Volontariato al Verbo… le parole che restano dopo un Anno di Volontariato Sociale in Caritas - CARITAS TARVISINA

Volontariato al Verbo… le parole che restano dopo un Anno di Volontariato Sociale in Caritas

 

Lo scorso maggio sono stata invitata dalla Comunità Villa San Francesco a intervenire alla tavola rotonda in occasione della XXII festa del Volontariato sul tema “Covare l’inatteso” organizzata dalla comunità e dalla Cooperativa Arcobaleno ’86, presso il Museo dei Sogni di Feltre. In quell’occasione ho avuto modo di riflettere ed esprimere cosa per me significhi “volontariato” e quanto il mio servizio in Caritas abbia inciso sulle mie attuali scelte di vita e di studi.

L’Anno di Volontariato Sociale (AVS) è un’opportunità offerta da Caritas Tarvisina ai giovani dai 18 ai 25 anni, per dedicare un anno a sé stessi e agli altri. Sara, Giovanna, Silvia ed io abbiamo vissuto in pienezza questa esperienza di vita, tra formazione e servizio, nell’anno 2015-2016. Alla fine del progetto ognuna di noi ha fatto le sue scelte, di studio e di lavoro, e non possiamo negare che molto di ciò in cui oggi ci impegniamo lo dobbiamo al servizio in Caritas, a cui, mi sento di aggiungere, va anche il merito di avermi fatto incontrare queste tre fantastiche sorelle di cammino e di vita.

Il progetto dell’Anno di Volontariato è davvero una grande occasione perché permette di sperimentarsi in diverse aree di servizio: centro di ascolto, accoglienza migranti, servizio con i disabili e nei doposcuola, nella mensa o nelle accoglienze notturne della Casa della Carità.

Grazie a quest’anno, ho potuto anche conoscere la Comunità Villa San Francesco e vivere con loro la scorsa estate, partecipando pienamente alla vita della comunità con cui sono rimasta in contatto. La proposta del direttore della Comunità, Aldo Bertelle, di intervenire alla tavola rotonda proprio sul tema “Volontariato al Verbo” mi ha sorpreso ed onorato, ma soprattutto è stata per me l’occasione giusta per fermarmi, guardare indietro ed apprezzare tutto il cammino fatto, affrontando con nuova speranza ciò che ancora mi aspetta.

Voglio poter condividere qui alcuni dei pensieri del mio intervento dello scorso 19 maggio al Museo dei Sogni.

 

La prima parola del Volontariato al Verbo è STARE. Non “fare” perché siamo tutti abituati a fare anche troppo nel nostro quotidiano così frenetico; invece STARE è il vero verbo della relazione. Stare accanto, stare con, stare in, stare per… semplicemente stare e restarci dentro.

 

Cosa Covare?

Il volontariato è una spinta a dare del tempo per qualcun altro, un desiderio del nostro cuore di aprirsi al prossimo che sboccia nel momento in cui ognuno comprende di essere bisognoso di amore e di relazione. Covare è avere cura: una persona che fa un servizio deve avere cura di sé prima di poter fare quel servizio. Si tratta coltivare sé stessi, corpo e mente e spirito, per poi “coltivare” e “curare” anche gli altri verso cui si fa il servizio. Per questo l’AVS in Caritas è una grande occasione di crescita, perché la formazione personale affianca il servizio lungo tutto il progetto.

 

Generare, diversamente da quel “fare” che dà la soluzione già fatta.

L’anno scorso facevo servizio un giorno alla settimana in un centro diurno per persone con disabilità. Lì ho sperimentato in prima persona a farmi da parte per fare spazio agli altri, creando per l’altro una possibilità di mettersi per primo in gioco.

Nelle relazioni all’interno di un servizio bisogna sempre dare fiducia. Dare fiducia è già generare un mondo nuovo per l’altra persona a cui magari tanti hanno sbattuto la porta in faccia. Ed è anche convertire lo sguardo: spesso capita che i ragazzi, gli adolescenti, si vedano solo con gli occhi degli altri. Sguardi di giudizio, competizione, sfida… sfiducia. Generare uno sguardo nuovo è una cosa difficile ma potente: è il compito dell’amore.

 

Tallonare. Ovvero: inseguire qualcuno.

Tallonare è star sotto, star dietro alle persone. Non significa non permettere che queste facciano le proprie scelte e i proprie errori; si tratta piuttosto di andare ad inseguirle anche quando fanno i loro errori e spingerli per venirne fuori. Significa star sotto e tenere sempre in tensione. Perché si sa, quando non siamo spronati, spinti, è facile perdere l’entusiasmo e arrendersi alla prima difficoltà. Tallonare è il compito speciale del genitore e dell’educatore: il giovane amato deve essere spronato a dare il meglio, per il suo bene e anche per quello degli altri.

 

Supplire. In una società più giusta e attenta di quella odierna, le attività di volontariato non avrebbero necessità di esistere, poiché di fatto il volontariato supplisce a dei servizi, a delle attenzioni verso gli ultimi e i bisognosi che dovrebbero già esserci nelle nostre comunità da parte delle istituzioni competenti. Il volontariato arriva lì dove nessuno è ancora arrivato.

Nel nostro Paese l’azione del Volontariato è fondamentale in ogni città o quartiere, e questo è un fatto palese. Allora mi chiedo: perché non mettersi in gioco subito, già oggi, nel proprio piccolo? Oggi io sono nella posizione di poter donare tempo e talenti per supplire a ciò che manca nella nostra società; domani potrei essere io ad aver bisogno che altri donino qualcosa per me. Volontariato non è mai a senso unico.

 

Azionare: mettere in moto qualcosa. Questo desiderio del cuore di aprirsi al mondo ci porta a metterci in moto, ad agire, a compiere scelte coraggiose e azioni a volte “contro corrente”.

Azionare è almeno un “cominciare”. È alzarsi da quel divano comodo (come l’ha definito Papa Francesco) della nostra solita routine, aprire la porta di casa e andare fuori, verso il mondo, verso i fratelli, nel proprio piccolo, ognuno con i suoi tempi, le sue velocità e le sue capacità. Volontariato è accendere quel motore che troppo spesso si spegne dentro di noi, quando non ci sentiamo accettati e amati. È un aiutare a ripartire, azionare un cambiamento di rotta, un cambiamento di vita e di prospettiva.

 

Sfortunatamente non esiste il verbo “volontariare” per descrivere cos’è nel profondo l’azione del volontariato. Non si tratta di “fare volontariato” semplicemente come se fosse un’attività da inserire in agenda. Si tratta di essere un volontario, una persona che si mette al servizio. “Volontariato al verbo” è declinare il nostro essere un volontario in modo personalmente autentico, cioè secondo il verbo che abbiamo dentro e che più ci spinge: per qualcuno sarà amare, per altri trasformare, curare, guarire, educare, insegnare, guidare, trasportare, donare, ricevere, consigliare, pazientare, accogliere, ascoltare… Dipende da noi che tipo di volontario vogliamo essere, su che parola (con la P maiuscola!) vogliamo costruire il nostro stile di vita e di servizio.

 

Priscilla Giacomin

 

 

 

 


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