Myanmar: dramma nel dramma - CARITAS TREVISO

Myanmar: dramma nel dramma

 

La Caritas, corsa contro il tempo, in arrivo la stagione dei monsoni

 

Il Myanmar è alle prese con una crisi multidimensionale e il devastante terremoto che l’ha colpita venerdì 28 marzo è solo l’ultima sciagura. Mentre la gente sta scavando tra le macerie a mani nude per cercare sopravvissuti, il regime militare continua a bombardare i ribelli. Una emergenza nell’emergenza per un Paese da anni piegato dalla guerra civile.

“E’ difficile fare previsioni puntuali per la ricostruzione per la complessità del Paese” – ci spiega Giuseppe Pedron, trevigiano, responsabile dei progetti in Asia per Caritas Italiana – “dove saranno necessari non meno di cinque anni”.

“Un terremoto di questa portata crea danni infrastrutturali di lunga durata. Pensiamo alle strade, agli ospedali, alle scuole o ancora a tutte le attività lavorative”. Per questo “l’emergenza non finisce tutto in pochi giorni ma sarà necessario un accompagnamento del Paese di lungo periodo”, afferma Pedron.

Il terremoto ha avuto un forte impatto nelle principali città, tra cui Yangon, Mandalay, Naypyidaw, Sagaing, Aungpan, Bago, Kalay, Magway, Kyaukse, Muse e Yinmapin e alcune parti di Shan East e Taunggyi. Di conseguenza, ci sono stati danni significativi ai servizi pubblici e alle infrastrutture come scuole, ospedali, banche, alberghi, aeroporti, edifici residenziali, ponti, strade ad alta percorrenza, luoghi di culto, nonché la fornitura di elettricità e le telecomunicazioni, interrotte in molte regioni del Paese.

“Negli stessi territori di Mandalay, Bago, Sagaing, nel Myanmar centrale, l’anno scorso c’è stata un’alluvione importante. Il contesto quindi è molto complesso.”

Alla domanda su come si stia muovendo Caritas Italiana per aiutare la popolazione, Pedron ci spiega che “Caritas Italiana si sta coordinando con la rete delle altre Caritas per preparare la risposta umanitaria sulla base delle richieste di Caritas Myanmar.”

“Un team di operatori di Caritas Myanmar è già giunto nelle aree più colpite dal sisma – anche se le condizioni sul terreno sono molto molto complicate per le strade, le reti telefoniche, gli aeroporti interrotti – per la raccolta dei bisogni primari.”

“Il primo bisogno è sicuramente quello di salvare vite anche se la speranza si affievolisce di ora in ora,” ci spiega l’operatore Caritas, “e del quale stanno dando delle risposte operative la protezione civile locale e le organizzazioni del settore. Il secondo bisogno è quello del cibo e di acqua. Il terzo quello sanitario: sono molti gli ospedali al collasso sia per l’alto numero di feriti ma anche per le distruzioni seguite al fortissimo terremoto”.

Pedron sottolinea come “i soccorritori siano spesso anche vittime, essendo persone del luogo che hanno familiari o parenti feriti, case danneggiate… Stanno arrivando dei team dall’estero.

In questo contesto emergenziale “Caritas deve cercare di dare un tetto a queste persone in quanto molte persone dormono in strada e quindi bisogna cercare dove riproteggere queste persone. Serviranno dei ripari semipermanenti che possano fare fronte anche alla prossima stagione dei monsoni.”

“Uno degli aspetti operativi pratici è legato alla rimozione dei detriti che occupano buona parte del terreno calpestabile e all’allocamento degli stessi per cercare di ricostruire condizioni di vita nelle città. I mezzi pesanti per eseguire la rimozione delle macerie in Myanmar non ci sono a sufficienza…”

Prosegue Pedron raccontando come “la Caritas si è attivata con questo team a cui stanno arrivando in assistenza dei colleghi stranieri per aiutare in questa fase iniziale.”

Con Caritas Internationalis l’orientamento è di far seguire ad un primo intervento iniziale (primi 3 mesi) con cibo, risposta sanitaria e abitativa, un intervento di più lungo periodo cercando di ricollocare le persone che sono rimaste senza casa, riparare le case danneggiate, provare a mettere insieme l’aspetto educativo, la sanità e la vita sociale. Sottolinea “come molti bambini anche per effetto di questa catastrofe sono diventati orfani o senza di uno dei due genitori, ci si deve prendere cura inevitabilmente del lutto e del dramma piscologico. E poi il ripristino delle condizioni di normalità e dei mezzi di sussistenza.”

L’operatività dipenderà molto da quanto e come il governo militare faciliterà l’ingresso di operatori internazionali. La giunta militare birmana continua a colpire i ribelli nonostante il terremoto. Dramma nel dramma che ha spinto la comunità internazionale a chiedere un immediato cessate il fuoco che permetterebbe di ridurre le sofferenze della popolazione e garantirebbe una maggiore sicurezza agli operatori umanitari. “Sarebbe fondamentale”, ci dice l’operatore Caritas, “per interrompere da un lato una delle fonti della sofferenza del popolo birmano, visto che c’è già il terremoto, e dall’altro per garantire la sicurezza delle persone sul terreno e la sicurezza degli operatori umanitari che dovranno permanere per tanto tempo.”

“Quanto ai traumi delle persone”, Beppe Pedron, con una lunga esperienza in situazioni di crisi in Asia, spiega che quella birmana è “una popolazione resiliente, vivendo da tempo in condizioni di difficoltà di vario tipo. La Birmania – nome con cui fino al 1989 veniva chiamato il Paese – ha avuto una dittatura militare di decenni, difficoltà economiche, diseguaglianze sociali che si sono intrecciate con la pluralità di gruppi etnici che subiscono discriminazioni e violazioni dei diritti in varie forme. Per queste ragioni è una popolazione resiliente anche ai disastri naturali. Questo non significa che la distruzione causata dal sisma non sia impattante! L’approccio che come organizzazioni umanitarie siamo chiamate a considerare è quello psico-sociale che necessariamente deve tener conto delle risorse comunitarie per la risoluzione dei problemi. Hanno una modalità di risposta agli eventi traumatici basata sul senso di comunità e sulla famiglia. Non dobbiamo automaticamente pensare alla stessa situazione di disagio che ci aspetteremmo nel nostro mondo occidentale. Quindi l’importante sarà, per tutti coloro che vorranno aiutare questa gente, non arrivare con le proprie etichette pensando di risolvere chissà che cosa ma stare al fianco delle popolazioni e lavorare in stretta collaborazione con i partner locali”.

Prima del sisma Caritas Myanmar (presente da molto tempo, nonostante la chiesa cattolica sia una minoranza, ndr) stava portando avanti “interventi comunitari, in campo sanitario, promozione della donna, educazione. Negli ultimi anni, dopo il colpo di stato del 2021, gli interventi si sono orientati sul supporto umanitario alle persone sfollate e vittime della guerra. Cibo, sostegno alla riparazione delle abitazioni, supporto all’ingresso nel mondo del lavoro, supporto alla rilocazione.”

L’emergenza sarà lunga e durerà per anni, mentre l’attenzione mediatica si è già ridotta. Lo vediamo da come già nei nostri giornali lo spazio dato al terremoto si stia via via contraendo.”

Per aiutare le persone colpite non vengono quindi raccolti viveri, medicinali o indumenti, ma contributi economici per poter sostenere le varie fasi di intervento in loco contribuendo al contempo al sostentamento delle economie locali.

Donazioni

Chi volesse contribuire a tale emergenza può versare donazioni attraverso bonifico bancario tramite:
Iban: IT55 H 08399 12000 000000318111
intestato a Fondazione Caritas Treviso ente filantropico
Causale: Emergenza Myanmar

E’ possibile fare le donazioni anche con la carta di credito: DONA ORA

Il tuo supporto può sostenere:

  • Kit settimanale alimentare e acqua potabile per una famiglia: 15 euro
  • Kit mensile igene e salute: 30 euro
  • Kit primo soccorso: 50 euro
  • Kit tenda: 100 euro
  • Kit mensile sostegno economico: 150 euro

Altri aggiornamenti sull’emergenza

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Enrico Vendrame, 3 aprile 2025

Foto KMSS – Caritas del Myanmar


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