Tra le macerie il germoglio della fraternità - CARITAS TARVISINA

Tra le macerie il germoglio della fraternità

Che tempo stiamo vivendo ? Che cosa siamo chiamati a vivere ? Sono domande di senso che emergono dal nostro cuore e che ci chiedono di saper sostare sulla nostra storia per vivere un discernimento che ci porti a compiere scelte per la custodia e la promozione della dignità di ogni uomo. Da sempre la storia dell’umanità è contrassegnata da sprazzi di luce, ma anche da nubi oscure che alimentano insicurezza, paura, sofferenza. Ogni giorno possiamo toccare con mano i tanti drammi che toccano la vita delle persone. È necessario da una parte che impariamo a fare silenzio per rispettare il dolore di chi soffre, ma dall’altra che ci adoperiamo per costruire ponti di comunione e di solidarietà. I talenti che mi sono affidati sono uno strumento per contribuire alla globalizzazione della fraternità, non possono essere gestiti come una proprietà privata. In quest’ottica quello che possiamo vivere e scrivere insieme, se riscopriamo il vincolo sacro della fraternità, è veramente una pagina nuova e bella per la storia dell’umanità. Siamo chiamati ad abbattere ogni muro di separazione per percorrere sentieri di riconciliazione e di speranza per ogni uomo.

Dal 24 agosto di quest’anno i fratelli che abitano nel centro Italia sono continuamente flagellati dalle scosse di un terremoto che non sembra mai mollare la sua presa devastante. In pochi attimi la loro vita è stata stravolta. I sacrifici, la storia di una terra, la cultura e il patrimonio religioso di tanti secoli sembrano definitivamente sepolti sotto la parola “fine”. Dinanzi al dolore e alla sofferenza di chi ha perso tutto, di chi sente minacciate anche le sue radici, non possiamo fare poesia, né si può continuare a fare polemiche, a “profetizzare” soluzioni miracolistiche o peggio ancora fare letture spiritualistiche deviate. Davanti al dramma di queste persone siamo chiamati prima di tutto a fare silenzio, perché ognuno di noi può capire l’altro fino ad un certo punto ed è chiamato prima di tutto a rispettare l’altro nelle sue difficoltà e nei suoi drammi. Dinanzi a tragedie di questa portata, ma anche davanti al dramma esistenziale di ogni singolo uomo non possiamo pensare a soluzioni facili, a “ricette” vincenti. È necessario mettersi in gioco, è fondamentale cogliere che la vicenda dei nostri fratelli terremotati è la nostra. Fino a quando non saremo in grado di cogliere che dalle macerie del terremoto fiorisce l’appello a riscoprire la fraternità, non saremo mai in grado di costruire qualcosa di nuovo e promettente.

È veramente impressionante la mole di dichiarazioni su diversi livelli che cercano di ingabbiare il fenomeno e proclamare una sorta di “onnipotenza” dell’agire umano. L’intelligenza è un grande dono e va usata per il bene dell’uomo. È necessario però riconoscere anche il limite umano. Ora si parla di ricostruzione, di una rigorosa ottemperanza delle leggi antisismiche per ridurre al massimo il rischio di simili tragedie. Credo che questa sia una strada importante che però chiede una profonda conversione del cuore. Si tratta di sgretolare quelle logiche egoistiche che ci portano a ripiegare solo sul proprio bene individuale, generando indifferenza ed esclusione sociale, promuovendo invece la ricerca del bene comune. La prima legge antisismica su cui ricostruire è la riscoperta della fraternità, è la consapevolezza che le vicende degli altri mi riguardano molto da vicino, più di quello che posso pensare.

Il terremoto, come ogni difficoltà che incontriamo sul cammino della nostra vita, può diventare una occasione per una conversione del cuore, per rimetterci in ricerca della verità e della libertà, troppo spesso offuscate dal luccichio di un benessere superficiale. Calamità naturali, guerre, povertà e sofferenze continuano a ferire il cuore dell’umanità. Dobbiamo prenderci cura di questa umanità sanguinante, è veramente affare nostro. Dopo aver condiviso il pianto e le grida di dolore, abbiamo il compito di essere presenza fraterna e viva, di dare forma a quell’ospedale da campo (come dice Papa Francesco) dove ognuno può trovare ristoro e possibilità di ritrovare la speranza e di recuperare ciò che sembrava definitivamente perduto. Abbiamo la responsabilità di mettere a disposizione il nostro cuore, perché diventi oasi di pace e di vita, per chi ha incontrato la sofferenza e la morte. Ritengo sia importante che non sprechiamo questa opportunità per recuperare la cifra essenziale dell’umano che è la fraternità. Inoltre è necessario imparare a spegnere sul nascere tutti quei focolai che generano divisione, contrapposizione, lotta tra i poveri. Veramente vergognoso è il tentativo di alcuni di contrapporre tra loro terremotati, migranti, poveri. Proviamo a chiederci perché alcuni stanno percorrendo questa via della divisione ? Hanno veramente a cuore il bene comune ? ….. la realtà è molto complessa e ci chiede pazienza per camminare insieme e discernere …. certo che l’antica massima latina “divide et impera” è molto attuale per qualcuno ….


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