“La pace, come ci ha ricordato il cammino fatto insieme, è una strada da percorrere uno accanto all’altro“
Domenica 29 gennaio, insieme ad oltre duemila persone, ho avuto il dono di partecipare alla marcia della pace interdiocesana “Terre di pace”. È stato bello camminare insieme tra persone di diocesi diverse, di età diverse, con storie diverse. Il cammino ha accorciato le distanze, ha fatto percepire un unico respiro, un unico desiderio per tutti, per tutta l’umanità: la PACE. È stato un segno generativo di comunione, di bene che non va smarrito.
Alcune persone mi hanno chiesto che senso ha fare una marcia della pace. Mentre alcuni sventolano la bandiera della pace, molti altri sbandierano le insegne della rassegnazione e del pessimismo. Qualcuno mi ha detto che non sarebbe venuto alla marcia, perché con questi eventi non si cambia nulla e che sono modalità inefficaci. Sono certo che se guardiamo queste manifestazioni (vissute veramente con il cuore da chi vi partecipa) solo dal punto di vista dell’efficienza immediata, non potremo che concordare con la visione dei pessimisti. Personalmente ho vissuto un momento diverso. Ho colto che quel seme può smuovere in me e attorno a me qualcosa di nuovo. La pace non è e non può restare un sogno lontano, un desiderio irrealizzabile. La pace, come ci ha ricordato il cammino fatto insieme, è una strada da percorrere uno accanto all’altro. Ci chiede di superare le distanze, di valorizzare l’unicità e la bellezza di chi ci sta accanto. Passo dopo posso, ci si sostiene, ci si allena a respirare il profumo della comunione, il valore di un NOI che può smuovere ogni ostacolo. Tutto ciò chiede fatica ed impegno, ma il sostegno dell’essere con altri è quel balsamo che lenisce le ferite di ogni difficoltà. La pace è riconoscere che siamo tutti in cammino e che ciascuno ha un ruolo fondamentale per far risplendere dentro questa umanità il suo germoglio.
La pace è un dono di Dio che è affidato alle nostre fragili mani, va custodito, protetto e coltivato. Non possiamo pensare di superare la dinamica fratricida di Caino e Abele, se non ci lasciamo inondare dall’amore del Risorto. Lasciandoci amare nella profondità delle nostre debolezze e vulnerabilità, diventeremo capaci di guardare all’altro in modo diverso, di prenderci cura di ogni frammento di umanità ferita. È solo l’abbraccio misericordioso del Cristo che può trasformare le lance in falci e le spade in vomeri. Questo sogno di Dio è ciò che ci fa ardere il cuore anche quando la delusione sembra prendere il sopravvento. È però anche ciò che invita a tradurre la pace in scelte concrete, in stili di vita generativi.
Concludo ringraziando per il titolo della marcia Terre di pace. Le nostre terre hanno conosciuto il dramma delle grandi guerre. Oggi nel turbinio frenetico di un tempo dove tutto viene valutato economicamente, si consumano anche nel nostro territorio conflitti, ingiustizie, soprusi, violenze. Molte di queste restano nascoste, inabissate in un silenzio pietrificante. È proprio qui che siamo chiamati a costruire la pace. La marcia ha bisogno che continuiamo a muovere passi, a tendere le mani, a spalancare il cuore nel quotidiano. Non possiamo nasconderci dietro il muro dell’indifferenza, né stringere gli aneliti di pace nelle strettoie di rigide ideologie, ma siamo invitati a prendere posizione. Per fare questo è necessario far memoria e tenero lo sguardo fisso sull’orizzonte. Le nostre terre sono realtà di pace nella misura in cui ciascuno sarà capace di deporre le armi del proprio individualismo dinanzi al povero, al debole, allo straniero, all’escluso. Il frastuono delle armi cesserà quando i nostri cuori cominceranno a percorrere la via della pacificazione e della riconciliazione. È necessario schierarsi dalla parte di Dio, dalla parte del debole. Valorizziamo il bene, chiediamo scusa del male che ha alimentato e alimenta conflittualità ed esclusione e, con coraggio, riprendiamo a seminare la pace, accettando anche di perdere qualche privilegio… camminare insieme serve a crescere nella consapevolezza che ognuno è chiamato ad essere il cambiamento che sogna.
Don Davide Schiavon
7 febbraio 2023