“Un momento in cui sentiamo che la fede nel Signore è messa alla prova, e allo stesso tempo ci risulta buona e necessaria. Nel distacco così improvviso e crudo da don Davide abbiamo bisogno di un supplemento di fede semplice e tenace”: così il vescovo Michele Tomasi ha definito il momento che si stava vivendo lunedì mattina, in cattedrale a Treviso, durante il funerale di don Davide Schiavon, il direttore della Caritas diocesana mancato improvvisamente il 1° novembre.
Alla base del presbiterio la bara di legno chiaro, sulla quale sono stati adagiati l’evangeliario e la stola bianca.
Il vescovo Michele Tomasi ha presieduto la celebrazione; con lui i vescovi originari di Treviso, Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto, e Giuliano Brugnotto, vescovo di Vicenza. E all’inizio della messa, salutando tutti i presenti, e in particolare la mamma e il fratello con la sua famiglia, c’è stato il ricordo di mons. Tomasi per il vescovo emerito, Paolo Magnani, morto domenica 5 novembre.
Almeno 1.200 persone hanno affollato la cattedrale, molte già dalle 10, per un momento di preghiera prima del funerale. Oltre 200 i sacerdoti concelebranti, diocesani e da altre diocesi del Triveneto e non solo. Numerose le autorità civili: dai sindaci di Treviso, Mario Conte, di San Donà di Piave, Alberto Teso, di Trevignano, Franco Bonesso, al presidente del Consiglio comunale di Treviso, Antonio Dotto, e poi assessori e consiglieri del Comune di Treviso, di Piombino Dese, la presidente della Conferenza dei sindaci e sindaco di Ponte di Piave, Paola Roma, il presidente della Provincia, Stefano Marcon, il prefetto Angelo Sidoti, il direttore generale dell’Ulss, Francesco Benazzi.
E poi la sua famiglia di Caritas e le tante persone che hanno avuto il dono di conoscere don Davide e di lavorare con lui, direttori e referenti di Caritas del Triveneto e d’Italia, delle Chiese sorelle in Mali, Serbia, e altri Paesi dove molte iniziative, progetti di collaborazione e scambio sono nati, resi forti dall’amicizia che ha legato le persone.
“Nessuno che lo abbia conosciuto ed incontrato potrà mai dimenticare il tratto della sua persona, la sua delicatezza e forza allo stesso tempo, la sua capacità apparentemente lieve, ma coraggiosa, di spendersi senza risparmio e senza calcolo per sé. Troppo, pareva a volte: ma era così, e cambiarlo sarebbe stato come cambiare il suo respiro, o la qualità della sua fede – ha detto il Vescovo, ricordando la figura di don Davide nell’omelia -. Lo sanno i suoi famigliari, da cui egli ha appreso questa fede e questo stile di vita. Lo sanno quelli che in vario modo hanno collaborato con lui, nelle parrocchie dove ha svolto il suo servizio e alla Caritas tarvisina. Lo sanno i tanti che da lui hanno imparato a vivere il Vangelo. E proprio tanti «fatti concreti di Vangelo», resi possibili nella nostra Chiesa di Treviso – ha sottolineato mons. Tomasi -, portano il segno della sua persona, della sua lucida ed intelligente passione, del suo dono di vita”.
E’ così che il Vescovo ha sottolineato come risuoni subito “chiara e limpida la voce del Figlio dell’uomo che dice a lui, assieme a tanti giusti: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 34-36). Io credo che così sia stato accolto don Davide da Gesù, dall’altra parte del suo rapido passaggio di vita in vita.
Il Vescovo ha poi voluto riportare un lungo passaggio di una riflessione di don Davide sull’incontro di Tommaso con il Risorto: “Essere vivi domani non è un diritto, è un miracolo. Rivedere il sole e i volti cari al mattino, non è né ovvio né dovuto, è un regalo. È importante allora che viviamo lo stupore per una Vita che sempre ci precede e ci supera. Tommaso ha fatto esperienza della sua fragilità a partire dalla debolezza del Crocifisso. Lo ha fatto però lasciandosi prendere per mano dal Risorto che gli ha aperto un’altra prospettiva. Il Risorto aiuta Tommaso e ciascuno di noi a cambiare sguardo, da una visione segnata dalla morte e dalla sofferenza ad una prospettiva illuminata dalla vita e dall’amore. La verità di una vita fragile, ma amata, traccia il sentiero di una libertà che non conosce e non conoscerà più confini. L’amore vero rende liberi (..). Amarci per quello che siamo e accogliere l’altro nella sua verità è uscire definitivamente dal terreno paludoso delle ambiguità e dei compromessi. Ciò ci rende profondamente liberi. La libertà non è fare quello che si vuole, ma è vivere quello che si è. Siamo chiamati a scoprire la nostra verità. Siamo creature fragili e ferite, eppure dinanzi a Dio abbiamo la dignità di un prodigio. Il nostro volto, la nostra storia è unica e ognuno ha qualcosa di meraviglioso da lasciare in eredità agli altri”.
“Per questo tuo sguardo, per il dono grande che sei stato, per tutta la tua vita: grazie, don Davide” le parole conclusive del Vescovo.
Prima della partenza del corteo per San Donà di Piave, dove don Davide è stato sepolto, la bara che esce dal duomo passando in mezzo a tutti i sacerdoti concelebranti, accompagnata da un lungo applauso e dal suono dei bonghi africani di alcuni migranti che in questi anni hanno trovato una porta aperta grazie a don Davide. Sul sagrato anche le silenziose preghiere di alcuni musulmani recitate davanti al feretro.
(Articolo: La Vita del Popolo; foto: FotoFilm Treviso)