Ho letto sul blog di don Tommaso Scicchitano, parroco a Cosenza, una bella lettera sul tema della violenza contro le donne, venuto alla ribalta di recente dopo la contestata presa di posizione di don Piero Corsi di Lerici. Don Tommaso si è rivolto proprio al confratello, cercando di andare alla radice della difficoltà ad avere un’immagine serena e positiva della femminilità.
Caro confratello leggo che ti sei fatto portatore di idee che vorrebbero giustificare, certamente in modo indiretto la violenza sulle donne. Secondo quanto a te attribuito le donne sarebbero delle provocatrici dell’eccesso maschile con i loro atteggiamenti.
Chissà cosa ti direbbe Gesù che seppe stare non solo vicino alle donne, ma addirittura nell’emblematico racconto lucano della prostituta a casa del fariseo Simone (Lc 7,36-50), si lasciò lavare, bagnare di lacrime, profumare e asciugare con i capelli i piedi; Gesù in quel gesto inequivocabilmente provocante, di natura erotico sessuale non ne colse gli effetti carnali, ma vi scovò tutto l’amore e lo ricambiò amando quella donna di amore fraterno. Questo brano mi interroga puntualmente, perché non so a te, ma a me le donne provocano tanti sentimenti, spesso contrastanti e trovare equilibrio così come ha fatto Gesù non è sempre facile.
È vero la colpa non è necessariamente nostra, buona parte è della nostra formazione. Spesso i seminari sono luoghi dove i sentimenti si tendono a reprimere e difficilmente ci viene offerta una educazione ai sentimenti. Peggio se ci si è nascosti anche agli occhi dei superiori, dietro un falso spirituale, fatto di merletti, cura devota e quasi maniacale della liturgia che sempre santa resta, ma così spesso svuotata dalla storia che vorrebbe redimere ed elevare. Non è sempre facile trovare tra i superiori uomini maturi affettivamente da cui prendere esempio, che sappiano indirizzare le nostre debolezze e che non coltivino fragili motivazioni.
Sì caro Piero, non è poi tutta colpa nostra se ancora questo celibato ecclesiastico facciamo fatica a viverlo in pienezza, fino allo sguardo di Cristo che sa guardare in ogni donna una sorella, una madre e una figlia. Ma continuo ad esser convinto che è il nostro sguardo a dover essere curato, perché altrimenti non ci sarebbe altra soluzione che far indossare dei burqa a ogni donna e forse manco basterebbe.
Non è del tutto colpa nostra se pur di sbandierare la tutela dei valori della famiglia una, sacra e inviolabile, ci siamo zittiti di fronte a chi il corpo delle donne lo ha prostituito ai propri fini economici, politici e culturali. A noi ci ha fatto paura e continua a farlo l’immagine dei cavalli cosacchi che si abbeverano alle fontane di Piazza San Pietro, i bambini mangiati a colazione dai comunisti, forse non abbiamo solo paura del cosacco, ma anche del corpo delle donne. Chi sa stuzzicare le nostre paure ci governa, e riesce anche a governare gli uomini di Chiesa, spingendo te fino a pubblicare quelle offese alle donne e provando implicitamente a zittire anche me.
Caro don Piero ti perdono per assenza di libertà e di piena avvertenza di ciò che facevi. Sai di cosa farei fatica ad assolverti? Noi preti che stiamo a contatto con Cristo vittima sacrificale dei nostri peccati, dovremmo riconoscerlo vittima nelle donne vittime del macismo e della misoginia. Pensa alle donne che sono vittime di stupri, e che fino ad oggi magari si son rivolte al segreto del nostro sacerdozio, immagine di ultimo appiglio di una mascolinità elevata nello spirito. Cosa si deve aspettare se vuole almeno sfogarsi con un sacerdote? Qualcuno che le indaghi come si veste di solito? Se ha provocato in qualche modo? Se cucina, lava o stira? Ti pare questo il modo di stare fianco a fianco a Cristo?
Don Piero fraternamente ti invito in questo periodo natalizio a riscoprire l’immagine sacra a noi tanto cara di Maria che allatta il bambino figlio di Dio. Quel seno scoperto, mi turba tanto. Mi fa pensare a quanto Dio in quel momento abbia avuto bisogno dell’integrità della persona di Maria, del suo cuore, del suo corpo, della sua mente. Aver devozione in Maria oggi significa condannare senza se e senza ma ogni violenza al corpo, al cuore e alle mente di ogni donna che per Gesù è sorella, madre e figlia.