Ho iniziato a prestare servizio come volontario presso le Docce della Caritas di Treviso nel 2010 e, dopo un periodo di pausa e di volontariato presso altre strutture della Caritas (Accoglienza, Centro d’Ascolto), ho ripreso a svolgere questo servizio da circa un anno.
Ho intrapreso questa esperienza cercando di forzare alcuni timori e resistenze iniziali: ciò che mi preoccupava maggiormente era il dovermi confrontare con situazioni difficili e di forte “impatto”, immaginando soprattutto le condizioni igieniche poco gradevoli in cui versano le persone che vivono sulla strada e i loro comportamenti sregolati, difficili da gestire nell’ambito di un servizio che ha comunque delle regole precise di funzionamento.
Con il tempo e l’esperienza nel servizio, sono riuscito a superare queste perplessità e ora sono convinto che le Docce costituiscano un’occasione privilegiata e preziosa d’incontro con il “povero”. Mi diverte pensare che alle Docce, mentre le persone si spogliano dei loro abiti sporchi per lavarsi, io come volontario ho l’opportunità di spogliarmi di molti pregiudizi, certezze, paure e comportamenti egoistici: il “povero” che qui incontri scuote le tue certezze e ti porta a guardare la realtà con occhi diversi.
Pur non mancando momenti di tensione e di disagio, l’atmosfera che si respira nel servizio è solitamente piacevole e rilassata; mentre le persone attendono il proprio turno per fare la doccia, si finisce per parlare di molti temi: dall’economia alla politica, dalle tradizioni dei paesi d’origine allo sport, dalla religione ai rimedi naturali per la salute.
Così, conoscendo le loro storie e la loro esperienze, si finisce per apprezzare tanti piccoli privilegi a cui siamo abituati e che diamo per scontati: una giacca invernale che ti ripari dal freddo, una coperta, il tuo shampoo preferito, un cambio pulito di vestiti, uno spazio “riservato” per farsi una medicazione o un massaggio sulle gambe gonfie per l’impossibilità di dormire distesi.
A poco a poco, lo sguardo scivola oltre il loro aspetto in disordine e la loro situazione di povertà e si riesce a vederli come delle “persone”, dal volto familiare, e non più come “poveri”.
In loro compagnia, si riscoprono i tratti di un’umanità che ci accomuna. Mi piace pensare che l’immagine ordinata che hanno gli utenti quando se ne vanno dalle Docce – dopo essersi lavati, ripuliti e sbarbati – sia un invito a saper cogliere sempre in loro quell’immagine di bellezza autentica, che appartiene loro e che le ingiustizie del mondo hanno imbruttito o nascosto.
Le Docce sono, quindi, un luogo di incontri sorprendenti e a volte spiazzanti, se si riesce a superare gli ostacoli che ci impediscono di entrare in relazione con il “povero” e a cogliere la sfida di farsi prossimo a lui, accompagnandolo nella fruizione del servizio con un atteggiamento accogliente.
Alcune volte, qui capita che la vicinanza fisica con il “povero” ti colga di sorpresa e ti spinga a relazionarti con lui in maniera stretta, provocandoti e portandoti ad esplorare le possibilità di una prossimità con lui. Succede molto spesso, per esempio, che gli utenti, mentre fanno la doccia, lascino accanto a te i loro zaini e le loro borse (che spesso sono la loro “casa ambulante”) o i loro oggetti di valore, affinché la tua presenza li custodisca al sicuro. Alla fine ti ritrovi accerchiato dai loro oggetti e dalla loro presenza fisica, mentre li depositano, li maneggiano o li prelevano; da un lato c’è la fiducia che loro ripongono in te, dall’altro l’imbarazzo che tu vivi nel ritrovarti le loro facce a un palmo di naso: è una situazione che ti provoca e ti sfida ad accorciare le distanze fisiche per scoprire la vicinanza umana.
Ascoltando i racconti di queste persone, quello che mi sorprende è scoprire che, per certi aspetti, la loro storia non è poi così diversa dalla mia o da quella di alcuni miei conoscenti: mi sono reso conto che, a volte, le persone finiscono sulla strada perché in un momento di grande difficoltà è mancata loro una mano tesa ad aiutarli, un aiuto, un sostegno, un “paracadute” che magari noi abbiamo trovato e che ora tendiamo a dare per scontato. Per questo, credo sia importante offrire loro una mano anche attraverso questo servizio, non solo per dare una risposta concreta ad un bisogno fondamentale come quello di una doccia e dell’igiene personale, ma anche per dare loro l’occasione di incrociare uno sguardo amico che li possa riconciliare con un’umanità da cui si possono sentire traditi e delusi.
Mauro,
volontario presso il Servizio Docce della Caritas Tarvisina