di Giovanni Dal Poz
Come buona parte degli italiani, anch’io in questi giorni sto cercando di seguire l’evolversi della campagna elettorale e la sensazione che mi rimane addosso è quella di pesante scoramento, non tanto per i candidati che correranno per governare il nostro paese, bensì per le strategie comunicative che stanno adottando per raggranellare voti in queste ultime settimane.
Qualche sera fa, dopo l’ennesima tribuna politica ed una cena probabilmente troppo pesante, sono andato a letto ed ho fatto un sogno.
Ho sognato di essere il consulente per la comunicazione di un candidato, con il mandato di definire un piano di comunicazione per le prossime politiche.
Primo passo: profilazione dell’elettorato.
Partendo da una rapida analisi del rapporto ISTAT 2016 “l’Italia in numeri” scopro che il nostro paese conta un 5% di analfabetismo strutturale (persone non in grado di leggere o scrivere) e oltre il 50% degli aventi diritto al voto possiede la licenza media come grado massimo di istruzione.
Solo il 50% della popolazione ha letto almeno un libro negli ultimi 24 mesi; quasi il 20% nell’ultimo anno non ha letto ne un libro ne un giornale; in compenso il 92% della popolazione guarda la televisione tutti i giorni.
Continuo a spulciare tra i dati e trovo un rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) del 2014 che rileva un dato agghiacciante: in Italia il 47 % degli individui è analfabeta funzionale. Secondo la definizione del rapporto, un analfabeta funzionale è più incline a credere a tutto quello che legge in maniera acritica, non riuscendo a “comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”.
Decido di approfondire l’argomento e scopro che Tullio De Mauro, il più noto linguista italiano nonché ex ministro della Pubblica Istruzione, sostiene che gli analfabeti funzionali in Italia nel 2017 sarebbero addirittura l’80 per cento, dal momento che “soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea”.
Adesso che ho le idee più chiare riguardo il pubblico a cui rivolgere il messaggio elettorale, comincio a lavorare sui contenuti: escludo tutto ciò che comporta un ragionamento più lungo di 140 caratteri, quindi lavoro, istruzione, welfare, immigrazione… in buona sostanza escludo in toto il programma elettorale.
Devo trovare un modo per convincere gli elettori a votare per il mio candidato senza poter contare sulla loro testa… decido di puntare alla pancia, ma come?
Ci sarebbe la vecchia strategia delle promesse elettorali, una sorta di letterina a Babbo Natale nella quale inserire tutti i desideri degli italiani, con la gara a chi la spara più grossa. No! Poi se vincessimo, faremmo una figuraccia perché non ci sarebbero i soldi per realizzare nemmeno un decimo di quello che promettiamo, per non parlare degli equilibri politici.
Si potrebbe provare la tattica di puntare il dito contro ciò che non va nel nostro paese, riversando interamente la colpa sull’attuale governo e promettere un movimento rivoluzionario che rovescerà il nostro paese come un calzino. Potrebbe funzionare se non si dovesse fare i conti con rigidità ed incrostazioni amministrative e di potere vecchie, non dico di 150 anni, ma almeno di una settantina.
Trovato: puntiamo sulla paura! Quella tutti la capiscono! Creiamo un nemico, gli attribuiamo ogni male della società contemporanea e ad ogni occasione utile lo copriamo di fango ricordando quanto sia malvagio. Scegliamo dei target sensibili e cominciamo a lavorare ai fianchi: pensionati, disoccupati con basso livello di istruzione, casalinghe arrabbiate e giovani carichi di testosterone sono il pubblico ideale. Il minimo comune denominatore dev’essere l’incapacità di capire che quello che diciamo loro sono menzogne.
Creiamo dei personaggi nei quali il target si possa immedesimare che ripetano in loop in ogni talk show, in ogni tribuna politica, in ogni video su Facebook un mantra che la gente deve imparare.
Se qualcuno prova a ribattere con delle argomentazioni oggettive che contraddicono la nostra tesi, gridiamo più forte dandogli del buonista o del nemico della patria. L’importante è che non riesca ad esprimere il concetto e, tutto sommato, anche se dovesse riuscire ad esprimerlo, poco male, lo capirebbero in pochi.
Galvanizziamo i nostri elettori, diciamoli che stanno lottando per difendere i valori della famiglia, della costituzione, del VANGELO!
In men che non si dica avremo un esercito di piccoli soldatini invasati pronti a combattere il nuovo nemico che è stato creato: nonne con i forconi, casalinghe che combattono da dietro le tastiere dei PC e giovani con bandiere inneggianti a tempi bui ormai passati … e magari anche un ragazzotto armato con una Glock che pensa sia una buona idea contribuire alla causa facendo pulizia del nemico…
No forse è il caso di fermarsi… caro candidato ci siamo fatti prendere la mano! L’odio che stiamo alimentando non vale più lo stipendio da parlamentare o da membro del governo al quale ambisci; ti ricordi che quando hai intrapreso la carriera politica, lo hai fatto perché volevi bene a questo paese e volevi fare la tua parte per migliorarlo, ma fino ad ora quello che siamo riusciti a produrre è insicurezza e odio tra le persone… magari è il caso di fermarsi. Magari.
Mi sveglio.
Non lavoro per un candidato alle politiche. Lavoro in Caritas.
La politica che conosco è quella delle persone che incontro ogni giorno e che, nella quotidianità, antepongono il bene comune a quello personale, facendo politica, di quella buona.
Un giovane scout che indossa la divisa fiero dei valori che rappresenta sta facendo politica; una famiglia che ospita gratuitamente un migrante in casa propria, facendosi scivolare addosso tutte le illazioni del caso, sta facendo politica; le centinaia di volontari delle Caritas parrocchiali che ogni giorno svolgono il loro servizio nonostante le più nefande accusa da parte dei leoni da tastiera, stanno facendo politica; un prete che lavora con la sua comunità nonostante tutti gli scandali e le bordate che arrivano alla Chiesa, sta facendo politica.
Per capire questa politica e per poterla fare ogni giorno, non serve un diploma; bastano il buon senso, la volontà ed il coraggio di sostenere e promuovere queste scelte attraverso il confronto democratico, la volontà di mettersi in discussione e la pazienza di sapere che il risultato non arriverà presto.