Vivere con il Risorto nel cuore - CARITAS TARVISINA

Vivere con il Risorto nel cuore

“È fondamentale che preghiamo il Signore perché ci sostenga e ci aiuti a promuovere la pace, a fare scelte di vita che siano per la pace

È evidente che le logiche che guidano il mondo abbiano a che fare molto poco con la giustizia e con il rispetto della dignità della vita. Ci sono tantissimi documenti e molti proclami, ma nella concretezza quotidiana la vita è calpestata in ogni angolo della terra. Lo sfruttamento e la schiavitù sono piaghe che da sempre lacerano il cuore e la vita di molte persone. È necessario che abbiamo fame e sete della giustizia e che non confondiamo con carità ciò che spetta a ciascuno per giustizia. Non possiamo, come comunità cristiana e come singoli discepoli, battere in ritirata dinanzi a tutte quelle logiche che devastano la terra, la vita, l’umanità delle persone. L’indifferenza, il girarci dall’altra parte, la logica di Ponzio Pilato sono peccati gravi. Essere Chiesa in uscita significa abitare le periferie dell’esistenza umana dove sistematicamente la giustizia è calpestata, significa dire di no a logiche marginalizzanti che inquadrano tutto in giusto e sbagliato. La vita è diversa, la storia ci chiede di ritrovare la capacità di leggere le sfumature. Avere fame e sete della giustizia ci chiede di uscire da una rassegnazione passiva nella quale ci siamo rintanati, significa dare voce a chi non ce l’ha, nella chiara consapevolezza che siamo noi, proprio noi, chiamati ad essere sentinelle di speranza e messaggeri di un mondo nuovo.

Papa Francesco ci ricorda che guardare e agire con misericordia è santità. Letteralmente misericordia significa “avere viscere di madre per chi è nella miseria”. Si tratta di maturare uno sguardo nuovo, capace di tendere la mano, di farsi carico, in una parola di rompere il cerchio dell’indifferenza. Essere misericordiosi significa prima di tutto custodire il valore della comunione che include ogni persona. È rompere lo schema “prima questi e dopo gli altri”, “noi e loro”. È cogliere che nella famiglia umana c’è posto per tutti e ognuno è chiamato a partecipare attivamente alla costruzione della comunione. Vivere la misericordia significa anche perdonare, amare oltre la misura umana, accordando a ciascuno la possibilità di rialzarsi, di riprendere il cammino, di ritrovare quella luce che sembrava definitivamente impossibile da raggiungere a causa delle tenebre della disperazione. Infine essere misericordiosi significa anche prendersi a cuore la vicenda dell’altro, farsi carico della sua situazione attraverso la strada della condivisione e della solidarietà. In una parola, semplice ma molto impegnativa, è custodire la vita dell’altro. Il Signore si fida di noi e ci affida la custodia e la promozione della vita: ciò significa essere in sintonia con il suo cuore misericordioso, che ha come misura quella di non aver misura.

La sfida di oggi è più che mai una sfida di cuore. Si tratta di ritrovare il cuore come centro di unità dell’uomo, come luogo dove fare sintesi attorno alla regola d’oro che il Signore ci ha consegnato “ama Dio ed il prossimo”. È necessario che il nostro cuore sia puro, cioè si lasci ricolmare dall’infinita carità di Gesù e la sappia riversare sugli altri. La gioia più bella che possiamo sperimentare è quella di vedere che la Gioia e la Pace ricolmano il cuore di chi ci sta accanto, di chi incontriamo lungo la via. L’ interesse personale e molte forme di individualismo inquinano il nostro cuore e ci portano lontano da Dio. Ci rendono miopi e non ci portano a riconoscere la presenza di Dio nel fratello, a cogliere che ciascuno, soprattutto i poveri, è un tabernacolo vivente. È fondamentale che il nostro cuore sia puro, sia scevro da giudizi e pregiudizi. Siamo chiamati ad una profonda conversione, perché sovente ci sentiamo troppo facilmente con la coscienza a posto e pensiamo che il male sia sempre fuori di noi, lontano da noi. La prima conversione da vivere, è la nostra. Quando il cuore ama Dio e il prossimo (cfr Mt 22,36-40), quando questo è la sua vera intenzione e non parole vuote, allora quel cuore è puro e può vedere Dio. San Paolo, nel suo inno alla carità, ricorda che «adesso noi vediamo come in uno specchio, in modo confuso» (1 Cor 13,12), ma nella misura in cui regna veramente l’amore, diventeremo capaci di vedere «faccia a faccia» (ibid.).

La pace è un dono straordinario, ma chiede che ciascuno di noi si sappia adoperare per promuoverla e custodirla. La guerra, il conflitto tra persone è sempre accovacciato alla porta del nostro cuore. È fondamentale che preghiamo il Signore perché ci sostenga e ci aiuti a promuovere la pace, a fare scelte di vita che siano per la pace. Questa beatitudine ci fa pensare alle numerose situazioni di guerra che si ripetono. Per noi è molto comune essere causa di conflitti o almeno di incomprensioni. Per esempio, quando sento qualcosa su qualcuno e vado da un altro e glielo dico; e magari faccio una seconda versione un po’ più ampia e la diffondo. E se riesco a fare più danno, sembra che mi procuri più soddisfazione. Il mondo delle dicerie, fatto da gente che si dedica a criticare e a distruggere, non costruisce la pace. Dobbiamo riaffermare con forza il No alla guerra, il No alle armi, il No allo sfruttamento e alla tratta di esseri umani. La pace non è semplicemente assenza di guerra, è offrire a ciascuno la possibilità di vivere nella comunione, nella libertà, nella verità. Oggi è necessario che sempre più diventiamo operatori di pace nel quotidiano, nelle nostre parole e nelle nostre azioni, che troppo spesso sono cariche di violenza, aggressività, volontà di nuocere all’altro. Seminare pace intorno a noi, è oggi una modalità concreta di vivere la santità.

 

Don Davide Schiavon

18 aprile 2023


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