“Per combattere la povertà educativa siamo chiamati ad offrire strumenti perché ognuno faccia emergere da dentro il BELLO, il VERO, il BUONO che lo abita”
Il tempo che stiamo vivendo ha messo a nudo le nostre debolezze e le nostre fragilità, anche dal punto di vista educativo. Abbiamo toccato con mano come molte delle nostre sicurezze poggiavano su radici fragili e delicate. È importante che ripartiamo proprio da qui, da queste radici. L’opera educativa per essere generativa deve partire dalla propria fragilità e delicatezza. Educare significa aiutare ragazzi e giovani a cogliere la forza straordinaria che è contenuta nel grembo della loro fragilità. È fondamentale partire dalla verità, dall’essere di ciascuno per far emergere da ognuno la bellezza della sua libertà e la gioia di vivere la responsabilità di custodire e promuovere il bene comune. Educare significa entrare in punta di piedi dentro la vita di ragazzi e giovani, cogliendo che ogni persona, ogni storia è sacra. Si educa con delicatezza e fermezza. L’educazione chiede autorevolezza, non forme autoritarie ed impositive. Per combattere la povertà educativa siamo chiamati ad offrire strumenti perché ognuno faccia emergere da dentro il BELLO, il VERO, il BUONO che lo abita. Educare, anche in questa nuova epoca della storia, deve restare sempre un compito, una missione che ci fa battere forte il cuore.
Siamo chiamati sempre più a maturare la consapevolezza della responsabilità nei confronti della crescita delle nuove generazioni; dal modo con cui la prospettiva di una vita bella, buona e vera riuscirà ad affascinare e convincere ragazzi e giovani dipenderà il futuro di questa nostra umanità. Tuttavia lo smarrimento che gli adulti provano nei confronti di questo compito è veramente grande: essi si rendono conto di quanto il mondo dei giovani sia lontano dal loro e di quanto la loro sensibilità abbia forme espressive indecifrabili da parte di chi è cresciuto in un clima culturale diverso dall’attuale. La generazione del “mondo a modo mio” è incredula o ha un modo di sentire i valori proprio e diverso da chi li ha preceduti? E come entrare in una relazione educativa con chi pensa alla vita e al mondo a partire dal proprio mondo emotivo?
Oggi si è veri educatori se si è disposti e capaci di adattarsi alle domande dei giovani, se si è capaci di partire da loro e dai loro interrogativi; anzi, se si ha la pazienza di far emergere domande che forse sono sepolte nella coscienza, confuse, che fanno paura e per le quali spesso mancano le parole, perché il mondo interiore è misterioso, soprattutto per coloro che non sono abituati a frequentarlo.
Più volte, nel Vangelo, Gesù invita i suoi discepoli a passare all’atra riva. È un appello che invita a non stare fermi, ad essere sempre in cammino alla ricerca di quella verità e libertà che riempiono il cuore. L’opera educativa è anch’essa un percorso di scoperte sempre nuove, dove non si finisce mai di toccare l’infinita e fragile bellezza che abita ogni persona. Mettersi in ascolto e in relazione con i giovani è una vera palestra per scorgere, oltre la facciata, la ricchezza dei loro cuori e il desiderio di futuro che li abita Dobbiamo lasciarci riscaldare dalla fiamma del loro entusiasmo e stare con loro, non ingabbiandoli nell’idea, che come adulti abbiamo di loro. Così facendo, possiamo sperimentare, come dice un proverbio congolese, che “se il perché è forte, il come lo si trova”.
Ascoltare e stare con i giovani è fonte di speranza. Ci dicono che non vogliono accontentarsi del tran tran quotidiano, non possono sfuggire a quegli interrogativi che promettono loro di dare un senso all’avvenire, di superare la paura del domani, di trovare pienezza di vita. La ricerca di un significato, per le cose importanti della vita, è una sfida impegnativa e decisiva perché la nostra esistenza, per essere veramente umana, deve essere costruita attorno a un motivo, attorno ad una speranza. In fondo la speranza è un atto di coraggio e rimane, nonostante tutto, una scelta. Il nostro compito è nutrire la speranza anche nelle cose che sembrano incomprensibili e assurde per la nostra vita. Quanto sono vere le parole dei Modà quando cantano in Come l’acqua dentro il mare: «La vita ci consegna le chiavi di una porta / e prati verdi sopra i quali camminare. Puoi correre o fermarti / puoi scegliere tra i frutti / quali cogliere o lasciare maturare. Vietato abbandonare il sogno di volare / ma per quello c’è bisogno dell’amore. Io posso solo dirti / non temere di sbagliare / perché aiuta le persone ad imparare / e sappi che tra il bene e il male / alla fine vince il bene».
La speranza ci insegna a non mollare la presa sull’oggi per credere in un futuro che non possiamo vedere ma che possiamo affidare a Dio perché il bene ha sempre l’ultima parola.
Buona speranza a tutti!
15 marzo 2022