Premessa
La raccolta degli indumenti usati e la distribuzione alle persone in difficoltà è stato uno dei primi servizi che si è strutturato nelle caritas parrocchiali e anche nella Caritas Diocesana. La Caritas Diocesana ha raccolto gli indumenti usati attraverso delle raccolte straordinarie a livello diocesano e attraverso i cassonetti gialli dislocati nel territorio. Il materiale raccolto veniva venduto e i proventi servivano per finanziare progetti di aiuto e di promozione per le persone in difficoltà. Le Caritas Parrocchiali hanno raccolto e distribuito indumenti alle persone in difficoltà attraverso la modalità dei centri distribuzione. È stato fatto del bene con questo servizio, ma oggi ci è chiesto di cambiare percorso.
Alcune indicazioni normative
Gli indumenti conferiti nei cassonetti vengono considerati rifiuti e devono sottostare alle normative relative alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti. Gli indumenti nel cassonetto giallo non sono di proprietà della Caritas, ma di chi gestisce nel territorio la raccolta dei rifiuti. Caritas ha solo un ruolo di sponsorizzazione con il logo. Invece gli indumenti usati conferiti direttamente presso la struttura caritativa sono donazioni, non rifiuti (anche se sono in cattivo stato, per cui è necessario prestare molta attenzione a ciò che si raccoglie). Se non vengono distribuiti devono poi essere smaltiti come rifiuto. Le modalità di trattamento non contemplano ordinariamente obblighi di igienizzazione prima della distribuzione, sebbene la stessa possa essere raccomandata. Ma la responsabilità della gestione di questi capi è totalmente in capo all’ente che li distribuisce. In questo senso consideriamo i servizi caritativi equiparabili a negozi di abbigliamento. Ciò significa che nel caso del COVID 19 la responsabilità è del servizio caritativo, per cui è necessario il trattamento degli indumenti e l’igienizzazione dei locali.
Alcune indicazioni di Caritas Italiana
Dando per scontata la disponibilità di locali adeguati (possibilità di ricambio d’aria, corridoi distinti per entrata e uscita, possibilità di distanziamento o ingresso per singole persone) per lo stoccaggio, l’esposizione e l’eventuale prova degli indumenti (che comunque è preferibile evitare), si tende a:
– escludere la distribuzione di indumenti usati (a meno che non si parli di empori vestiario, nel qual caso deve essere scrupolosamente eseguita la disinfezione dei camerini);
– distribuire indumenti usati solo dopo igienizzazione e confezionamento;
– igienizzare anche indumenti nuovi con la lampada a raggi UV-C. Della camera a ozono non è comunque dimostrata l’efficacia;
– preferire la distribuzione di indumenti nuovi e igienizzati dopo confezionamento in sacchetti di plastica o carta chiusi, da maneggiare con i guanti o meglio dopo scrupolosa igienizzazione delle mani.
Naturalmente l’accesso ai locali deve avvenire nel rispetto delle ormai consuete modalità di distanziamento fisico, dopo l’igienizzazione delle mani e indossando la mascherina. Il lavaggio dei capi, sia in acqua a temperature superiori a 70 gradi con normali detergenti oppure a secco presso le lavanderie professionali, è certamente una buona prassi in grado di rispondere alle esigenze di sanificazione.
Indicazioni
Per quanto ricordato si consigliano, per il momento, le caritas parrocchiali a sospendere il servizio di raccolta e distribuzione vestiario. Entro la fine dell’anno la Caritas Diocesana rimuoverà dai cassonetti gialli il proprio logo. Si invitano le Caritas Parrocchiali a pensare a nuove modalità circa le necessità di vestiario che possono venire da persone in difficoltà. L’indumento usato non è l’unica via. Il suggerimento è quello di mettere a tema la questione con il parroco e il Consiglio Pastorale e avviare il servizio ad una revisione, ma comunque ad una conclusione delle attuali modalità.