“Educare alla pace significa offrire a ciascuno la possibilità di mettere a disposizione degli altri le sue capacità e risorse affinché ognuno abbia la possibilità di vivere con dignità”
In questo tempo segnato dalla guerra che sembra assumere sempre più un carattere permanente nella storia degli uomini, ci sono pochi temi importanti come l’educare alla pace. Il problema è rompere quel buonismo che svuota di senso la parola pace e ripartire dal bisogno di imparare a gestire i conflitti, con i bambini ma anche con la comunità di adulti. “La guerra nasce nei cuori dei piccoli quando li si educa a essere principi unici e li si esalta per un principato che esclude le ragioni dell’altro, i procedimenti dell’altro, le debolezze e i punti di forza dell’altro. Nasce così e si perpetua nella Storia dei popoli. La guerra è qui, nei nostri condomini, nei nostri giardini, nei giocattoli dei piccoli, nei cortili, in spiaggia, in montagna e tante volte nella nostra scuola dei piccoli quando non li aiuta a gioire delle proprie scoperte, a mediare i conflitti, a imparare a diventare maestri di sé stessi, quando li differenzia con scale di giudizio o parole giudicanti … La via della pace è fatta di scalini che andrebbero saliti ogni giorno insieme” (Claudia Fanti)
La guerra è nei cuori dei bambini anche se si sentono presi per il naso da adulti insinceri che invece di aiutarli ad accedere al sapere in modo profondo e competente, li blandiscono e non li ascoltano ragionare, sbagliare, riprendersi e ricadere, quando non li avviano alla bellezza dello studio personale che dà ai singoli la possibilità di sapere il perché della propria storia e di quella della Terra su cui vivono, il perché delle cose, il perché delle differenze fra culture e costumi. La via della pace è fatta di scalini che andrebbero saliti ogni giorno insieme, proprio a cominciare dal respingere tutto ciò che non ha sfumature, che ha fretta, che può rientrare in schemi, per inglobare, stringere, rafforzare tutto ciò che è complesso, inaspettato, nuovo e diverso… La guerra nasce dai piccoli dispotismi di ogni giorno. E la pace nasce da un ascolto talmente difficile ma talmente necessario da diventare quello che indica giorno per giorno una programmazione e una progettazione diversi.
E a ogni buon conto, l’idea di cosa sia la pace nasce ogni attimo nel quotidiano quando riconosciamo il seme della guerra in noi e negli altri nel momento in cui abbandoniamo lo sforzo del cammino sulla strada tortuosa della democrazia, sforzo immane che spesso stanca e fa prendere scorciatoie, le quali però portano dritte, dritte al sentimento guerriero che alberga in chi si sente respinto e abbandonato al proprio destino solitario.
Educare alla pace non può essere qualcosa di accessorio, non può essere delegato ad una attività di nicchia, perché la concretezza si abita solo con la forza e con il potere. Costruire la pace ci chiede prima di tutto di vivere una profonda operazione di disarmo personale. Siamo chiamati a deporre le armi dell’individualismo che ci portano a concentrare tutte le energie solo sul nostro piccolo orticello, sul nostro interesse personale. È necessario partire da noi, dalle nostre scelte quotidiane. Il muro dell’indifferenza è molto più ampio di quello che pensiamo e non consiste solo nel girarsi dall’altra parte. Non è pensabile separare la pace dalla giustizia. Per cui quando rimaniamo indifferenti a le tante forma di ingiustizia che calpestano la dignità di tanti fratelli, lasciamo spazio al veleno della guerra di diffondersi. Educare alla pace significa offrire a ciascuno la possibilità di mettere a disposizione degli altri le sue capacità e risorse affinché ognuno abbia la possibilità di vivere con dignità. Se desideriamo la pace e la vogliamo costruire insieme dobbiamo reimparare a farci alcune domande di senso, a porci la questione fondamentale della giustizia e a fare insieme scelte generative di un cambio di paradigma. Non possiamo rimanere indifferenti dinanzi al fratello sfruttato, dinanzi agli investimenti economici (che possono essere vantaggiosi per le nostre tasche) ma che inglobano come un rullo compressore il sangue di tanta povera gente. Non possiamo pensare di costruire la pace solo inviando armi o alimentando per ogni situazione logiche di contrapposizione che scadono sovente in violenze verbali e che sono semi di guerra. Anche in questo tempo ognuno ha idee e proclami da affermare contro qualcun altro. Credo sia giunto il momento di fare chiarezza partendo dalla nostra vita e avendo il coraggio di dire dei chiari SI e dei chiari NO. Non riusciremo mai a dare un contributo significativo alla pace se nella nostra vita quotidiana mettiamo in essere dinamiche di guerra. Educare e costruire la pace ci chiede di lavorare sul nostro quotidiano, di partire dalla nostra vita con la consapevolezza che non è sufficiente sbandierare una bandiera o gridare uno slogan, è necessario cambiare stile di vita. Infine anche in mezzo alla inevitabile guerra deve sempre innalzarsi il grido che condanna la guerra e proclama la pace.
Oggi più che mai ci devono essere i “profeti” che continuano a gridare il no alla guerra e a volere la pace.
24 maggio 2022