Il coraggio della libertà - CARITAS TREVISO

Il coraggio della libertà

“In Iran migliaia di giovani, soprattutto donne, stanno scendendo in piazza in questi giorni, sfidando la repressione per denunciare l’ennesima violenza del regime, manifestare contro uno stato teocratico e fondamentalista, chiedere libertà democrazia, diritti”

In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv.12-24). Mahsa Amini era una giovane curda iraniana di 22 anni, tratta in arresto il 13 settembre 2022 dalla polizia di Teheran per pochi capelli non coperti dall’hijab, il velo islamico “indossato male”. È morta durante la custodia in commissariato. Nell’ultimo video prima di essere uccisa, Hadis Najafi, tolto il velo, si legava i lunghi capelli biondi, pronta a unirsi alle manifestazioni in nome Mahsa. Pochi secondi che raccontano la determinazione delle ventenni in lotta per i loro diritti in Iran. Hadis non è più tornata a casa, il 17 settembre. Avrebbe compiuto 24 anni tra un mese, è stata uccisa perché voleva essere libera.

Migliaia di giovani, soprattutto donne, stanno scendendo in piazza in questi giorni, sfidando la repressione per denunciare l’ennesima violenza del regime, manifestare contro uno stato teocratico e fondamentalista, chiedere libertà democrazia, diritti. Il governo di Teheran oltre a reprimere nel sangue le manifestazioni – sono 700 le persone arrestate e oltre 80 quelle uccise, tra cui Hadis Najafi, brutalmente assassinata per aver sfidato la “polizia morale” a capo scoperto – sta bloccando l’accesso ai social, unico veicolo per denunciare violenze, arresti arbitrari di donne, torture e stupri a cui sono sottoposte nelle carceri. Il sistema è stato disegnato per marginalizzare le donne e togliere loro ogni ruolo politico, culturale, sociale. La donna deve essere moglie e madre, il suo dovere è procreare e crescere i figli. Le donne iraniane non lo hanno mai accettato e sono sempre state motore di cambiamento. Andate in Iran, vedrete che fanno qualsiasi cosa.

Questa è una rivoluzione femminile perché sono loro che organizzano la piazza, che vanno contro la polizia, che bruciano il velo. E sono sostenute dagli uomini, è la novità. La furbizia del regime è stata creare divisioni che sono entrate anche in casa: se crei un sistema a favore degli uomini, gli uomini diventano i rappresentanti del regime anche tra le mura domestiche. Oggi però sono al fianco delle donne.

Masih Alinejad, una nota attivista contro il regime della Repubblica islamica, che ha condiviso sui suoi account nei social media alcuni video delle proteste delle donne iraniane che hanno ottenuto milioni di visualizzazioni, afferma che ciò che sta accadendo in Iran non è dovuto solo a un foulard chiamato hijab, ma è una coraggiosa presa di posizione contro il regime dittatoriale. Alinejad dice che le proteste hanno raggiunto un punto di svolta, ma denuncia il silenzio del mondo su quanto sta accadendo in Iran come un tradimento non solo nei confronti delle donne iraniane, ma di tutte le donne che lottano per la libertà in ogni angolo del mondo. Per questo chiede all’Occidente, in particolare ai Paesi europei, di non negoziare con le autorità iraniane sui programmi nucleari di Teheran. “Non negoziate con i nostri assassini”, aggiunge. (Da

Noi, nell’attonimento e nella preoccupazione post elettorale, non dobbiamo però distrarci rispetto all’enormità di ciò che sta accadendo nel paese che dal 1979 fino a oggi ha trainato la scellerata e pericolosa rimonta dell’islamismo politico, soffocando nel sangue ogni tentativo di cambiamento e di secolarizzazione del paese e dell’area geopolitica.

Condivido una suggestione: potrebbe essere che mentre in Europa (persino nella democratica e avanzata Svezia, per anni faro dei diritti delle donne ed esempio da seguire), si va allungando l’onda buia della restaurazione il vento della riscossa contro la teocrazia e la destra possa arrivare proprio dal paese dei melograni?

Nel mondo oggi l’ispirazione per la lotta contro la violenza sulle donne e per la loro liberazione è diffusa e ingente in tutto il mondo, ma è indubbio che in prima fila ci sono nomi come quelli di Masih Alinejad, instancabile attivista autrice del libro Il ventro fra i capelli, di Maryam Namazie, che dal 2014 anima la Secular Conference, e che ha promosso le potenti manifestazioni a Londra in appoggio alla lotta delle sorelle iraniane, oltre alla giovane afgana Malala passando per le donne curde, tutte accumunate dall’esperienza di vivere, o aver vissuto, in un regime teocratico e totalitario. Perdere la libertà per i violenti arresti, o addirittura la vita come accaduto a Mahsa Amini e Hadis Najafi ci ricorda che ogni assortimento della destra globale si rafforza attraverso l’alleanza con le religioni usate come strumento politico, e oggi l’islam politico con il suo progetto di stato teocratico è una minaccia potente e reale sul pianeta. Sappiamo anche molto bene che le democrazie possono dirsi tali, a ogni latitudine, solo se nel loro DNA hanno ben saldi i diritti delle donne come diritti universali, che possono prosperare solo in presenza della laicità delle istituzioni. Difendere la laicità e tenere a mente, come ci ricordano le iraniane con lo slogan Donna, vita, libertà che “l’unico #hijab buono è quello che è stato dato a fuoco da una donna libera” è un dovere per noi, che da questa parte del pianeta abbiamo, con fatica e non per sempre, costruito diritti da condividere con chi fugge dalle dittature. (Da Monica Lanfranco per MicroMega).

È necessario continuare ad illuminare quanto sta accadendo in Iran. La mobilitazione è, oggi più che mai, indispensabile contro la negazione della libertà di espressione e dei più elementari diritti, contro ogni discriminazione da parte di un regime che annienta chi la pensa diversamente.

 

Don Davide Schiavon

4 ottobre 2022


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