“La miseria in Italia continua a crescere ed è ai massimi dal 2006”. È quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato da Confcommercio, sullo stato dell’economia in Italia. Sempre secondo Confcommercio il tasso di disoccupazione è salito dello 0,9% rispetto a novembre 2013, giungendo all’impressionante numero di 264.000 persone senza fonte di reddito.
Questi dati non sono certo una novità per gli operatori ed i volontari della Caritas che ogni giorno devono confrontarsi con un numero imponente, ed in costante crescita, di persone che bussano alla porta delle decine di centri d’ascolto distribuiti nella Diocesi di Treviso.
Secondo uno studio di Bankitalia, di contro, il 46,6% della ricchezza totale in Italia, nel 2102, era detenuto dal solo 10% delle famiglie Italiane, registrando una costante progressione rispetto agli anni precedenti.
Questo dato dovrebbe far riflettere, soprattutto se lo si usa come filtro per valutare certe affermazioni della nostra classe politica: quando si sente parlare infatti di “timidi segnali di ripresa” o di “previsioni di consumo in crescita per l’anno venturo” è necessario chiedersi cosa, nel concreto, questo significhi per gli italiani. Suona tanto come la massima del “pollo di Trilussa” per la quale, secondo la statistica, ogni famiglia mangia un pollo all’anno, quando invece alcune ne mangiano 2 ed una nessuno: il problema, in questo caso, è che i polli sono in potenziale aumento ma a mangiarli sono sempre meno famiglie e sempre di più rimangono a bocca asciutta!
La prospettiva di un’uscita dalla crisi economica, con il PIL in crescita (ammesso che mai tornerà a crescere) ma a fronte di meno persone che detengono la ricchezza totale e di un crescente numero di famiglie che vivono sotto la soglia di povertà, è un’illusione ma soprattutto una frottola che viene utilizzata dalla politica per acquisire consenso.
È necessario aprire gli occhi e constatare come, -non per una protesta alla Grillo o alla Salvini, ma per cominciare a costruire un’alternativa- chi ha governato negli ultimi 30 anni, non abbia fatto nulla per uscire da questo sistema perverso, ma abbiamo continuato a leggere l’economia dai dati più convenienti e non dalla soglia di un Centro d’Ascolto.
I modelli economici che permetterebbero di garantire il rispetto dei diritti fondamentali (tra cui il cibo ed il lavoro), e di conseguenza la dignità a tutte le persone, esistono e sono il centro della campagna “Una sola famiglia umana. Cibo per tutti.” promossa da Caritas.
La vera domanda è: “Perché questi modelli non vengono implementati?”, ma soprattutto “Cosa posso fare io perché questa situazione cambi?”
La risposta di Caritas a questo interrogativo è, da un lato quello più noto ai più, di prossimità e sostegno al prossimo che vive situazioni di disagio (spesso tamponando le mancanze dell’ente pubblico che dovrebbe assolvere a questo compito), dall’altro quella di advocacy, ovvero di denuncia e proposta rispetto alle cause che provocano queste situazioni di disagio.
Caritas svolge quotidianamente questa funzione attraverso il sostegno, la collaborazione e la concertazione con l’ente pubblico; l’accompagnamento ed il sostegno economico di associazioni ed enti impegnati in questo ambito; la formazione e l’appoggio a quanti, con la loro opera di volontariato, decidono di mettersi in gioco per contribuire a cambiare le cose.
La speranza di Caritas è quella di, un giorno, poter chiudere perché non ci sarà più bisogno Caritas, ma fino a quel momento rimarrà in prima linea nella lotta contro la povertà.
Giovanni Dal Poz