Appello Caritas alla solidarietà e alla preghiera
Le notizie delle violenze nel nord dell’Iraq, in un Medio Oriente in fiamme, si susseguono senza sosta, e danno una tragica concretezza alle recenti parole di Papa Francesco: «Noi dobbiamo fermarci e pensare un po’ al livello di crudeltà al quale siamo arrivati. Ma questo ci deve spaventare!». La stessa Caritas Iraq per la prima volta negli ultimi anni è stata costretta a chiudere tre suoi uffici nelle località di Qaraqosh, Bartilla e Alqosh e trasferire il suo staff a Erbil, il capoluogo della regione del Kurdistan, nel Nord dell’Iraq, e nelle località di Zakho e Dohuk, vicine al confine con la Turchia e la Siria, e ad Ainkawa.
Ormai si contano a
centinaia di migliaia gli sfollati, in gran parte cristiani e Yazidi. In particolare a Zakho si concentra l
’assistenza di Caritas Iraq alla minoranza religiosa degli Yazidi, molti dei quali sono sopravvissuti dopo essersi rifugiati sul monte Sinjar, in pieno deserto e con temperature altissime. La fuga di molte famiglie è stata così rapida che hanno portato con sé solo quello che avevano addosso; ora, come ci informa Caritas Iraq, i loro sguardi sono senza speranza, frustrati dal timore che il mondo non riesca a mettere fine a queste continue tragedie umane, una violenza “che vuole trasformare il mondo in una giungla”. La fuga verso il Kurdistan è comunque difficile e richiede attese anche di 8 ore ai posti di controllo, a causa dell’affollarsi delle persone. Una volta al sicuro, molte famiglie sono accolte e assistite dalla popolazione locale, ma molte sono costrette a dormire nei parchi pubblici, nelle chiese, che già erano abituate ad accogliere i rifugiati che provenivano dalla Siria, o in case in costruzione. L’assistenza non può che essere precaria, soprattutto dal punto di vista igienico, e a tutto ciò si unisce il timore di non sapere se mai potranno ritornare nei loro villaggi di origine.
Caritas Iraq ha scelto di concentrare la maggior parte delle sue attività nei villaggi vicini a Duhok, (Sarsank,Ineshky, Amadiya…) e a Zahko (Fishkhabour, Persephy, Derabon…). Sono zone non raggiunte da altre Organizzazioni straniere, ma ben note alla Caritas, che meglio conosce il territorio. Sono 5.000 le famiglie assistite con viveri, medicinali, rifugi provvisori, ma il loro numero è in costante crescita. L’impegno finanziario è notevole, supera il milione di euro e il contributo della rete Caritas continua a ad essere essenziale.
Nei giorni scorsi il
Cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha espresso laquo;piena disponibilità ad accogliere i perseguitati (…) Le diocesi italiane sono da sempre notoriamente disponibili verso gli immigrati: lo sforzo diventerà ancora più urgente e doveroso verso i tantissimi fratelli brutalmente perseguitati a causa della loro fede». Il 15 agosto la stessa CEI ha promosso una giornata di preghiera per i cristiani perseguitati. Radio Vaticana ha intervistato
don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, proprio sul tema della crisi irachena e l’appello dei vescovi italiani (
ascolta), mentre Caritas Italiana è già in coordinamento per progetti di emergenza con:
– Caritas Iraq, in costante contatto nei luoghi di accoglienza per assistere fino a 300.000 famiglie sfollate, circa 1 milione e mezzo di persone.
– Caritas Libano, che ha iniziato ad accogliere il fiume di famiglie cristiane irachene che stanno scappando da Mosul e raggiungono familiari e amici che vivono nel paese, e che si aggiungono ai già tantissimi profughi siriani presenti.
– Caritas Turchia, con molte famiglie che stanno raggiungendo il territorio turco per ricongiungersi con familiari e amici che già vivono in Turchia. La politica di accoglienza delle autorità turche e la relativa sicurezza del paese stanno favorendo l’ingresso di un numero sempre maggiore di rifugiati. Turchia sta assistendo queste famiglie sia al confine con l’Iraq che ad Istanbul.