Il dramma del naufragio di Lampedusa, come ha detto papa Francesco, è una vergogna che colpisce al cuore l’umanità. Non possiamo lasciarla cadere nel silenzio, non possiamo lasciare che la sofferenza e la disperazione di tanti fratelli continui a scivolare via tra i tanti ricordi tristi che lasciamo siano sbiaditi velocemente dalla frenesia della vita.
Questi morti sono un segno forte e doloroso che ci ricorda come l’ingiustizia e la povertà stanno dilaniando interi popoli e trasformando le acque del mare e la sabbia del deserto in due grandissime tombe. I morti di Lampedusa purtroppo sono solo una parte di una moltitudine di persone che ha visto, in una carretta del mare o in camion del deserto, spegnersi per sempre i propri sogni di vita e di libertà.
In queste ore ho ripensato ai profughi, accolti due anni fa in Casa della Carità, e al bel cammino fatto con loro. Oggi sono tutti inseriti nella società, hanno recuperato il sorriso e la speranza nella vita. Hanno la possibilità di dare forma ai loro sogni di libertà. Sono vivi. Custodendo questi pensieri nel cuore, i miei occhi si sono riempiti di lacrime al solo pensiero che anche per loro c’era la tragica possibilità che tutto si infrangesse in un naufragio, a poche miglia dalla “terra promessa”, tra i flutti dell’indifferenza dei potenti e di questo mondo. Ho pensato che avrei potuto non incontrarli mai. Ho pensato che sono partiti con la stessa disperazione, la stessa paura e i grandi sogni che riempivano il cuore di chi non ce l’ha fatta. Dinanzi a tutto questo è ora di dire basta.
Basta a queste lacrime che non sono ancora in grado di muovere il cuore di molti ad una assunzione di responsabilità e di promozione della giustizia. È giunto il momento che il mondo politico, italiano ed europeo, la smetta di trincerarsi dietro a convenzioni incolori e ad irresponsabilità mostruose. Nel mondo c’è profonda ingiustizia e questa l’ha creata l’uomo. Non è possibile che ancor oggi ci siano milioni di persone che non hanno il minimo per vivere, milioni di bambini che non hanno mai avuto la possibilità di sognare. Non possiamo lasciare che interi popoli continuino ad essere ridotti in schiavitù per gli interessi di pochi. Non possiamo continuare a lavarcene le mani come Ponzio Pilato, né a tacitare la coscienza con qualche illusorio giochino o manovra di cooperazione internazionale.
È necessario attivare percorsi di ridistribuzione delle risorse e di restituzione, perché solo la giustizia e l’equità saranno in grado di bloccare queste continue stragi. Allora è necessario far pressione per scardinare la logica attuale che si è arenata nell’accettare supinamente che la ricchezza di pochi e la povertà del mondo è un assetto che risponde alle logiche del mercato e della finanza. È necessario non solo ridistribuire le risorse, ma restituire in termini di vita e di speranza, quindi anche economici, tutto quello che il Nord del mondo ha depredato dal Sud. Per cui creare corridoi umanitari oggi, significa si togliere questi fratelli disperati dalle mani di criminali senza scrupoli, ma anche che i governi forti del mondo cambino rotta. Nessuno può tirarsi fuori, perché tutti abbiamo delle responsabilità, compresi i partiti italiani più ostili all’accoglienza e, a livello europeo, le nazioni, come la Germania ed il Nord Europa, che nascondono dietro alla rigidità delle loro regole, la fatica di giocarsi pienamente nel contribuire ad un rinnovamento del mondo. Lasciare una parte della comunità politica senza diritti è un danno per tutti, lo riconoscono anche economisti come Amartya Sen, premio Nobel: l’uguaglianza di diritti per tutti, oltre ad essere giusta eticamente, è anche conveniente. La disuguaglianza è una zavorra che, prima o poi, trascina in basso tutti.
Prima di tutto questo, credo sia importante, come credenti che apriamo il nostro cuore alla preghiera, perché altrimenti non andremo da nessuna parte. Il 7 settembre, papa Francesco, chiedendo al mondo di pregare per la pace, ha ottenuto la grazia che l’ormai già deciso attacco in Siria fosse bloccato e sospeso. Ora dinanzi a molti altri drammi, siamo chiamati a confidare maggiormente nella forza della preghiera, imparando ad assumerci la responsabilità della custodia della vita e del futuro di ogni persona che è nostro fratello. Non si tratta di attenersi a dei trattati, ma di rispettare la dignità dell’uomo e di vivere in pienezza il Vangelo.
Don Davide Schiavon