In cammino con... Stefania - CARITAS TREVISO

In cammino con… Stefania

Mi sono ritrovata a fare la volontaria in accoglienza femminile Caritas un po’ per caso. Già da qualche di tempo prima la mia vita era entrata in empasse, soprattutto con la fine di una relazione d’amore, e mi ero ripromessa di andare alla ricerca di esperienze valide, non sapendo nemmeno io che cosa intendessi. È stato per questo che mi sono aggregata a un gruppo cattolico la cui leader, Chiara Almirante, mi aveva ispirato e ho sfruttato l’estate del 2013 per partecipare a un corso di formazione al volontariato internazionale tenuto in Bosnia nel comune di Medjugorje. Tre settimane di full immersion nella vita comunitaria a far pacchi per famiglie indigenti, a distribuire caramelle negli ospedali psichiatrici, a visitare ex profughi inesistenti per la Bosnia-Erzogovina (per qualche strano scherzo post-bellico).

Già da lì, accettando di vivere la vita comunitaria anche nell’aspetto della spiritualità, ho toccato con mano qualcosa di forte che solo ora riesco a definire: sono stata contagiata dallo spirito cristiano. In tutta franchezza, le parole di Gesù nel Vangelo sono arrivate fino a me, hanno toccato e sciolto qualche grumo del mio cuore di pietra, e probabilmente continueranno a farlo.

Inoltre mi si è aperto un orizzonte sul mondo del volontariato.

Non avevo mai fatto prima la volontaria, non avevo mai partecipato a gruppi o a esperienze parrocchiali d’aiuto ai bisognosi, non ho mai fatto nulla di tutto ciò che riguarda la vita del “buon cristiano”, ma da sempre ho ricercato la verità. E spesso sono rimasta ai margini.

Nell’ambito di questa ricerca sono sempre stata attratta dall’atteggiamento di coloro che, con genuina passione e coraggio, si sono buttati nel dialogo e nell’incontro con la fetta di società andata a male: quelli che non ce l’hanno fatta, quelli che sono poveri, quelli che si sono fatti fregare, quelli che sono diversi, quelli che sono deboli, quelli che sono drogati, quelli che -per i più svariati motivi – sono rimasti indietro da soli.

Mi hanno sempre impressionato quei personaggi che hanno guardato al popolo del disagio dalla stessa altezza ma con uno sguardo oltre, addirittura con amore. Queste persone riescono a cambiare il loro ambiente. Dal mio punto di vista i loro occhi sono sempre stati colmi di bellezza.

Non è una visione romantica ma – mi hanno detto – è quello che realmente accade a chi si rende consapevole che gli altri sono tanto importanti quanto noi, a coloro che mettono la felicità degli altri al pari della loro. Non è una visione romantica, ma una legge. Accade sul serio che la vita si apre.

Quindi, è vero anche il contrario: la nostra infelicità ha un peso specifico sulla vita degli altri, e la tristezza degli altri, quando siamo infelici, ci condiziona da matti. La nostra vita non è separata dalla vita degli altri e anche se è drastica da accettare a volte, questa legge universale riconosciuta da tutte le religioni e non, dona all’essere umano un effetto leva sorprendente: se abbiamo ancora voglia di credere a un mondo migliore possiamo partire dal migliorare noi stessi, recuperare i nostri sogni (cosa dannatamente difficile per me), il nostro cuore, ricordarci di chi siamo realmente e questo non fa del bene solo a noi ma anche al prossimo. Io l’ho sempre saputo, ma finalmente, a più di quarant’anni suonati, dopo una lunga serie di bastonate sui denti, l’ho compreso e mi esercito a metterlo in pratica: non solo per me ma anche per gli altri, non solo per gli altri ma anche per me. Questa comprensione è stata rafforzata anche dalla relazione che si è creata con le ospiti dell’accoglienza femminile. La loro storia mi ha messo a contatto con la mia. Le problematiche reali della loro vita, unite alle mie, mi hanno spronato a decidere con ferma determinazione di trasformare la mia stessa rabbia (che si smuove anche sbattendo contro problematiche sociali e di ingiustizia), in carburante per mettere a punto un progetto creativo grande, in divenire.

Se c’è un messaggio che voglio lanciare in questo spazio è questo: la rabbia va trasformata e usata per progetti di emancipazione dalla povertà, o comunque per creare valore. Ma come donna, mi sento di affermare che non c’è cambiamento esterno che prima non parta da noi, dal nostro cuore! Dalla sua trasformazione! I modi ci sono. Auguro a tutti che i momenti di accoglienza possano dare degli spunti per questo tipo di considerazioni.

Quello che ho vissuto fino ad oggi in Caritas mi ha cambiata. Ho avuto il privilegio di agire con il mio prossimo in qualità di volontaria spontaneamente, per come mi sono sentita di agire, in un clima di libertà ma sempre mantenendo un dialogo aperto con gli operatori del centro di ascolto.

Ho preso sul serio le dritte del corso di formazione, breve ma intenso, e cioè tra le altre cose, che ciascuno porta chi è. E così ho portato il mio essere un po’ “incasinato” e ho condiviso con le donne il bisogno tutto femminile di scambio; un po’ come facevano una volta le donne che la sera si sedevano su uno sgabello in cortile, a raccontarsi dei loro mariti, dei figli e di come era andata la giornata. Il parlare era il loro diritto di nascita. E così si chiarivano le idee. Le chiacchere in accoglienza, davanti a una tisana calda, a volte sono anche un po’ “borderline”, ma il bisogno alla base è sempre lo stesso: “contarsela su”. Fino alle 23.00.

Quando mi si è prospettata la opportunità di fare volontariato in Caritas, non mi aspettavo un’esperienza di relazione. Anzi, ero convinta di dover dare il mio aiuto in mensa, o una cosa del genere. Credevo che Caritas fosse solo quello. Invece mi è stato proposto di fare “accoglienza”, dove lo scambio con l’ospite, dopo le piccole burocrazie, è basilare. Senza esagerare, perché poi ognuno fa come sente, e questo è il bello, ma con me questa enfasi di attenzione verso l’altro ha fatto la differenza: ero già in corsa e sono approdata a questa esperienza carica di reale entusiasmo. E la continuo sempre con entusiasmo.

In uno scenario difficile, spesso dai colori infernali, in ogni cuore c’è la perla preziosa del bene. Il bene riconosce il bene. Agli occhi di Dio, grande forza creatrice di vita, siamo tutto dotati, nessuno escluso. La creatività donata all’uomo appartiene a tutti.

Stefania


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