Siamo i cinque giovani che, presso la Caritas Diocesana, quest’anno hanno dedicato il loro tempo nell’esperienza dell’Anno di Volontariato Sociale, proposta che offre ai giovani dai 18 ai 25 anni, la possibilità di spendersi e mettersi in gioco per un anno intero nel servizio ai poveri ed emarginati del nostro territorio.
La Caritas ci ha offerto durante tutto quest’anno, che ormai si avvicina alla conclusione, una vera e propria palestra, nella quale sviluppare e poi tenere allenati i nostri cuori e la loro capacità di allargarsi e donarsi al prossimo, anche attraverso delle esperienze particolari di servizio, vissute quest’estate.
Quest’estate, ognuno di noi è stato indirizzato verso alcune proposte di campo-lavoro offerte da associazioni come il Gruppone Missionario, l’Azione Cattolica, il Sermig, Libera, che, insieme alla Caritas, rappresentano un faro di speranza e bellezza per il nostro paese e per il mondo, nel quale troppo spesso sembra non ci siano motivi per gioire.
“A fine luglio ho trascorso una settimana a Campolongo Maggiore (VE) ad un campo di lavoro organizzato da Libera in cui io e altri volontari siamo stati coinvolti in attività di riqualificazione di alcuni beni confiscati alla Mala del Brenta, in particolare nella villa del boss Felice Maniero, e di altri spazi ritenuti comunque importanti e significativi per tutta la collettività. Parte importante del campo era poi dedicata ad attività formative e ad incontri con testimoni impegnati sul fronte della legalità e della giustizia sociale e con le realtà associative del territorio.
Sono davvero contento di questa esperienza perché mi ha permesso di conoscere più a fondo la realtà della mafia, spesso ignorata eppure molto vicina a noi, ma anche di fare nuove amicizie e confrontarmi con persone spinte da motivazioni diverse e provenienti da varie parti di Italia. È stato emozionante poter lasciare un segno importante della nostra presenza sul territorio che possa essere di esempio per gli anni a venire.”
Maria con il 17enni di AC e i Comboniani
“Dal 27 al 2 agosto ho partecipato ad un camposcuola per ragazzi 17enni svoltosi in collaborazione tra Caritas Tarvisina e Azione Cattolica del Vicariato di Noale, presso la casa dei Padri Canossiani a Monfumo. “Un cuore che vede” è stato il tema del nostro campo ed, in particolare, abbiamo incontrato il mondo della disabilità.
Il servizio svolto nelle Cooperative dell’asolano mi ha provocato su più fronti. Innanzitutto ad andare oltre l’apparenza e a prendere consapevolezza del nostro sguardo verso gli altri e, gradualmente, ho avuto modo di constatare, ancora una volta, come la relazione con i ragazzi ospiti dei centri è, al contrario di quanto si pensa, assolutamente normale e spontanea e soprattutto più vera. Tutto questo perchè il confine tra diversamente abile e normodotato si mescola e si finisce per confondere l’ospite con il volontario; tutti noi, infatti, siamo contemporaneamente abili su molte cose e disabili su altrettante. E’ proprio attraverso l’incontro con l’altro che ci si arricchisce, si prende consapevolezza dei propri limiti e si abbatte l’ideale della nostra società moderna che ci pretende tutti sempre perfetti e vincenti.
Dal 18 al 25 agosto, poi, ho partecipato ad un campo di lavoro a Trento presso la Casa della Famiglia Comboniana. Tema del campo era “ Scarti o fratelli? Chiamati a custodire l’umanità”, un campo di lavoro, annuncio e spiritualità che mi ha fatto sognare e progettare una nuova comunità, più umana e più giusta, assieme agli esclusi di questa società, sulle vie della missione.
Per tutta la settimana ho fatto servizio alla Cooperativa “Punto d’Incontro” e nonostante la realtà dei senza tetto non fosse nuova per me, ho aggiunto delle sfumature importanti alla mia esperienza. Anche solo il semplice fatto di trovarmi in un contesto molto più vasto e ben più triste rispetto alla nostra città di Treviso, mi ha permesso di affinare la mia capacità di ascoltare.
E’ stato, per me, fondamentale prendermi questa settimana per rileggere, alla luce del Vangelo la mia esperienza in Caritas, nel tentativo di avvicinare il mio sguardo nei confronti del povero, allo sguardo di Gesù.”
Michael con il Gruppone Missionario
Il Campo di raccolta nella Pedemontana, mi è servito molto per lo stare insieme e la condivisione con persone nuove. Ho potuto conoscere e fare esperienza con persone di diversi paesi come l’Africa e il Brasile; ho passato dieci giorni veramente belli e stimolanti per la mia crescita personale e lo consiglio vivamente a tutti coloro che vogliano fare delle esperienze estive importanti e significative.
Giulia con il Gruppone Missionario
Il Campo, a livello personale, mi ha lasciato come una sorta di impronta, un gesto che mi è rimasto dentro al cuore, riguardo a tutte le persone che si possono aiutare, alle missioni che il Gruppone fa in Africa, Brasile e di come la gente che vive queste esperienze è veramente felice, sia prima di partire che dopo i mesi o gli anni vissuti là. Inoltre, credo proprio mi abbia fatto crescere sia in questo contesto sia nel fatto di mettersi in gioco nella vita, prenderla e afferrarla con i denti se serve, per viverla in pieno. Infatti tutto il campo, con le serate e le giornate ha saputo mettermi in discussione chiedendomi cosa potevo fare per me stessa e per gli altri. Le risposte le ho trovate guardandomi intorno, aiutando nel lavoro quotidiano e ascoltando i temi serali durante il campo, ma soprattutto dando uno sguardo dentro me stessa e scoprendo che solo così potevo aiutare: aprendomi al mondo!
Maddalena con il Sermig
“ Ho vissuto una settimana straordinaria presso il Sermig ( Servizio Missionario Giovani) a Torino, durante la quale ho potuto dare il mio contributo nella sistemazione degli ambienti dell’ Arsenale della Pace, e quindi nella cura delle persone che trovano asilo in quella realtà. Ho anche vissuto momenti di condivisione, oltre al lavoro, con giovani di tutta Italia e con i membri della Fraternità della Speranza, che hanno deciso di donare la vita alla causa del Sermig.
Importante è stata l’esperienza di una Chiesa giovane, gioiosa, bella, concreta, impegnata e vera, fatta di laici e consacrati che collaborano in fraternità, senza essere appesantiti da strutture istituzionali, ipocrisie e da formalità fini a se stesse.
Dà forza e speranza conoscere tanti giovani limpidi, dal cuore grande e accomunati dal desiderio di fare il Bene, di darsi da fare, di non vivere da spettatori, di cambiare la cose, di costruire la Pace, di alimentare e rendere concreta la propria fede.
Quando Ernesto Olivero e i suoi amici hanno fondato il SERMIG non avevano doti straordinarie o capacità sovrumane, nemmeno occupavano posti di potere dei quali servirsi, ma avevano solo tanta buona volontà, fede e desiderio di vivere il Vangelo fino in fondo, concretamente.
Il SERMIG è la prova che i sogni, se sono buoni, si possono realizzare e che è possibile fare cose grandi anche iniziando da idee che sembrano utopiche e alle quali nessuno dà credito.
Dopo una settimana al SERMIG, del quale uno dei tanti motti è “IO CI STO” è quasi inevitabile domandarsi in che modo dare forma nel proprio concreto e quotidiano all’invito ad essere costruttori di Pace.”