Al centro del cuore: misericordia e poveri - CARITAS TARVISINA

Al centro del cuore: misericordia e poveri

A conclusione del Giubileo della Misericordia, Papa Francesco ci ha fatto dono della lettera apostolica Misericordia et misera. Le sue parole, cariche di benevolenza e di tenerezza, ci aiutano a sostare ancora una volta dinanzi all’infinita misericordia del Padre che si china su ogni uomo. Veramente la porta della misericordia rimane sempre spalancata e siamo chiamati a continuare con fedeltà e gioia il nostro cammino nella via della carità. È necessario allora che ritroviamo in noi il coraggio della fede, l’ardire della speranza, la creatività della carità. Questo è l’oggi della misericordia e non possiamo rimanere impantanati nelle paludi delle esitazione e dei rimpianti.

Francesco ci invita ad uscire dalle logiche di una neutralità sterile che ci porta a tessere le trame di insidiosi compromessi e di scivolose ambiguità. Ci invita a trovare il coraggio di tagliare tutti quegli ammiccamenti con il potere che ci portano ad una colpevole abitudinarietà nel vedere la dignità umana continuamente calpestata. Non possiamo abituarci alla logica dello scarto e dell’indifferenza. Abbiamo celebrato un anno della misericordia e tutto non può rimanere come prima. La grazia della carità di Cristo non può scorrere come acqua su un vetro, ma deve penetrare e fecondare il terreno del nostro cuore perché vi germogli l’amore. È necessario che viviamo una conversione profonda, che maturiamo la consapevolezza che per primi dobbiamo cambiare noi, anche come chiesa. Siamo invitati a deporre le armi del giudizio e della lamentale, per impregnare i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni di benevolenza e di lode. Si tratta di accogliere la sfida ad essere tessitori di comunione, seminatori di speranza e di pace. Solo così saremo testimoni credibili del Vangelo.

Papa Francesco mettendo in luce la dimensione sociale della misericordia ci ricorda che dobbiamo uscire dalla logica della buona azione che tacita i morsi della nostra coscienza. Siamo chiamati a passare dal formulare progetti a promuovere processi generativi dove viene onorata e promossa la dignità di ogni uomo. Ogni vita è sacra e va rispettata nella sua singolarità e nella sua storia. Ogni uomo è tabernacolo vivente della presenza di Dio. Vivere una profonda attenzione e compassione verso le sofferenze dell’uomo, significa nel concreto dimorare nella carità di Dio, significa vivere nello Spirito. La dimensione sociale della misericordia ci chiede di prenderci a cuore le vicende di ogni uomo, di abbattere i muri che ci separano e portano a rinchiuderci nell’individualismo. Vivere nella misericordia significa instaurare relazioni vivificanti e capaci di rinsaldare il legame della fraternità. È mettersi dentro la ricerca del bello, del vero e del buono imparando a valorizzare le differenze accorciando però le distanze. Francesco ci ricorda in modo chiaro che siamo un’unica famiglia umana e che non possiamo fare finta di niente dinanzi al fratello che soffre e bussa alla nostra porta. Troppo spesso le logiche del potere diventano escludenti e relegano molte persone, soprattutto i più fragili, nei bassifondi della marginalità e della povertà. Essere misericordiosi significa non abbandonare questi fratelli nell’anonimato e nell’oscurità dell’indifferenza. Ma è altresì importante che diamo voce a chi non ce l’ha. Siamo chiamati a levare forte il nostro grido per dire “Basta” a tutto ciò che inquina e sfigura la dignità dell’uomo. Non possiamo rimanere inermi dinanzi alle ingiustizie che devastano la vita di molti nostri fratelli, non possiamo continuare a dire che non possiamo fare nulla e che non è affare nostro. Coltivare la custodia del nostre benessere individuale, addomesticando e abituando la nostra coscienza all’inequità è una grave infedeltà al Vangelo. È il tempo in cui le nostre eucarestie devono esprimere tutta la loro forza d’amore, aiutandoci ad andare ed abitare le periferie esistenziali dell’umanità. Ci vuole il coraggio di andare, di lottare, di essere sconfitti, di essere disprezzati, di soffrire e anche di morire …. per amore. Abbiamo bisogno di essere credenti incendiati dalla carità e dalla misericordia.

La scelta di papa Francesco di istituire la giornata mondiale dei poveri non è una celebrazione della povertà, ma è una occasione per ricordarci che siamo tutti fragili e deboli. E quando godiamo di un tempo favorevole è bene che ci ricordiamo che tutto quello che ci è donato non è nostra proprietà, ma è un bene che va condiviso. La giornata mondiale dei poveri sarà un’occasione per rinnovarci, come singoli e come chiesa, nell’essere testimoni di misericordia. I poveri sono sacramento singolare della presenza di Dio. Mettiamoli al centro della vita della Chiesa non per spettacolarizzare la sofferenza, ma per riconoscere la voce di un Dio che parlandoci attraverso la carne dei più deboli ci assicura che il suo amore è infinito e che nessuno mai andrà perduto.

Questa giornata ci aiuterà a ritrovare ciò che è essenziale, a recuperare la nostra identità di discepoli in cammino ed in continua conversione … ci porterà a scoprire, giorno dopo giorno, che solo amando la nostra povertà e quella degli altri sapremo scoprire la ricchezza sorprendente della Misericordia di Dio.


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