“In questo Avvento non avrei voluto parlarti di poveri, di profughi e di migranti, ma tu, o Dio, in questi tempi ci sei venuto pesantemente dinanzi nei volti esamini di migliaia di persone che, annegate nell’indifferenza globale, pesano sulle nostre coscienze epulone”
Siamo in cammino verso la celebrazione del Santo Natale. Siamo chiamati a lasciare che lo stupore di un Dio che si fa carne, storia nella nostra storia, sciolga le durezze del nostro cuore. La scelta di Dio di piantare la sua tenda in mezzo a noi, ci invita all’accoglienza incondizionata, a lasciarci amare anche nelle ferite che non osiamo guardare.
In questa attesa dell’Emmanuele mi sto facendo accompagnare da tre uomini che si sono lasciati incontrare e trasformare dall’incontro con Gesù. Non sono dei super uomini, né degli impeccabili, ma uomini come me, come noi. Sono Bartimeo, Zaccheo e Simone di Cirene.
Il primo è Bartimeo con la sua ostinata capacità ad andare controcorrente, nonostante tutto. Nel Vangelo è scritto: “Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte” (Mc 10, 48). Cieco sì, ma non immobile. Questa nostra terra ha bisogno dello stesso dinamismo di Bartimeo. Ho l’impressione che siamo malati di accidia che è l’opposto dell’operosità; accidia che è mista a noia, indifferenza e insofferenza; accidia che si annida prima in noi cittadini che abitiamo la città e poi nelle istituzioni. Tale atteggiamento, quando si unisce all’indifferenza (menefreghismo), rischia di diventare cancrena sino a diventare metastasi, tendenza cioè a tacere per paura di doversi mettere in gioco. Ci si aspetta tutto dagli altri, e si pensa di aver fatto il proprio dovere solo perché al bar, sorseggiando un caffè, si è discusso con gli amici delle cose che non funzionano. Senza però chiedersi cosa ognuno sta facendo per migliorare questa nostra terra. Per essere “viva” ha bisogno di ciascuno di noi e di tutti insieme! Noi siamo il presente e il futuro di questa terra! Nel frattempo, mentre gli onesti tacciono, si scivola nella desolazione e ogni sforzo per la costruzione del bene comune va vanificandosi. Aveva ragione Martin Luther King a dire: “Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti”.
Di Zaccheo mi sbalordisce la capacità di tenere aperta la porta della coscienza. Illuminato dallo sguardo e dalle parole di Gesù riconosce il male e si riconosce peccatore. È un peccatore, direbbe Papa Francesco, ma non un corrotto. Anche in questo territorio la corruzione è presente. Di tanto in tanto questa emerge, ma la sua base, fondata sulla filosofia del “stupido chi non approfitta” e dall’ambizione del potere, “costi quel che costi”, sembra più dura del granito. Qui, come altrove, i corrotti approfittano della loro posizione e fanno scempio del bene comune. Tutti diciamo di essere contro la corruzione, ma sono tanti gli atteggiamenti che inquinano forte il nostro cuore. È diventato un modo di vivere, di cui neppure ci si accorge.
Però se è vero che il male serpeggia è pur vero che il bene non manca. Penso ai tanti volti dei volontari che hanno cura delle donne, degli uomini e del territorio. Essi, con la loro dedizione e le loro opere, come Maria di Betania, profumano i corpi feriti dei poveri Cristo e sono attenti anche al nostro paesaggio, anch’esso ferito. Si finisce per ridurre a numero quanto invece per Dio è sacro: l’uomo, soprattutto il povero. Che i contadini, come i pescatori e i carpentieri siano stati simpatici al Signore non è un mistero. Lui è stato uno di loro. La fatica e la crisi del lavoro e dell’occupazione non è stata estranea a Dio. La disoccupazione di donne e uomini, di giovani e adulti, non solo è sostentamento che viene a mancare, ma è anche – e questo non vale meno – uno scippo di dignità. È una delle piaghe più profonde di questa splendida terra che va invecchiando, incupendosi fino a caricarsi di tristezza, nonostante il calore, e le tinte forti e tenui dei suoi colori.
Simone l’agricoltore, inteso come il cireneo, colui che ha aiutato Gesù a portare la croce, lo immagino capofila dei nostri agricoltori, ma anche dei tanti artigiani che, colpiti dalla crisi pesante del settore, si vedono schiacciare da concorrenze, costi e regole che fanno scempio del loro lavoro e dei loro investimenti. Dio si nasconde tra la gente povera e perduta; nel rantolo sordo dei morenti; nel respiro soffocato dall’acqua di chi annega (cf. Sal 68) (qualcuno definisce inspiegabilmente tutti i migranti terroristi, ma è possibile che tra loro non ci siano persone buone? Solo noi, che alziamo muri e reticolati, siamo buoni?).
In questo Avvento non avrei voluto parlarti di poveri, di profughi e di migranti, ma tu, o Dio, in questi tempi ci sei venuto pesantemente dinanzi nei volti esamini di migliaia di persone che, annegate nell’indifferenza globale, pesano sulle nostre coscienze epulone. Per questo sento di preparare la venuta di Gesù con queste semplici parole: “Gesù, non abbiamo nutrito la tua speranza, non abbiamo nutrito il tuo bisogno d’amore. Non abbiamo accolto il tuo desiderio di vita. E ora raccogliamo, nelle mani sporche, solo lacrime che però non riporteranno in vita lo stuolo di piccoli angeli, custodi dell’umanità. Signore, se puoi, non allontanarti da noi, abbiamo bisogno di Te, siamo peccatori. Amen”.
7 dicembre 2021