“Sono qui per abitare questa storia e questo tempo, sono qui per dare voce a chi non ce l’ha“
Uomo dove sei? Uomo dove stai andando? Queste domande mi risuonano fortemente in questo tempo e talvolta sembrano stringere in un angolo i sogni di un mondo migliore e più giusto, che fin da bambino abitano il mio cuore. Ogni giorno vedo il grido lacerante che dilania le esistenze e le speranze di milioni di uomini che sono fratelli. Dinanzi agli abbondanti segnali di morte che sfigurano il mondo, la mia umanità, nella sua totalità, viene scossa profondamente. Compresa anche la mia fede. I segni terribili della guerra, le drammatiche devastazioni del terremoto e di altri fenomeni, la scia di sofferenza e di dolore che le ingiustizie e le inequità lasciano in ogni angolo della terra… sono “mie”. È affare che mi riguarda, che non solo parla alla mia vita, ma parla di essa.
La tentazione di agire secondo la logica di Ponzio Pilato o di tirare diritto, come il sacerdote e il levita della parabola del buon samaritano, è accovacciata alla porta del mio cuore. Avverto però la forza dello Spirito Santo, Spirito di verità che mi richiama ad una profonda responsabilità. Prendersi cura e custodire nel cuore i fratelli non può essere ridotto ad un precetto, ma è la verità della nostra esistenza, della mia vita. Io sono perché sono insieme ad altri. Allora non ci sono tante risposte da inventare. Uomo dove sei, dove stai andando? Sono accanto a mio fratello, accanto ad ogni uomo. Sto andando incontro alla vita per custodirla, amarla e promuoverla con tutte le mie forze. Ho il cuore che brucia dal desiderio di percorrere insieme sentieri di umanità e di pace. Sento il profumo della convivialità delle differenze che alimenta il coraggio di osare, il coraggio di sperare contro ogni umana speranza. In questa notte avverto che la risposta, che insieme siamo chiamati a dare, è quella di essere scintilla dentro questo buio. Siamo invitati ad essere la luce in fondo al tunnel, piccoli segni di una grande speranza.
Uomo dove sei? Sono qui per abitare questa storia e questo tempo, sono qui per dare voce a chi non ce l’ha. Non sono neutrale, scelgo di stare dalla parte dei più deboli, dei più fragili. È proprio per questo che desidero gridare tutto il mio sdegno quando le logiche del potere ingabbiano i sogni di giustizia e spengono il sorriso nel cuore dell’umanità. Mentre la carne di milioni di uomini è piagata da drammi indicibili, si continuano a portare avanti scelte che sono per il privilegio di pochi. È impressionante come, senza clamore, molti governi del “primo mondo” (compreso quello italiano), stiano facendo scelte per potenziare la loro fortezza, per renderla capace di respingere al mittente ogni miseria. Altrettanto stucchevole è cogliere l’assuefazione al male, al calpestare la dignità in nome del tronfio brillare del proprio io sopra tutto sopra tutti. Stiamo smontando pezzo per pezzo la bellezza della città (della polis), la creatività e la gratuità del dono e della condivisione. Ciascuno è chiamato a costruire la propria fortezza e non si fa scrupolo se questo è a discapito di altri. Il collegamento con gli altri non è più in una logica di comunità, ma in una logica funzionale al proprio tornaconto. Purtroppo questa logica sta intaccando anche la vita dei più poveri, che nella loro notte, rischiano di rimanere imprigionati nella fortezza dell’esclusione e dell’abbruttimento di quello che sono. Si fanno proclami per la pace e so potenzia l’industria delle armi, si parla di libertà e si impedisce alle popolazioni più poveri di muoversi dai loro inferni, si parla di cambiamenti climatici, ma non si riesce a mettersi in gioco per modificare i propri stili di vita.
Chi ha responsabilità (in ogni campo) sembra dentro ad un flipper impazzito. Corre a destra e a sinistra, con l’unico obiettivo di portare a casa, di consolidare la propria fortezza, di essere più forte degli altri. Si continuano a fare scelte come se l’umanità non avesse un domani, come se l’intero mondo fosse quello contenuto nel giardino della propria casa. Quando si tratta l’umanità come merce di scambio, si soffoca ogni sussulto di speranza. Quando si abdica al pensiero critico e alla propria responsabilità, si sfigura il volto dell’uomo e della comunità. Le scelte che si stanno facendo nel campo geopolitico, economico, educativo, … stanno appesantendo il tempo presente e ipotecando in negativo quello futuro. È responsabilità mia, è responsabilità nostra ritrovare il sentiero, sempre incerto ma affascinante del vivere la meraviglia dell’incontro con l’altro. Siamo fatti per distendere il nostro animo nelle praterie della libertà. Arroccarsi nella fortezza, chiudendo le porte di relazioni gratuite e spiazzanti, ci espone al rischio di ritrovarci con un cavallo di Troia che è quello dello “sprecare inutilmente il dono della vita”.
Don Davide Schiavon
21 febbraio 2023