“Abbiamo il dovere di offrire futuro, di riaccendere la speranza. Non dobbiamo cadere nello sconforto dinanzi all’irresponsabilità di una classe politica che, a livello italiano e mondiale, ha perso di vista l’orizzonte del bene comune.“
Stiamo vivendo un momento molto delicato nel quale il miraggio di un individualismo esasperato ci ha portato a camminare su equilibri fragilissimi e su crinali scivolosi. Rischiamo di essere travolti, e soprattutto i giovani, da uno tsunami di sfiducia e negatività. Sperimentiamo l’arsura bruciante della solitudine e non riusciamo ad assaporare la bellezza della vita, la gioia dello stare dentro un noi, dentro a relazioni corte che ci custodiscono nella verità e nella libertà. Abbiamo bisogno di ritrovare la bussola, abbiamo bisogno di ritrovare il sentiero della vita. È necessario recuperare il volto della comunità attraverso la fiducia.
La recrudescenza della pandemia, le pesanti conseguenze dei cambiamenti climatici, delle diseguaglianze, dei conflitti, della povertà, le continue crisi economiche ci stanno letteralmente togliendo il fiato. Molti, e tra questi tanti giovani, vedono solo buio, hanno perso la speranza, hanno paura della vita e sentono il peso di responsabilità che gravano nei loro cuori come macigni insopportabili da portare e sopportare. È giunto il momento, duro e doloroso, di pagare l’alto prezzo di un individualismo narcisista e impazzito che ha spinto con forza sull’acceleratore del consumare tutto, senza misura e senza bisogno di rendere conto ad alcuno. È importante che ci assumiamo la responsabilità, come adulti, di pagare in prima persona questo prezzo. Abbiamo il dovere di offrire futuro, di riaccendere la speranza. Non dobbiamo cadere nello sconforto dinanzi all’irresponsabilità di una classe politica che, a livello italiano e mondiale, ha perso di vista l’orizzonte del bene comune. Il cancro dell’individualismo sta mangiando ideali, valori, progettualità e soprattutto sta svuotando di senso le relazioni. Senza fare di tutta l’erba un fascio e cadere in fuorvianti generalizzazioni, quello che è successo in queste settimane nel nostro Paese, è stato un teatrino vergognoso e offensivo nei confronti del popolo italiano. L’arte nobile della politica, nel proprio agone, ha sempre vissuto di dialettiche robuste e veraci, ma sempre nel rispetto della sacralità dei cittadini, delle loro vite e del loro futuro. Ora ogni situazione diventa un’occasione per esercitare il proprio potere in maniera rapace e, sovente scriteriata. La contrapposizione dialettica si trasforma in strategie da avvoltoio che approfitta del passo fallace dell’avversario, dimenticando che il prezzo più alto di queste fasulle schermaglie, lo paga la gente, soprattutto la povera gente. È necessario non fermarci ad una sterile polemica, ma è necessario prendere in mano, con rinnovata fiducia, le redini di questa storia. Siamo chiamati a ritrovare la bellezza del noi, la forza generativa delle relazioni corte, l’arte delicata e paziente del costruire insieme il bene comune … in una parola si tratta di recuperare la centralità dell’umano, che viene prima e supera di molto l’interesse individuale. Non si tratta solo di riscoprire i valori, ma di vivere la vita in pienezza e di offrire questa possibilità a tutti.
In merito a questo mi sembrano profondamente illuminanti le parole del Cardinal Matteo Zuppi, presidente della CEI: “In questo momento così decisivo e pieno di rischi per l’Italia e l’Europa, desidero rinnovare il forte appello alla responsabilità individuale e collettiva per affrontare la prossima scadenza elettorale. L’indispensabile interesse superiore impone di mettere da parte quelli personali o individuali, per affrancare la politica da tatticismi ormai, peraltro, incomprensibili e rischiosi per tutti.
Dobbiamo pensare alla sofferenza delle persone e garantire risposte serie, non ideologiche o ingannevoli, che indichino anche, se necessario, sacrifici, ma diano sicurezza e motivi di speranza. Il fondamentale confronto politico non deve mancare di rispetto e deve essere improntato alla conoscenza dei problemi, a visioni comuni senza furbizie, con passione per la cosa pubblica e senza agonismi approssimativi che tendono solo a piccoli posizionamenti personalistici e non a risolvere le questioni.
La crisi, insomma, può, anzi, deve essere una grande opportunità per ritrovare quello che unisce, per rafforzare il senso di una comunità di destino e la passione per rendere il nostro Paese e il mondo migliori. Le pandemie ci hanno reso tutti consapevoli della vulnerabilità, di come può essere messo in discussione quello che appariva sicuro, come tragicamente vediamo con la guerra e le sue pericolose conseguenze internazionali.
Dal dopoguerra non abbiamo mai vissuto una congiuntura così complessa, a causa dell’inflazione e delle diseguaglianze in aumento, del debito pubblico che ha raggiunto una dimensione enorme, del ritorno a un confronto tra blocchi che assorbe enormi energie e impedisce lo sviluppo, dell’emergenza climatica e ambientale, della difficoltà del mondo del lavoro con la condanna al precariato con il suo carico di fluidità.
Le fragilità emerse con la pandemia del Covid, ad iniziare dagli anziani non autosufficienti, i disabili, i tanti malati psichici, la tanta e atroce solitudine, richiedono una protezione della persona efficace che solo uno straordinario impegno può permettere. È quello che Papa Francesco chiama amore politico. Non possiamo costruire il futuro delle prossime generazioni avendo come unico orizzonte il presente, perché gli interessi di corto respiro diventano inevitabilmente interessi di parte, individuali.
Si presenta, inevitabile, l’ora dei doveri e delle responsabilità per cui la politica dovrà trovare il più virtuoso punto d’incontro tra ciò che è buono e ciò che è realmente possibile perché le risorse esistenti non vadano sprecate ma collocate al servizio del bene comune e dell’intera popolazione. È un tempo nel quale dobbiamo ricostruire il senso di comunità, in cui, come ha ricordato il presidente Mattarella, occorre un “contributo costruttivo” da parte di tutti, specialmente di chi sceglie di impegnarsi nella vita politica. E ci auguriamo siano tanti e con tanta e profonda motivazione per il bene comune”.
Don Davide Schiavon
2 agosto 2022