SFOGLIA IL BILANCIO
L’esperienza del Venite e vedrete di sabato 7 maggio ha lasciato un segno profondo ed indelebile in quanti vi hanno partecipato. Nella semplicità di alcune ore trascorse nella comunione e nella serenità, ognuno ha potuto toccare con mano la ricchezza e la bellezza dell’altro. Si è respirato un clima di famiglia e di casa. È stata veramente una esperienza di chiesa molto forte dove si è toccato con mano il cammino di chi cerca, giorno dopo giorno, di valorizzare le differenze e di accorciare le distanze. In questo Anno Santo della Misericordia credo che questa giornata sia stata veramente una semplice, ma bella pagina di vita della nostra chiesa diocesana.
È stata prima di tutto un tempo in cui far memoria di come lo Spirito Santo continua a disegnare pagine meravigliose d’amore. È stato veramente bello gustare come nel corso degli anni il Signore ha manifestato la sua misericordia infinita sul cammino delle nostre comunità e delle caritas. Dinanzi alla tentazione di fabbricare in fretta sulle sabbie mobili dei risultati immediati, il fermarsi in silenzio a contemplare come l’Amore infinito di Dio continua anche oggi a far fiorire i deserti, ci ha aperto alla speranza e alla fiducia. Poter respirare un’aria fresca di comunione, di solidarietà, di prospettive nuove ha ricolmato il cuore di tutti i presenti. La memoria della presenza viva di Dio ha donato la consapevolezza che ognuno è una terra sacra, che la vita di ogni uomo è un dono unico, che tutto è dono. È stato anche il momento per far memoria delle cose belle, buone e vere che il Signore ha donato di vivere all’interno della Casa della Carità e nel territorio della Diocesi, attraverso la concretizzazione delle opere di misericordia e il farsi prossimi verso i fratelli che sono nella difficoltà e nella prova, di quanti feriti dalla vita brancolano nel buio dell’emarginazione.
È stata anche un tempo di incontro tra tante persone riunite come in unica famiglia dall’unico Dio e dal suo infinito amore. È stata una giornata di tanti incontri, di intrecci di storie, di sguardi, di volti. Ed è stato meraviglioso cogliere come, nei diversi momenti, ognuno fosse animato dal desiderio di bene per gli altri. Ciascuno era interessato all’altro e si percepiva forte il calore di quella fiamma interiore che si chiama fraternità e che spinge a prendersi cura dell’altro, a prendersi a cuore la sua situazione. È stata una festa di famiglia dove non c’erano vicini e lontani, indigeni e stranieri, ricchi e poveri, noi e gli altri, ma solo fratelli da riconoscere ed incontrare. È stata vera festa.
È stata anche un tempo di semplicità e di condivisione. Nella semplicità c’è chi ha raccontato il cammino della caritas e chi la propria esperienza personale. Non è stata una cronaca, ma il narrare come la Vita continua a scorrere e a sorprendere. Narrare la dignità e la recuperabilità di ogni esistenza nella semplicità del proprio essere, contrassegnato da talenti e da debolezze. Nella semplicità di parole pronunciate con moderazione si è cercato di dare voce a chi spesso non l’ha, di ricordare con delicatezza e fermezza che la vita è sacra e che siamo chiamati a costruire ponti e non muri. È stata una giornata di condivisione di storie, di sentimenti, di gioie e di fatiche. Si è cercato di dire che condividere l’essenziale della vita è il primo passo per sconfiggere la globalizzazione dell’indifferenza e la logica dello spreco. È stata un grande dono di Dio, è stato un nuovo inizio.
Condividere un unico pane ed abitare un’unica casa non è solo lo slogan di una giornata, ma è il ritmo che scandisce il nostro cammino per contribuire a costruire una nuova umanità.