Fino a pochi anni fa nella nostra realtà trevigiana la condizione di marginalità estrema (mancanza di casa, lavoro, cibi, talvolta associata alla mancanza di salute) sembrava essere condizione di pochi – pochissimi, e tutti, senza dubbio – uomini. L’asilo notturno del Comune di Treviso per anni metteva a disposizione solo 4 posti per uomini. Negli anni della crisi e in particolare dl 2013, le richieste e di conseguenza i posti a Treviso sono aumentati da 4 a 43 grazie alla disponibilità del Comune e di Caritas. Ma per le donne, non sembrava ancora necessario un servizio del genere. Tanto che nel 2014, mentre predisponevamo uno spazio per l’accoglienza femminile, ci chiedevamo se e quali donne avrebbero richiesto un’ospitalità notturna, ritenendo che non avremmo avuto molte richieste.
Non è stato così. Ci sono, qui a Treviso, donne che si ritrovano sole, senza lavoro e dunque senza possibilità di avere una casa, o anche solo un letto in un appartamento condiviso con gli altri. Ci eravamo detti, inizialmente: arriveranno le badanti straniere, nel passaggio da una famiglia all’altra, chiedendo ospitalità per qualche giorno. Ma la sorpresa è stata invece incontrare anche molte donne italiane (circa la metà), nate a Treviso o provenienti da altre regioni d’Italia e soggiornanti da tempo a Treviso. Ciascuna, per vicende e storie diverse, si è ritrovata nella necessità di chiedere un posto in accoglienza.
Avevamo immaginato che all’accoglienza si sarebbero affacciate per lo più donne segnate da problemi di alcool, tossicodipendenza o da disturbi psichici… e invece abbiamo incontrato altre cause all’origine della richiesta, soprattutto di ordine sociale: rotture familiari (coniugali o tra genitori e figli), migrazione da paesi poveri o in guerra, perdita del lavoro svolto da anni, l’insorgere di una malattia invalidante, il fallimento di un progetto, o anche il naturale avanzare degli anni che rende meno competitive sul mercato del lavoro.
Infine, l’età… pensavamo a donne di fascia d’età media, prevalentemente… No, invece. Dai 19 ai 65 anni, tutte le età sono rappresentate. Ci sono giovani sotto i 35 anni, donne mature tra i 35 e i 50, e tra i 50 e i 65.
Ci siamo imbattuti in una realtà, quella della marginalità – o meglio – dell’emergenza abitativa al femminile, che non avevamo ancora visto o che finora non si era manifestata. Una realtà molteplice, fatta di tante storie diverse quante sono le donne incontrate, fatta di sofferenza, fragilità, povertà, ma anche e soprattutto di coraggio, di determinazione ad andare avanti, di generosità e disponibilità a mettersi sempre e comunque in gioco per ripensare la propria vita.
Consapevoli delle proprie fragilità, le donne hanno una capacità di reagire e di trarre ciò che è buono da ogni condizione. Siamo rimasti stupiti dal desiderio che molte hanno espresso di voler restituire, offrendo qualcosa in cambio dell’ospitalità: e così, c’è stata chi ha dato tempo ed energie a servizio dell’accoglienza dei profughi, chi si è spesa per mantenere puliti e accoglienti gli ambienti, chi si è messa a servizio delle necessità di altre ospiti che necessitavano di cure particolari.
La presenza di tante volontarie che hanno messo a disposizione il loro tempo serale e notturno per stare con queste donne è stata – ed è tuttora – molto importante. Le donne sono capaci di stringere con facilità e spontaneità relazioni e legami e di innescare processi che attivano risorse… il confronto tra volontarie e ospiti si sta rivelando arricchente per ciascuna e mette in moto idee, prospettive, fa emergere opportunità per ripartire o ridefinire la propria vita.
Ci auguriamo, in questo mese di marzo dedicato alla donna, che sempre più, come Chiesa e come società civile, favoriamo un maggior rispetto e tutela della donna prendendoci cura dei suoi bisogni materiali, offrendole spazi di parola e di confronto alla pari e di riconoscimento del suo valore e della sua dignità di persona, rifiutando ogni forma di riduzione e mercificazione del suo corpo, lottando contro ogni forma di violenza e di abuso nei suoi confronti. L’accoglienza è un primo tassello di un’opera che richiede l’impegno e la disponibilità di ciascuno, sia come singoli, sia come istituzioni civili e religiose.