CONTESTO GENERALE A partire dal 14 maggio scorso la Bosnia Erzegovina, insieme alle vicine Serbia e Croazia, è costretta ad affrontare un’emergenza senza precedenti nella sua storia moderna, a causa delle immense inondazioni che hanno colpito il paese. A finire sott’acqua sono state soprattutto la Bosnia centrale, il Cantone della Posavina a nord-est del paese e molte zone dell’area di Banja Luka. Alcuni centri abitati di medio-grandi dimensioni sono stati completamente allagati, come Bijeljina (110.000 abitanti), Doboj (77.000), Maglaj (25.000), Orašje (21.000), Bosanski Šamac (19.000). E’ inoltre enorme il numero di villaggi e cittadine di piccole-medie dimensioni colpite dalle alluvioni. Nel complesso, 1.5 milioni di bosniaci (il 39% della popolazione) sono stati colpiti dalle alluvioni e 950.000 persone costrette a lasciare le proprie abitazioni. Secondo il Ministero dei diritti umani qualcosa come 55.000 case sono state allagate, completamente distrutte oppure danneggiate in modo significativo. Al momento il numero di sfollati ufficialmente registrato è di 76.000 persone. Alcuni settori come l’agricoltura hanno subito danni enormi, con la distruzione di migliaia di aziende agricole più o meno grandi: si stima che circa 90.000 ettari di terreno siano stati alluvionati e che centinaia di migliaia di animali degli allevamenti siano affogati. Piogge e le alluvioni hanno portato con sé inoltre una serie di rischi e di problemi che il paese si trova ad affrontare con urgenza:
- Il primo, e più pressante, è quello delle frane, il cui numero registrato negli ultimi venti giorni è nell’ordine di svariate migliaia. In alcuni casi le slavine hanno cancellato interi villaggi, soprattutto nelle zone vicino a Tuzla e Zenica, nella Bosnia centrale.
- Oltre alle slavine, vanno ricordati anche i rischi connessi alle mine (le alluvioni hanno interessato 800 kmq di territorio minato) che potrebbero essere state trasportate dall’acqua in zone dove prima non se ne trovavano, ma anche i rischi connessi agli arsenali privati e agli ordigni inesplosi anch’essi trasportati dall’acqua e che vengono rinvenuti sempre più frequentemente nelle aree colpite dalle inondazioni.
- Infine, è necessario ricordare anche il pericolo rappresentato dalla possibile contaminazione di buona parte dei terreni agricoli che sono stati interessati dalle alluvioni, per il versamento di sostanze dannose alla salute umana e animale (acque nere, oli, carburanti, medicinali).
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UNA FRANA A TOPČIĆ POLJE, I CAMPI MINATI ALLAGATI VICINO A BOSANSKI ŠAMAC, GLI ALLEVAMENTI DISTRUTTI A DOMALJEVAC
Al momento si parla di 24 vittime accertate in tutta la Bosnia Erzegovina. Va sottolineato, però, che mancano conferme ufficiali e definitive sul numero di vittime, e che tale numero potrebbe essere in realtà molto più alto. Esistono infatti discrepanze significative tra quanto affermato dalle autorità e quanto riferito attraverso testimonianze raccolte da operatori Caritas – per esempio a Doboj, dove i residenti affermano che il numero di tombe recenti scavate nel cimitero locale è sensibilmente più alto rispetto ai 14 morti ufficiali dichiarati dalle autorità locali.
FOTOGALLERY. Le foto scattate dagli operatori e dai Caschi bianchi di Caritas italiana durante le missioni sul campo https://www.flickr.com/photos/101223345@N06/sets/72157644794279072/
La città di Odžak nei primi giorni dopo l’alluvione
A fianco degli aspetti più negativi, non possono però essere dimenticate anche alcune buone pratiche che si sono sviluppate durante l’emergenza:
- Anzitutto va sottolineata la grande solidarietà da parte della stessa popolazione della Bosnia Erzegovina (così come della diaspora bosniaca nel mondo) verso le comunità colpite dalle alluvioni: numerose donazioni sono giunte in questi giorni ma soprattutto un gran numero di cittadini si è attivato in maniera volontaria per dare assistenza nei centri di accoglienza temporanei, per spalare il fango o ripulire le case, per raccogliere fondi. Tutto questo ha superato le tradizionali linee di divisione etnica ed ha creato un sentimento di solidarietà trasversale verso chiunque avesse bisogno, indipendentemente dalla propri appartenenza o identità.
- Va poi menzionata l’immediata risposta messa in campo da molti attori locali e internazionali della società civile, che hanno saputo provvedere in pochi giorni a fornire molte risposte ai bisogni di base che si venivano a presentare. Le organizzazioni hanno già attivato tavoli di confronto e di scambio di informazioni, in modo tale da poter coordinare al meglio gli aiuti e i progetti, e potersi scambiare analisi e contatti.
E’ stato infine notevole il “ritorno di interesse” da parte di molti attori che negli anni scorsi avevano sviluppato progetti e iniziative in Bosnia Erzegovina, soprattutto negli anni del post-guerra. La fratellanza e la vicinanza umana che si era venuta a creare nel passato ha motivato molti a rimboccarsi nuovamente le maniche e a ritornare nel paese per dare ancora il proprio contributo in una fase così delicata. Gli operatori e i Caschi bianchi di Caritas Italiana in Bosnia Erzegovina fin dai primi momenti stanno lavorando a supporto di Caritas Bosnia Erzegovina e delle Caritas diocesane di Sarajevo e Banja Luka nelle attività di sostegno alle zone alluvionate, di distribuzione degli aiuti necessari e di analisi dei bisogni nelle varie realtà colpite. Sono state organizzate alcune visite in loco non appena fosse stato possibile raggiungere le aree colpite, ed in particolare una intensa serie di visite ai luoghi alluvionati (con lo scopo di effettuare una più attenta analisi dei bisogni e di consegnare alcuni aiuti) è stata effettuata da parte degli operatori e dei Caschi bianchi di Caritas Italiana nel periodo compreso tra il 29 maggio e il 4 giugno scorso.

Secondo le prime analisi effettuate, alcune criticità riscontrate possono essere considerate, per molti versi, trasversali e comuni a tutti i luoghi visitati:
- A venti giorni dall’inizio delle alluvioni gli abitanti chiedono sempre meno beni di prima necessità (cibo, acqua, medicinali, coperte…) e sempre più utensili e materiali che possano servire per riqualificare gli spazi distrutti dall’acqua (come, per esempio, essiccatori, deumidificatori, guanti, stivali, pale, materiale per disinfettare…).
- Esiste un’incognita di tipo sanitario e medico, legata al clima e al fatto che nei prossimi giorni molte persone ritorneranno nelle proprie case, la gran parte di loro senza un’adeguata informazione a proposito di cosa fare/non fare per evitare rischi per la propria salute. Finora non sono state registrate situazioni particolarmente rischiose o focolai di epidemie, ma la situazione potrebbe peggiorare rapidamente a causa del caldo e del bel tempo imminente, visto l’approssimarsi della stagione estiva.
- C’è un timore diffuso della strumentalizzazione della situazione e degli aiuti da parte della classe politica, in vista delle elezioni politiche di ottobre prossimo. Da più parti si percepisce il rischio che gli aiuti vengano canalizzati verso centri più grossi e più “fruttiferi” in termini di consensi e di elettorato, penalizzando così i centri più piccoli. Desta inoltre preoccupazione il fatto che le élite politiche abbiano avuto molta fretta nel dichiarare concluso lo stato d’emergenza (anche se in alcune aree del territorio di fatto l’emergenza è ancora in corso) per cominciare quanto prima la fase ricostruzione, probabilmente con il proposito finale di gestire i fondi (anche a scopo elettorale) che verranno messi a disposizione per la ricostruzione.
C’è preoccupazione per la situazione dei centri collettivi in cui sono state momentaneamente sistemate le persone che non possono rientrare nelle loro case perché distrutte o inagibili. Una
buona parte degli sfollati ha trovato sistemazione provvisoria da parenti e amici, ma c’è un’altra parte che è stata sistemata in palestre di scuole, caserme, case di riposo. La preoccupazione nasce dal fatto che questi centri collettivi sembrano poco organizzati: non è chiaro il numero di persone totale che vi soggiorna né per quanto tempo dovrà restare; non si capisce quale ente pubblico abbia la responsabilità di seguire queste strutture e fornire l’assistenza di base; ci sono interrogativi sulle fasce più deboli della popolazione sistemate in queste strutture, come gli anziani e i bambini, che richiederebbero una ulteriore assistenza psicologica e sociale in questa fase. 5. C’è la necessità di provvedere in modo corretto allo smaltimento dei rifiuti. Come effetto dell’esondazione dei corsi d’acqua e dell’attività delle persone che hanno fatto ritorno nelle proprie case per ripulirle e gettare il materiale andato rovinato, in tutte le aree colpite dalle alluvioni si possono vedere enormi quantità di materiale gettato ovunque, e spesso smaltito in modo improvvisato (come, ad esempio, attraverso roghi abusivi e incontrollati).

La situazione nelle aree visitate dell’arcidiocesi di Sarajevo
TOPCIC POLJE
Piccolo villaggio a nord della municipalità di Zenica, è sicuramente uno dei posti in cui la situazione resta più complessa, nonostante la dimensione ridotta dell’abitato. Centinaia di persone sono state colpite da tre gigantesche frane che si sono riversate sulle case dalle colline circostanti circa due settimane fa. Quindici giorni non sono serviti a migliorare la situazione: le autorità non sembrano essersi prese cura della situazione nel paese e gli abitanti sono lasciati in gran parte a loro stessi. Oggi pochissimi edifici risultano agibili, e anche questi solo in parte (ai piani superiori, quando questi sono riusciti a
salvarsi dagli smottamenti). Il fango ha sommerso ogni cosa: case, auto, frutteti, strade. I lavori per liberare le abitazioni procedono con estrema lentezza, a causa della scarsità di mezzi (soprattutto pesanti) richiesti per il lavoro. La gran parte degli abitanti è stata sfollata ed è stata obbligata a trasferirsi in centri di accoglienza allestiti a Zenica, oppure a casa di parenti e amici. Sul posto, qualche decina di persone (principalmente gli uomini, insieme ai volontari e all’esercito di Bosnia Erzegovina) sono attualmente al lavoro in condizioni di estremo bisogno, mancando loro sia l’acqua potabile che l’elettricità (solo in una parte del paese è stata ripristinata l’energia). L’intervento di pulizia è, quindi, principalmente svolto dagli abitanti del paese, armati di pale e carriole. Nonostante in questo momento non siano ancora state riportate situazioni di emergenze sanitarie, il fatto che un numero considerevole di abitanti non sia nelle condizioni di pulire in modo efficace la propria casa e non sappia quali precauzioni prendere fa temere che nel prossimo futuro si possano verificare anche casi di problemi sanitari. Inoltre esiste la possibilità concreta di nuove frane, per cui molte case saranno dichiarate non agibili quando si riuscirà a fare una stima definitiva della loro sicurezza. Ai proprietari non sarà quindi consentito di ritornare nella propria casa, e si porrà quindi urgentemente il problema di una loro nuova sistemazione (tutte questioni alle quali, per ora, il governo bosniaco non ha saputo dare risposta). I bisogni più evidenti, che si riscontrano dopo le visite sul campo, riguardano la scarsità di mezzi pesanti (camion, ruspe, etc.) per ripulire dal fango e dai detriti e di strumenti e detergenti per la pulizia e disinfezione adeguata delle abitazioni. Grandi punti interrogativi rimangono sulla sicurezza delle strutture e del terreno. [slideshow_deploy id=’1817′]
VIDEO 1. Il paese di Topcic Polje 15 giorni dopo le alluvioni e le frane
VIDEO 2. La testimonianza di una persona colpita dalle frane a Topcic Polje (sottotitoli in italiano nel riquadro in basso a destra)
ZAVIDOVIĆI
Zavidovići è stata colpita duramente dalle alluvioni nel corso delle scorse settimane e dall’esondazione del fiume Bosna. Caritas Bosnia Erzegovina ha individuato a Zavidovići, tra le situazioni più critiche e degne di particolare considerazione, quella della locale associazione di Rom. Secondo il responsabile dell’associazione Rom locale, a Zavidovići sono stati sfollati fin dall’inizio dell’emergenza circa 700 Rom, provenienti da tre villaggi dei dintorni, che sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni a causa del rischio di frane. Ora l’emergenza è rientrata, e gran parte delle persone Rom che erano state ospitate a Zavidovići sono potute rientrare nelle loro case, a eccezione di una famiglia di 11 membri. C’è però la convinzione che alcune persone che hanno fatto ritorno nelle
proprie abitazioni dovranno in realtà abbandonarle già nel prossimo futuro, per il rischio concreto di nuove frane. Durante i giorni più critici dell’emergenza, però, esse sono state vittime di gravi episodi di discriminazione: spesso a loro sono stati negati aiuti umanitari o pacchi contenenti cibo/medicinali, circostanza che la comunità ha portato a conoscenza dei nostri operatori. Queste persone restano dunque in una situazione di estremo bisogno. Caritas Bosnia Erzegovina ha distribuito aiuti (cibo e prodotti per l’igiene) a 140 persone.

MAGLAJ
La città di Maglaj è stata la prima ad essere invasa dalla piena del fiume Bosna, che in poche ore ha allagato l’intero abitato con oltre 2 metri di acqua. Maglaj è stata anche la prima città da cui l’acqua si è ritirata, per cui i primi interventi sono già in atto da qualche giorno. Molte strade sono state ripulite dal fango, alcune abitazioni hanno già ricevuto l’acqua (che comunque non è potabile) e l’elettricità. Non si rilevano problemi per quanto riguarda la situazione sanitaria, non essendoci stato nessun caso d’infezioni né di malattie epidemiche secondo il primario di epidemiologia dell’ospedale locale. Rimane però molto grave la situazione delle abitazioni, totalmente distrutte nei piani bassi dall’acqua e dal fango. C’è necessità di disinfettare tutto, di risanare pareti e pavimenti, di ri-arredare completamente le stanze andate perdute. Un altro problema che potrebbe diventare serio nel medio-lungo termine è quello dei rifiuti, in un duplice senso: prima di tutto, ci sono delle enormi masse di rifiuti (più resti organici e fanghiglia) che sono stati accumulati dai cittadini mentre pulivano le loro proprietà, e che ora giacciono in strada o all’entrata del paese. In secondo luogo, ci sono ingenti quantità di spazzatura, rami e alberi che, trasportate dall’acqua della piena, sono state sparse su tutta la superficie della municipalità.

VIDEO. La testimonianza di una persona colpita dall’alluvione a Maglaj (sottotitoli in italiano nel riquadro in basso a destra)
DOBOJ
La città di Doboj in molti punti è finita sotto oltre 3 metri di acqua, per cui moltissime sono gli edifici in cui sono evidenti i segni dell’alluvione fin al secondo piano. L’acqua si è ritirata nei giorni scorsi e le strade principali sono state liberate in gran parte anche dal fango. Non è però ancora stato ripristinato il sistema idrico di acqua potabile. Il problema che emerge lampante è il danno subito dalla maggior parte delle attività commerciali, che si trovavano al pian terreno degli edifici e che sono
state completamente invase dall’acqua del fiume Bosna. Si stima che circa 5.000 attività commerciali siano andate distrutte nell’alluvione. Poche tra loro ricominciano a ripulire interni e scaffali che non sono stati distrutti dall’acqua e dal fango ma la sensazione, percorrendo le vie della città, è di un luogo fatiscente, quasi spettrale. Risulta difficile riuscire immaginare i tempi e i modi di una possibile ripresa in quanto, prima di tutto, c’è la necessità di pulire e sanificare le case e le strutture commerciali e, in secondo luogo, di riattivare i servizi base (come l’acquedotto per la fornitura di acqua potabile) e di ri-arredare abitazioni e attività commerciali.
VIDEO. Le attività commerciali del centro di Doboj distrutte dall’alluvione
DOMALJEVAC
La situazione nel comune di Domaljevac (nord-est della Bosnia Erzegovina), a più due settimane dall’alluvione, rimane ancora drammatica. Il 95% del territorio comunale è stato allagato dall’esondazione del fiume Bosna in soli 30 minuti e tutt’ora una buona parte del paese sommerso dall’acqua: si stimano almeno altri 4-5 giorni perché il livello dell’acqua scenda completamente (ciò significa che molte abitazioni e strutture saranno rimaste sott’acqua per quasi un mese). Ben 1.100 gli edifici sono stati colpiti dall’alluvione. L’amministrazione comunale si è attivata e organizzata fin dall’inizio dell’emergenza per fornire aiuto alla popolazione: alcune stanze della sede del comune sono state attrezzate per ospitare medici e infermieri dell’ASL locale (la cui sede è ancora sott’acqua), che forniscono assistenza medica e sanitaria. Il centro commerciale del paese è stato messo a disposizione dal proprietario per adibirlo a magazzino (dove vengono confezionati pacchi con beni di prima necessità), a mensa per
fornire pasti caldi ogni giorno, e a centro di accoglienza per 23 anziani (infermi o semi-infermi). Nonostante i ripetuti inviti a lasciare le case invase dall’acqua, diversi cittadini non hanno voluto lasciare le loro case, continuando a viverci nei piani più alti: il comune si è così attivato per fornire loro assistenza e pasti ogni giorno. Nel frattempo, in questi giorni, è iniziata un’opera di disinfestazione aerea nelle zone ancora sommerse, poiché all’acqua del fiume si sono mescolati i reflui del sistema fognario, carcasse di animali e rifiuti. I problemi più evidenti riguardano diversi aspetti della vita del paese:
- L’accessibilità delle abitazioni e delle strutture che sono rimasti sott’acqua per diverse settimane e, di conseguenza, la loro pulizia, disinfezione e risanazione (si stima che la sede dell’ASL locale “Dom Zdravlja” non potrà essere rimessa in funzione prima di un anno).
- Grandi preoccupazioni dell’amministrazione comunale e dei medici riguardano le modalità con cui i cittadini inizieranno a pulire e sanare le loro case, una volta che l’acqua sarà scesa: c’è un urgente bisogno di avere sia gli strumenti adeguati (deumidificatori, asciugatori…) sia di informare i cittadini sulle precauzioni e sulle prassi da utilizzare in questa fase, per evitare di esporsi a rischi di contaminazioni e infezioni.
- Accanto a questo, in tutta la regione della Posavina (in cui rientra anche il territorio del comune di Domaljevac), l’alluvione ha provocato ingenti danni al settore dell’agricoltura e dell’allevamento, distruggendo e contaminando intere coltivazioni e aziende agricole: è necessario capire se e come i terreni sono stati contaminati e come intervenire per supportare la ripresa di questo settore.
Grandi perplessità, quindi, rimangono sul numero di edifici e di terreni che potranno essere risanati e riabilitati dopo l’alluvione e, quindi, le difficoltà e i tempi di ripresa potrebbero aumentare in modo esponenziale. Da segnalare che, nel territorio del comune, sono attivi diversi contingenti esteri di protezione civile e vigili del fuoco (principalmente da Austria, Germania e Polonia) impegnati con idrovore per assorbire l’acqua. [slideshow_deploy id=’1825′]
VIDEO. Il paese di Domaljevac ancora allagato 15 giorni dopo le alluvioni
PRUD
La municipalità di Prud è stata completamente inondata nei giorni scorsi e la comunità locale (250 famiglie, per un totale di circa 600 persone) è stata interamente costretta ad abbandonare le proprie case. La parrocchia locale si è presa cura degli abitanti aprendo un centro di raccolta di aiuti a Novo Selo, un piccolo paesino a una decina di chilometri da Prud. In questo momento l’acqua ha abbandonato le case e si è quindi dato inizio alle operazioni di pulizia e di restauro delle abitazioni. Per questo motivo, lo stesso parroco locale ha sottolineato agli operatori Caritas giunti in loco la necessità di provvedere, più che all’invio di ulteriori aiuti umanitari “di prima necessità”, a spedire dei materiali che possano servire a rimettere in funzione gli spazi che sono stati sommersi dall’acqua.
BOSANSKIŠAMAC
Dopo più di due settimane, l’acqua si è ritirata ma il paese rimane invaso dal fango e dai rifiuti depositatisi dopo l’alluvione. Le persone hanno iniziato a ripulire le loro abitazioni, ammassando i rifiuti ai bordi delle strade. Percorrendo alcune vie della città emergono chiaramente i danni provocati dall’alluvione: abitazioni invase dall’acqua fino al primo piano, attività commerciali e produttive seriamente compromesse (salta all’occhio una stamperia e grafica i cui macchinari sono completamente stati distrutti dalla forza dall’acqua). Anche a Bosanski Šamac, come nella gran parte delle città e dei paesi colpiti dall’alluvione, è necessario pulire e risanare le abitazioni, ri- arredarle e cercare di ripristinare le attività commerciali. Inoltre c’è bisogno di un’analisi dell’acqua e dei terreni.

VIDEO. La città di Bosanski Šamac 15 giorni dopo le alluvioni
La situazione nelle aree visitate della diocesi di Banja Luka
La situazione nella diocesi di Banja Luka attualmente è meno critica rispetto ad altre zone del paese che si trovano nell’arcidiocesi di Sarajevo. La città di Banja Luka non è stata colpita dalle alluvioni, anche se comunque molti paesi e zone rurali circostanti sono state completamente allagate: ciò ha comportato la distruzione di ponti e strade, e reso le case interessate inagibili. Sono 4 le parrocchie più colpite nell’area cittadina di Banja Luka: Trn, Budžak, Marija Zvijedza – Trapisti, e alcune zone periferiche della parrocchia del centro città. L’acqua si è ritirata e sono ricominciati i lavori di sistemazione. Difficile per ora quantificare i danni, non essendo disponibili dei dati ufficiali forniti dalle istituzioni pubbliche locali che descrivano l’attuale stato delle cose, mentre alcuni portali riportano queste segue (riguardo Banja Luka e dintorni): 5.400 persone colpite, 200 evacuate, 2.000 edifici danneggiati, 20 edifici distrutti. La sensazione che si ha visitando i luoghi colpiti, confermata dalle parole della gente, è che dopo un primissimo interessamento la popolazione sia abbandonata a se stessa: alla domanda „che tipo di supporto state ricevendo?“, le persone dicono che dopo i primi tre giorni non si è più visto nessuno, mentre ad esempio anche i servizi generalmente previsti per anziani e ammalati sono sospesi (alcuni hanno dovuto sospendere le terapie mediche). Nonostante l’acqua si sia ritirata, lo scenario che si vede girando per questi luoghi è abbastanza desolante: le case sono tutte vuote, la gente dorme per terra o in giardino (chi ha una tenda), il mobilio è costituito da pochi oggetti salvati, i pavimenti mancano, l’umidità e l’odore in casa sono forti e pericolosi. La maggior parte delle case in quest’area è costituita da un solo piano, il che significa che le persone hanno spesso perso praticamente tutto ciò che avevano. Mogli e figli sono sistemati solitamente da parenti e amici che abitano in zone non colpite, mentre i mariti sono rimasti per cercare di ripulire). Le necessità sono simili alle altre zone del paese: bisogna ripulire, risanare, ricostruire. Cioè permettere alle persone di fare ritorno alle proprie case, visto che attualmente nessuno è ancora in grado di farlo. Anche altre zone della diocesi di Banja Luka sono state colpite e si trovano ad affrontare problematiche simili: in particolare le parrocchie di Prijedor, Sanski Most e Kotor Varoš rientrano tra queste. [slideshow_deploy id=’1827′]
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