REPORT DOPO LE MISSIONI DI CARITAS SUL CAMPO - CARITAS TARVISINA

REPORT DOPO LE MISSIONI DI CARITAS SUL CAMPO

[slideshow_deploy id=’1837′] Contesto generale 

Il 15 maggio ha inizio in Serbia una delle più grandi catastrofi naturali degli ultimi secoli a causa della serie di inondazioni che hanno colpito una vastissima area del paese, fenomeni verificatosi anche nella vicina Bosnia Erzegovina e Croazia. L’area più colpita è stata la Serbia centrale e occidentale, ma si sono verificate gravi alluvioni e allagamenti anche nel sud del paese. 39 sono in totale le municipalità coinvolte (su un totale di 120), incluse anche città di medie dimensioni come Valjevo, Šabac, Obrenovac, Smederevska Palanka, Kraljevo e Čačak. Inoltre, numerosi villaggi, piccoli centri abitati e zone rurali sono state seriamente danneggiate dalle inondazioni di fiumi e corsi d’acqua minori.
Le autorità locali e nazionali e l’intera popolazione non potevano aspettarsi eventi di tale portata ed estensione, un fattore che ha provocato pochissime azioni preventive e che ha fortemente aggravato le conseguenze delle alluvioni. Tutt’oggi, tali conseguenze per la loro gravità e durata, a 20 giorni dall’inizio dell’emergenza , possono sono essere solo stimate.

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Le vittime accertate sono 51, mentre il totale delle persone colpite dalle alluvioni e dalle frane sono 1.6 milioni, 32.000 evacuate a cui si aggiungono un ampio numero di famiglie che avendo autonomamente trovato rifugio presso amici e parenti non compaiono nelle cifre ufficiali. Il governo Serbo ha pubblicato le prime stime sui danni complessivi arrecati alle abitazioni, alle infrastrutture, all’agricoltura e industrie, ma questi numeri non possono essere considerati definitivi perchè alcune municipalità colpite, soprattutto le più danneggiate, non hanno ancora completato la prima fase di valutazione e alcune città, come Obrenovac, sono state visitate per la prima dalle autorità solo agli inizi di giugno. Da queste prime valutazioni le case andate totalmente distrutte sono circa 2.000, 3.000 quelle seriamente danneggiate, di cui andrà poi verificata l’abitabilità e la sicurezza. I danni alle infrastratture sono stimati per circa 260 milioni di euro, 3.000 km di strade sono state danneggiate, inclusi anche alcuni ponti completamente distrutti dalle piene dei fiumi. Le conseguenze sull’agricultura, settore che rappresenta il 10% del prodotto interno lordo serbo e poco meno di un quarto del totale delle esportazioni, sono altrettanto devastanti. Circa 700 tonnellate di bestiame è annegato durante le inondazioni e 900 ettari di terreni coltivati sono stati alluvionati, causando la perdita delle coltivazioni in corso e mettendo a rischio l’utilizzabilità di futura di questi terreni, a causa dell’altra probabilità di contaminazioni. La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD) ha parlato di danni in questo settore per centinaua di milioni di euro e un futuro di recessione economica per l’intera Serbia. Il primo Ministro serbo Vucic ha dichiarato danni complessivi per circa 2 miliardi di euro, affermando anche che l’impatto nel lungo periodo sull’economia del paese potrebbe essere di entità ancora maggiore. L’emergenza ha anche stimolato buone pratiche, comportamenti lodevoli e una generale mobilitazione a favore delle vittime, verificatasi in tutta la Serbia.

  • Dai primi momenti dell’emergenza l’intero paese si è mobilitato in aiuto delle comunità più colpite dalle alluvioni. Un gran numero di volontari si è attivato in prima persona per supportare l’esercito nel rafforzamento degli argini dei fiumi a rischio esondazione. Nella sola Sabac, nella notte tra il 15 e 16 maggio circa 7.000 persone sono accorse per riempire e posizionare sacchi di sabbia lungo il fiume Sava. Soprattutto nella città di Belgrado, numerosi volontari hanno supportato la Croce Rossa nell’organizzazione dei centri dove sono state accolte le 25.000 persone evacuate. Anche le donazioni di aiuti umanitari sono state sufficienti per rispondere all’emergenza nelle prime settimane. Vestiti, cibo e prodotti per l’igiene sono stati donati da privati e da numerose attività commerciali e imprenditoriali locali.
  • La mobilitazione di istituzioni internazionali e organizzazioni e associazioni straniere è stata immediata e continua ad essere un importante fonte di sostegno in termini di aiuti materiali, economici e supporto tecnico.
  • Come è avvenuto in Bosnia, gli attori che in passato avevano implementato progetti di sviluppo e sostegno in Serbia si sono subito riattivati e grazie ad una forte legame costruito negli anni hanno messo a disposizione della popolazione serba le loro capacità e risorse.
  • La risposta del Governo serbo all’emergenza è stata abbastanza immediata, nonostante la totale imprevidibilità della gravità delle alluvioni che ha generato confusione e mancanza di organizzazione e coordinamento nei primi giorni. Da subito è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale, mentre gli appelli lanciati dal primo Ministro hanno contribuito alla mobilitazione generale, sia della popolazione serba sia dei partner e organizzazioni straniere.

Superata la fase più acuta dell’emergenza è stata costituita una Commissione incaricata di valutare l’entità dei danni e delle perdite causate da frane e alluvioni e una nuova legge nazionale sancisce le responsabilità e le competenze delle diverse entità politiche, nazionali, regionali e locali. In questo modo si auspica di poter formulare un piano dettagliato dei bisogni del territorio, per poi poter stilare un piano di ricostruzione che si fondi sulle reali priorità del paese. Il Governo ha identificato con la questione abitativa la priorità numero uno e si è prefissato di ridare a tutte le vittime dell’alluvione una casa entro l’inizio del prossimo inverno. Le criticità rilevate possono essere considerate trasversali e comuni a tutti i luoghi visitati, ad eccezione della città di Obrenovac. Questa città di 25.000 abitanti è stata completamente alluvionata ed evacuata e per 20 giorni ne è stato negato l’accesso da parte dell’esercito. Per questo è stata possibile visitarla solo il 4 giugno.

  • Le persone evacuate stanno lentamente rientrando nelle proprie abitazioni, se ancora agibili, e con il ritirarsi delle acque hanno avuto inizio le opera di pulizia e disinfezione. Il bisogno di beni di prima necessità sono in decrescita, mentre aumenta la richiesta di beni e prodotti necessari al ristabilimento di una normalità abitativa, prodotti e apparecchiatura per l’igiene e la pulizia delle case (guanti, pale, saponi e igienizzanti, esiccatori, deumidificatori, idropulitrici…). è ampiamente condiviso anche il bisogno di frigoriferi, cucine, fornelli che permetterebbero di cucinare autonomamente e conservare i propri pasti e non dover più consumare solamente cibo in scatola e a lunga conservazione. Inoltre, c’è una grande bisogno di materassi (essendo un bene non recuperabile), biancheria per la casa e lavatrici.
  • Il timore del propagarsi di malattie ed epidemie rimane sempre molto alto, soprattutto per il repentino alzarsi delle temperature e la massaccia presenza di spazzatura, cibo avariato, carcasse di animali e acqua stagnanti contaminate da prodotti chimici e acque nere. Poche sono le zone ancora senza acqua corrente, ma nella maggior parte delle aree alluvionate l’acqua non è ancora potabile. Per il momento si sono registrate solo alcuni singoli casi di intossicazioni alimentari dovute all’ingestione di frutta e verdura proveniente dalle zone alluvionate, ma per la sicurezza della popolazione si dovranno effettuare i dovuti controlli su tutti i singoli raccolti che possono essere recuperati dalle zone alluvionate e limitrofe.
  • Gli spazi offerti da privati e comuni per creare centri di accoglienza e di raccolta degli aiuti, con il passare dei giorni devono essere liberati e ripristinati alle loro destinazioni originarie (palazzetti dello sport, arene, hotel e scuole), quando ancora ci sono più di 2.000 evacuati, oltre ad un considerevole numero non ancora stimato di persone che hanno trovato una sistemazione provvisoria presso parenti e amici. Inoltre il numero di volontari è sceso sensibilmente con la riapertura delle università e delle scuole.
  • Le vittime dell’alluvione temono l’imminente esaurirsi dell’attenzione generale e mediatica riguardo alla loro condizione e vivono nel timore di essere abbandonati a se stessi di fronte ad un’opera di ricostruzione che per molti è inaffrontabile con le proprie risorse economiche a disposizione.
  • Gli abitanti delle zone rurali, le più colpite, sono principalmente persone con redditi sotto la media nazionale, con una grande percentuale di anziani che percepiscono pensioni minime e persone disoccupate. Una delle fonti di sostentamento di queste è l’agricultura di piccoli appezzamenti di terreno, i cui prodotti sono utilizzati anche per la vendita al dettaglio in loco. Le alluvioni hanno seriamenente compromesso queste forme di agricultura di sussistenza, distruggendo la principale fonte di reddito di queste persone.
La vastità dell’area colpita, l’instabilità della situazione di alcune aree non hanno reso possibile una mia visita in loco in tutte le comunità, ma gli operatori locali quotidianamente sul terreno hanno informato l’intera rete Caritas della situazione giorno per giorno. A seguire, una breve sintesi di quanto visto personalmente sul campo. 
OBRENOVAC 

Come scritto precendentemente, la città è stata visitata per la prima volta da Caritas solo il 4 giugno, essendo stato vietato l’ingresso a tutte le persone per oltre 20 giorni. La popolazione locale, circa 25.000 abitanti è stata completamente evacuata, il 95% del territorio alluvionato, con punti dove l’acqua ha raggiunto i 5 metri di altezza. Il centro è stato sommerso fino ai secondi piani delle abitazioni per oltre 2 settimane.

Entrando in città l’immagine che ci si trova di fronte è spettrale e desolante e l’aria è quasi irresprirabile già dalle prima case. Le zone più vicine al fiume sono state raggiunte da violente onde di 4 metri ed essendo composte per lo più da case di uno o due piani risultano essere fortemente danneggiate e molte di queste non più agibili. Alcuni tetti sono stati scoperchiati dalla furia dell’acqua, pali dell’elettricità divelti e automobili trasportate per centinaia di metri. Tutte le persone incontrate sono temporanemente ospitate da amici e parenti e giornalmente si recano nella loro abitazione per ripulire e cercare di salvare qualcosa. Il senso di abbandono e la disperazione per aver perso i risparmi di una vita accuma tutti, come la paura di un futuro ancora più duro del presente.

L’allarme epidemie e malattie è ancora elevatissimo e potrebbe crescere ulteriormente con il progressivo e massiccio ritorno delle persone in città. L’esercito è attualmente presente in loco soprattutto per le prime opere di pulizia delle strade e la raccolta dei rifiuti provenienti dalle case e dalle attività alluvionate. Le prime cifre riferite dal governo fissano a circa 200 milioni i danni dell’alluvione, ma sono stime molto aleatorie essendo iniziate solo da pochi giorni le prime valutazioni sul campo. Data la gravità della situazione di Obrenovac, il governo ha istituito una commissione speciale che lavorerà solo alla ricostruzione di questa città. [slideshow_deploy id=’1840′]

A Belgrado, lunedì 2 giugno il governo locale ha lanciato un appello per cercare volontari da occupare nella pulizia di Obrenovac ma senza alcun risultato, forse per la paura delle malattie unito al progressivo spegnersi del generale entusiamo dei primi giorni.
SABAC (115.000 abitanti)  La città di Sabac non è stata direttamente alluvionata, ma la maggioranza dei villaggi e piccoli centri abitati di questa municipalità sono stati fortemente colpiti e alcune abitazioni sono rimaste sommerse dall’acqua e completamente isolate per molti giorni. Nel territorio si sono anche registrate 32 frane e smottamenti che hanno gravemente danneggiato le vie di comunicazione e le infrastrutture.
Dopo 20 giorni l’acqua si è completamente ritirata o ha raggiunto livelli tali che hanno permesso il ritorno delle persone alle proprie case, in gran parte agibili, ed inziare la pulizia e la conta dei danni. Numerose famiglie necessitano ancora di aiuti in termini di cibo, perchè oltre ad aver perso tutti gli elettrodomistici, non possono più consumare i prodotti dei propri orti perchè distrutti o contaminati dall’acqua. Ci sono ancora persone, soprattutto Rom evacuate nel centro di accoglienza istituito in una scuola della città di Sabac. La Caritas locale, in collaborazione con le istituzioni locali e l’importante sostegno di numerosi volontari, continua quotidianamente ad aiutare le vittime dell’alluvione con la distribuzione di pacchi viveri e igienici. Inoltre, nel territorio di Sabac, un importante distretto industriale serbo, 15 aziende hanno subito dei danni ma la valutazione generale delle perdite del settore produttivo e agricolo verrà fornita nelle prossime settimane. Sono infatti ancora presenti delle acque stagnanti in alcuni terreni agricoli, e solo dopo il completo ritirarsi di queste si potrà esaminare il livello di contaminazione del suolo.
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Valjevo (90.000 abitanti, di cui 30.000 vivono nelle zone rurali )
Il centro di Valjevo non è stato fortemente colpito dallo straripamento del fiume Kolubara, che insieme ad altri corsi d’acqua minori ha invece ravemente danneggiato le aree limitrofe della città e i villaggi minori. Ad oggi la regione Kolubara risulta essere la più colpita dalle alluvioni e dalle frane e i danni per la sola municipalità di Valjevo si stimano essere attorno agli 8 milioni di Euro. Nei dintorni di Valjevo ci sono abitazioni completamente distrutte e altre ancora ricoperte dal fango. Ljig, Krupanj, Lazarevac e Ub sono solo alcune delle cittadine dell’area gravemente alluvionate e fortemente affette dalle frane. Nella sola Krupanj circa 200 abitazioni sono state completamente distrutte dal fango e acqua nei primi giorni dell’emergenza. Dopo 20 giorni, sono fortemente sconsigliate visite in loco se non strettamente necessarie. Le opere di soccorso e quelle di pulizia sono state rallentate dal danneggiamento o dalla totale interruzione delle strade che collegano la città con questi agglomerati abitativi minori. Alcuni abitazioni sono rimaste completamente isolate diversi giorni e raggiungibili solo in elicottero.Alluvioni in Serbia
Le numerose persone evacuate durante i primi giorni dell’emergenza sono ora rientrati nelle proprie abitazioni o sono ospiti da famigliari o parenti. Da alcuni giorni, nelle maggior parte delle zone alluvionate le persone stanno provvedendo a ripulire e igienizzare con quanto hanno a loro disposizione, non sempre un’attrezzatura adeguata o sufficiente per affrontare la gravità delle condizioni delle abitazioni. Le persone colpite dall’alluvione incontrate sul territorio di Valjevo denunciano di essere state abbandonate dalle autorità locali e di non aver ricevuto aiuti per tanti giorni. Per molti, il sostegno portato dagli operatori di Caritas è la prima forma di soccorso ricevuta. I primi piani delle case alluvionate sono andati completamente distrutti, persino i pavimenti e molto spesso i soffitti sono stati irrimediabilmente anneggati dall’acqua. Tutto ciò che era nelle abitazioni è irrecuperabile. Alcuni abitanti di Lajkovac, cittadina poco lontana da Valjevo dimostrano diffidenza e insofferanza nei confronti delle organizzazioni e associazioni che svolgono visite conoscitive sul territorio e consegnano pacchi viveri e affermano di aver bisogno di altri tipi di aiuti, come letti, materassi e attrezzatura per la cucina. La Caritas locali, grazie alle prime donazioni ricevute soprattutto da privati e aziende locali sta acquistando e distribuendo sul terriorio questi aiuti richiesti, suscitando una grande e sincera riconoscenza da parte dei beneficiari.

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Jamena Alluvioni in Serbia

Jamena è un piccolo villaggio parte della municipalità di Sid, una zona della Vojvodina che confina con la Croazia e la Bosnia Erzegovina. La situazione generale migliora di giorno in giorno, anche se le donne, i bambini e gli anziani sono ancora evacuati e lo saranno finchè l’acqua corrente non sarà completamente ripristinata e dichiarata sicura dalle autorità locali. I danni maggiori si riscontrano nell’agricoltura e nell’allevamento, le due attività principali di questa zona. Ci sono ancora case non agibili per la presenza di acqua stagnante, ma la maggior parte delle abitazioni può ormai essere ripulita. Gli abitanti sono aiutati da squadre di giovani volontari che giornalmente provengono dai paesi vicini e grazie all’attrezzatura donata da Caritas Vienna igienizzano e puliscono gli spazi alluvionati.

È molto forte lo spirito di solidarietà e vicinanza tra le persone, che cercano di aiutarsi come possono in questo momento difficile.

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