Cultura di pace - CARITAS TARVISINA

Cultura di pace

“Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male

Solamente poco più di un anno fa Papa Francesco, nell’enciclica “Fratelli Tutti”, ammoniva “la guerra non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante”. Nella distrazione e nell’impotenza di molti, questo pericolo purtroppo si è fatto realtà nella nostra casa Europa. Quante persone perderanno tutto? Quanti morti e feriti dovremo contare? Quanti saranno costretti a scappare alla ricerca di un rifugio sicuro dove poter immaginare di ricominciare una vita dignitosa?

La guerra non è mai la strada giusta per rispondere alle aspirazioni di giustizia e dignità coltivate dai popoli. Anzi, sono proprio i più deboli che pagano il prezzo più alto delle avventure militari. La guerra è disumana. Ci lasciamo provocare dalle parole di Papa Francesco: «Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male». L’uso delle armi non porta alla soluzione dei conflitti. Non lasciamo alla guerra l’ultima parola. Papa Francesco ci esorta a «rispondere all’insensatezza della violenza con le armi di Dio» che sono la preghiera e la solidarietà. In questi giorni bui e drammatici, facciamo nostre e gridiamo con forza, le parole del papa San Giovanni Paolo II: Mai più la guerra, avventura senza ritorno. Mai più la guerra…”.

Il Signore continua anche oggi a rivelare a chi vive situazioni di debolezza che c’è una prospettiva altra in cui poter ritrovare la bellezza e la verità di essere una sola famiglia umana. Viviamo un tempo in cui l’esasperazione dell’individualismo e del proprio bene, porta a vedere l’altro come una minaccia, un avversario da combattere, un nemico da eliminare. È più che mai attuale l’espressione del filosofo Thomas Hobbes homo homini lupus est. Si esasperano i conflitti, si alzano muri e ci si rinchiude a riccio pensando che questa sia la via per affermarsi e primeggiare. È una bugia dura da scalfire. Ci sbattiamo il naso, ma la troviamo affascinante perché accarezza e solletica i bisogni che ci bruciano dentro. È una guerra che continua a schiacciare i più deboli, toglie fiato e voglia di lottare.

In un mondo segnato da queste contraddizioni non è facile trovare una via di uscita, non è così scontato ed immediato che tutti trovino dei punti in comune, dei punti di convergenza. La chiusura all’altro dice morte, toglie respiro e profondità al domani. Più lasciamo Dio in disparte, più coltiviamo il culto del nostro io individualista e narcisista. Ciò ci porta a vivere relazioni inquinate e false con noi stessi, con gli altri, con il creato… con Dio stesso. C’è il rischio molto forte e concreto di adeguarsi alla mediocrità, di arenarsi nel pantano del vuoto esistenziale. Tutto questo alimenta disparità ed ingiustizie che lasciano indietro molti, soprattutto i più fragili e vulnerabili. È vivere una logica escludente che toglie energia.

Il Vangelo ci dice che il Signore ha donato una parola nuova all’umanità e soprattutto ai piccoli. Questa parola ci dice di aprire il nostro cuore al mondo, di farlo entrare a casa nostra. Si tratta di cogliere che non ci sarà mai vera felicità sulla terra fino a quando anche uno solo degli esseri umani patirà lo scarto di non essere accolto e amato come fratello. È necessaria un’apertura al mondo che squarci la crosta della nostra indifferenza e superficialità. Aprirsi al mondo significa mettersi in cammino per cercare una verità che sempre ci precede e sorprende, vuol dire impegnarsi a dare voce a chi non ce l’ha mettendosi dalla parte dei più deboli, significa riconoscere che non si può dare per carità quello che a ciascuno spetta per giustizia. Il Vangelo ci invita a disegnare nuovi stili di vita capaci di dire l’unicità dell’uomo e la bellezza della comunione. Anche su questo i più deboli e feriti ci possono prendere per mano.

Amare questo mondo ed impegnarsi, giorno dopo giorno, per comporre il grande mosaico della fraternità è una sfida sempre nuova, nella quale però il Signore non ci lascia mai soli. Si tratta, allora in definitiva, di promuovere una cultura della pace, dove vengono valorizzate le differenze e accorciate le distanze. È necessario affermare il valore inestimabile della dignità di ciascuno e cogliere che ognuno può brillare di unicità e bellezza solo dentro un cammino di comunione con gli altri. Non possiamo arretrare dinanzi al valore dell’uomo, ad una pace che riconosca a ciascuno la sua unicità e la sua bellezza.

Custodire nel cuore, da piccoli e poveri, questa straordinaria consapevolezza che siamo tutti fratelli, chiamati ad abitare una stessa casa comune con il desiderio profondo di gustare in ogni frammento dell’esistenza il mirabile gusto del bello, del vero e del buono, della PACE.

29 marzo 2022

 


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