Liberarci dalla maschera di “bulli” - CARITAS TREVISO

Liberarci dalla maschera di “bulli”

“C’è una Verità che nessuno possiede e che sta davanti a tutti. Siamo chiamati a cercarla insieme, a non stancarci, perché da questo cammino dipende la nostra libertà e la nostra gioia

In questi giorni sono rimasto in ascolto del modo con cui, a vari livelli, si sta cercando di costruire comunità, di offrire futuro, di promuovere il bene comune. Le campane sono diverse. Questo è il bello, ma anche la fatica di un mondo a colori. È il sale della democrazia che riconosce valore e dignità a ciascuno. Ed è proprio su questo punto che faccio fatica a trovare riconosciuti e difesi valori e diritti. Sono preoccupato di un certo approccio alla realtà che sta dilagando tra la gente e che viene proposto anche da chi esercita ruoli istituzionali e politici. Personalmente non credo che si stiano ripercorrendo sentieri e derive di ideologie nefaste che hanno insanguinato la storia. Mi pare che il mondo adulto sia fortemente intriso di bullismo. Con troppa facilità si riferisce questo comportamento a ragazzi e ad adolescenti. Penso sia un comportamento che sta contrassegnando stile e relazioni della gran parte del mondo adulto.

Mi ha molto colpito la definizione: bullismo indica una forma di comportamento sociale di tipo violento, prevaricatorio e intenzionale, tanto di natura fisica che psicologica, ripetuto nel corso del tempo e attuato nei confronti di persone percepite come più deboli dal soggetto che perpetra uno o più atti in questione. Rileggendola mi pare di cogliere che esprima in maniera evidente l’atteggiamento che contrassegna il modo con cui gli adulti oggi stanno dentro questa storia. A livello sociale, politico, economico, lavorativo la prevaricazione non è più percepita come una devianza, ma come una modalità legittima di affermare il proprio, di difendere il proprio bene individuale. Questa modalità incrementa le diseguaglianze, acuisce la frattura intergenerazionale e soprattutto favorisce l’assuefazione a linguaggi e azioni violente. Il bullismo rievoca in maniera drammatica il pensiero di Macchiavelli che il fine giustifica i mezzi. È necessario un cambio di passo, una modalità con cui ci assumiamo la responsabilità di scelte atte a far sì che nel quotidiano prevalga il valorizzare l’altro, non il demolirlo.

Stare in ascolto degli uomini del nostro tempo e accompagnarli verso la terra promessa ci chiede di maturare uno stile di discernimento comunitario che si fonda sull’esperienza spirituale dell’incontro con Dio e con la sua Parola. Abbiamo il dovere di offrire strumenti per il discernimento e soprattutto una comunità accogliente di riferimento. Senza questo, ciascuno rischia di relativizzare la realtà, in base ai suoi bisogni e in base a quello che capisce o che gli sembra di aver capito. C’è una Verità che nessuno possiede e che sta davanti a tutti. Siamo chiamati a cercarla insieme, a non stancarci, perché da questo cammino dipende la nostra libertà e la nostra gioia. È necessario maturare uno sguardo diverso: accanto al bianco e nero, ci sono tanti altri colori da riscoprire e vivere.

Accompagnare l’uomo a farsi le domande giuste chiede una grande umiltà. È necessario ritrovare il volto di una comunità educante nella quale gli adulti siano veramente figure significative e credibili. C’è un grande bisogno di esempi, di testimoni, che rendono visibile con le loro scelte e con la loro vita, i valori con cui ci riempiamo la bocca. L’umanità non ha bisogno di rigidi dettami, ma di orientamenti che spingano ad osare la scalata ad alte vette, a prendere il largo, a lottare con tutto il cuore per vedere realizzati sogni ed aspettative profonde. Questo cammino non può essere lasciato all’improvvisazione, ma chiede un accompagnamento serio e costante. Come comunità dobbiamo riscoprire i fondamentali dell’esperienza umana, senza lasciare che le domande dell’umo contemporaneo si perdano nel mare dell’ambiguità e della superficialità. Un mondo nuovo e migliore dipende anche da come e da quanto noi sappiamo fidarci dell’altro, di chi ci sta a fianco.

Vincere la tristezza del mondo è possibile solo se tra di noi ritroveremo quella cifra dell’umano che ci porta a cogliere che l’altro è una terra sacra, è un dono sempre nuovo da scoprire e amare. Accompagnare l’uomo significa educarci ad abbandonare la grammatica dell’interesse personale, per assumere quella dell’amore e della comunione. È una sfida impegnativa ed entusiasmante che chiede però un cuore umile e libero, per cui è necessario lasciare che lo Spirito Santo faccia emergere ciò che è prioritario e buono, rispetto a ciò che non lo è. Solo così le domande di senso troveranno accoglienza e dimora nel nostro cuore e nella nostra vita.

Don Davide Schiavon

15 novembre 2022


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