E’ piena estate, ma le difficoltà e i bisogni di famiglie e imprese non vanno in ferie. E anche gli sportelli delle nostre Caritas sul territorio raccolgono sempre più richieste di sostegno, di aiuto più o meno temporaneo, in presenza di difficoltà lavorative o, comunque, di un reddito insufficiente alle esigenze famigliari e all’aumentato costo dei beni di prima necessità. Una “modifica” nelle domande di aiuto è arrivata in questi ultimi mesi anche agli sportelli dell’iniziativa diocesana “Sta a noi – Per un patto di comunità”, il fondo di solidarietà nato da un’intuizione del vescovo Michele, per un utilizzo opportuno e il più possibile strategico delle risorse a disposizione per le famiglie e le imprese colpite dalla mancanza di lavoro a causa della pandemia. E questo non solo per destinare gli aiuti volti a contrastare l’emergenza economica, ma soprattutto per stimolare le comunità cristiane a farsi prossime di tante situazioni, ad attivare le antenne per venire incontro alle persone in difficoltà, ad accogliere, nella discrezione e nella fraternità, ad accompagnare, a riattivare relazioni e legami messi in crisi da questo periodo difficile. Un progetto che, fin dalla primavera del 2021, ha coinvolto, insieme alla Caritas tarvisina, istituzioni, associazioni di categoria, enti pubblici e parrocchie, e poi un grande numero di “famiglie sentinella” e “operatori fiduciari” che prestano il loro servizio prezioso nel territorio e che hanno animato i cinque sportelli dedicati.
La dotazione iniziale del Fondo è stata di 550.000 euro, dalla disponibilità diocesana dell’8 per mille, ma l’obiettivo era l’incremento del Fondo con donazioni sia di enti che di singole persone. Attualmente la disponibilità del fondo ammonta a 238.559 euro. Nel 2021 sono state 190 le donazioni ricevute per un totale di 144.107 euro; nel 2022 sono stati versati 7.700 € arrivati da 21 donazioni. A queste si aggiunge un contributo dal Comune di Treviso di 100 mila euro per le famiglie in difficoltà del proprio territorio di competenza.
Ma rispetto alla crisi acuta del 2021, come sono andate le richieste e le risposte in questa prima metà del 2022? Finora sono stati 85 gli ascolti attivati (257 nei sei mesi del 2021), con una risposta positiva per 74 richieste, mentre le altre o sono in valutazione o non rientravano nella tipologia prevista. Il 76 per cento – in aumento rispetto all’anno scorso – sono italiani, il 24 per cento cittadini stranieri. A soffrire di più quest’anno sono state le persone singole (celibi o nubili, separati, divorziati, vedovi), che sono il 58 per cento di chi si avvicina allo sportello, mentre nel 2021 erano il 47%, rispetto al 53% dei coniugati. E le persone sole senza figli sono passate dal 16 al 26 per cento. Il 60 per cento di chi si rivolge agli sportelli “Sta a noi”, inoltre, ha figli a carico. “Emerge un significativo aumento delle persone sole senza figli over 50, di nazionalità italiana, sia uomini che donne, disoccupati, lavoratori atipici o autonomi – spiegano i referenti del progetto -. E poi ci sono persone di più di 60 anni, con scarsa rete familiare e sociale su cui contare. Le persone sole con figli sono soprattutto donne italiane tra i 30 e i 50 anni, con un lavoro ma il cui reddito non è sufficiente a sostenere le spese familiari”. Ed è soprattutto alle spese per la casa che fanno riferimento le richieste (utenze, affitto, mutuo, spese condominiali). Ci sono poi i contributi per le spese per i mezzi di trasporto, mentre sono diminuite le richieste per viveri, spese scolastiche e sanitarie.
E’ importante segnalare che la maggior parte delle persone singole o delle famiglie hanno superato in qualche modo il periodo di emergenza, dopo il sostegno ricevuto, mentre una minima parte è tornata ad accedere al fondo, in particolare perché disoccupata o con lavori precari.
“Le nuove richieste presentano una connessione con la pandemia in maniera meno diretta rispetto all’emergenza segnata dal lockdown – sottolineano i responsabili diocesani di «Sta a noi» -. Si evidenziano spese pregresse conseguenti alla difficoltà di ristabilire l’equilibrio e la gestione economica familiare, di ricollocamento lavorativo di chi ha perso il lavoro, di recupero della dimensione sociale e relazionale: si tratta di fragilità di famiglie che non si sono ancora risollevate dalla difficoltà. Altri elementi evidenziano una precarietà precedente alla pandemia e che la crisi economica correlata ha aggravato. Sono situazioni che arrivano al fondo spesso perché non trovano sufficiente risposta nel sistema di welfare istituzionale e caritativo. E questo ci invita a riflettere su uno spaccato di bisogno che continua a non trovare risposta e che rischia di trasformarsi in cronicità”.
“C’è da chiedersi – è la riflessione di don Davide Schiavon, direttore della Caritas Tarvisina – quali conseguenze lasci la pandemia sull’equilibrio economico familiare, ma soprattutto sulla salute psicologica, relazionale e anche fisica dei componenti delle famiglie, in particolare nei soggetti più fragili. Superata la fase di emergenza, potremmo chiederci come l’aiuto economico possa rispondere alla necessità attuale di cura delle relazioni intra-famigliari (in particolare nelle crisi delle relazioni di coppia), della dimensione sociale ed educativa dei bambini, della salute. A nostro avviso è necessario riprendere i legami della comunità e consolidare la rete, per intercettare il bisogno più nascosto, grazie alle «sentinelle», alla Caritas, alle parrocchie, ai Servizi sociali pubblici, ma anche aprendo la rete ad altri soggetti”.
Insomma, si tratta forse di stringere un vero e proprio patto nelle comunità, fatto di responsabilità condivisa e dell’impegno di ciascuno, per costruire un bene comune che non lascia indietro nessuno.
Alessandra Cecchin per La vita del popolo del 31 luglio 2022