La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana chiede che
in tutte le chiese domenica 9 marzo ci sia
un’intenzione di preghiera per la pace in Ucraina (vedi comunicato CEI). La preghiera a cui invita la CEI vuol essere anche un segno tangibile di vicinanza alla numerosa comunità di ucraini residenti in Italia, comprensibilmente preoccupata per la sorte di familiari. Intanto si è costituito anche un gruppo di lavoro che vede coinvolte diverse Caritas nazionali europee, inclusa Caritas Italiana, che da anni sono impegnate sul territorio con programmi di sostegno alla popolazione ucraina.
Dal canto loro i rappresentanti delle Chiese e delle organizzazioni religiose dell’Ucraina(ortodossi, greco-cattolici, avventisti, evangelici, ebrei, cattolici e musulmani) nel ribadire in undocumento congiunto i sentimenti di fraterna amicizia tra il popolo russo e quello ucraino, invitano tutti alla solidarietà e alla preghiera e chiedono alla Russia e all’intera comunità internazionale di porre fine ad ogni azione militare che considerano come un’invasione e una “brutale interferenza” negli affari interni del loro Paese.
“Vi chiedo di pregare ancora per l’Ucraina – aveva detto anche Papa Francesco dopo l’Angelus di domenica 2 marzo – che sta vivendo una situazione delicata. Mentre auspico che tutte le componenti del Paese si adoperino per superare le incomprensioni e per costruire insieme il futuro della Nazione, rivolgo alla comunità internazionale un accorato appello affinché sostenga ogni iniziativa in favore del dialogo e della concordia”.
Abbiamo raccolto la testimonianza di Andrij Waskowicz, Presidente di Caritas Ucraina e vicepresidente di Caritas Europa.
Dopo le drammatiche le notizie che sono giunte per oltre due mesi, si è arrivati prima ad un accordo e poi alla fuga di Viktor Janukovyč e alla liberazione Yulia Tymoshenko. Le violenze hanno lasciato il posto all’esultanza della folla e poi alla costituzione di un nuovo governo. Tuttavia è salita la tensione, a cominciare dalla repubblica autonoma di Crimea. Dopo le sedi del Parlamento e del governo, decine di uomini in uniforme hanno occupato gli aeroporti si Sebastopoli e Simferopoli, si è costituito un governo filorusso e per il 16 marzo è indetto un referendum per staccarsi dall’Ucraina. In seguito alla mobilitazione russa si è ormai sull’orlo di una guerra civile.
“C’è un alto rischio di escalation della violenza – sottolinea Waskowicz – tra i diversi gruppi etinici in Crimea: ucraini, russi e tartari”.
La Chiesa locale ha sempre dato assistenza ai manifestanti, con viveri e abbigliamento, e si è unita alla protesta contro le violenze in tutto il paese, un grande paese di quasi 50 milioni di abitanti, culla del cristianesimo nei paesi slavi e, dopo una storia complessa, parte dell’Unione Sovietica dal 1922 fino all’indipendenza dalla Russia nel 1991.
In particolare, ricorda il Presidente, “oltre ad aiutare le famiglie di quanti sono stati uccisi negli scontri, Caritas Ucraina ha avviato interventi a breve e lungo termine per un sostegno medico, psicologico e di riabilitazione sociale in favore delle vittime delle violenze del precedente governo, per lo più attivisti dei diritti umani”.
Tra timori e nuove speranze l’Europa cerca di far fonte a questa nuova tragedia appena fuori dai suoi confini.
“L’appello e l’auspicio della Caritas – conclude Andrij Waskowicz in piena sintonia con Papa Francesco e con tutti i leader religiosi dell’Ucraina – è che la comunità internazionale eserciti tutta la sua influenza per giungere ad una soluzione pacifica della crisi”.
Ma i venti di guerra soffiano sempre più minacciosi.
Caritas Italiana (vedi il
Comunicato Stampa) da subito ha manifestato vicinanza alla Caritas e alla popolazione locale mettendo a disposizione fondi per gli interventi immediati e Caritas Europa ha sostenuto con forza la necessità di riaffermare la tutela dei diritti umani e civili e l’urgenza del dialogo (vedi le
dichiarazioni di Caritas Europa che plaude alla risoluzione del Parlamento europeo).