di un anno fa. Nessuno ne ha più avuto notizie, ma lei sogna ogni giorno il suo ritorno. Il suo bambino ha bisogno del papà.
Quanti pensieri e quante emozioni si agitano in quei cuori. Negli occhi si cela una sofferenza profonda che grida il dramma della guerra. Gli sguardi dei bambini raccontano in silenzio questo dolore. Molti di loro provengono dalle regioni orientali del Paese: Donetsk, Luhans’k, Crimea, Dnipropetrovsk. Le aree del conflitto più bollenti e calde, ai confini con la Russia. Lì i bimbi non vanno a scuola da più di un anno.
Privati anche della possibilità di socializzare, alcuni di loro hanno trovato rifugio nel proprio mondo interiore. Parlano poco e osservano molto.
Guardano gli altri compagni provenienti dalla parte occidentale giocare. Anche nell’ovest del Paese sono arrivati i venti della guerra, ma non hanno strappato ai bambini il desiderio di ridere e scherzare, di stare insieme e di giocare.
Una realtà, questa, che mette in luce una verità celata. C’è una spaccatura nascosta che divide il Paese in parte orientale e parte occidentale. Tale ferita affonda le sue radici nella storia e nella cultura di questo popolo, per poi manifestarsi sotto diversi aspetti. Uno tra questi è la lingua. Nella parte occidentale, più vicina culturalmente e storicamente all’Europa occidentale, la lingua più parlata è l’ucraino; in quella orientale invece, rimasta per secoli sotto il controllo della Russia, la maggior parte della popolazione è russofona.
Due anime in un solo Paese. Con l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, queste due anime si sono in parte incontrate.
Una realtà, questa, che mette in luce una verità celata. C’è una spaccatura nascosta che divide il Paese in parte orientale e parte occidentale. Tale ferita affonda le sue radici nella storia e nella cultura di questo popolo, per poi manifestarsi sotto diversi aspetti. Uno tra questi è la lingua. Nella parte occidentale, più vicina culturalmente e storicamente all’Europa occidentale, la lingua più parlata è l’ucraino; in quella orientale invece, rimasta per secoli sotto il controllo della Russia, la maggior parte della popolazione è russofona.
A unirle è un sentimento di amore per la propria terra e il desiderio di difenderla a qualsiasi costo. «Slava Ukraini!» grida qualcuno. «Heroiam slava!» rispondono i bimbi tutti in coro. «Gloria all’Ucraina. Gloria agli eroi». È il saluto nazionale ucraino. Uno slogan che viene ripetuto più volte e capace di entrare nel cuore anche dei più piccoli.
In questo clima di grande tensione crescono i giovani ucraini. La guerra ha rubato loro la spensieratezza tipica di quell’età. Molti di loro sono diventati adulti troppo presto. I più grandi affiancano i più piccolini. Ognuno si prende cura di chi ha accanto.