«Abbiamo tessuto una trama così lontana dal Vangelo che la nostra esistenza è molto lontana da quanto professiamo con le nostre labbra.»
Da più parti si sente affermare che stiamo vivendo un cambiamento d’epoca, un tempo inedito. Credo sia un’opportunità preziosa: nel silenzio, nella riflessione e nella preghiera possiamo restare in ascolto degli appelli di vita nuova che il Signore ci rivolge.
Un primo appello è quello di vivere questo tempo nella vigilanza e nella custodia. Prima di tutto siamo invitati a prestare molta attenzione al “virus” dell’indifferenza che ci rende sordi e ciechi dinanzi a Dio che passa nella nostra vita e che è presenza sacramentale nella carne di ogni fratello. È fondamentale stare sempre attenti affinché il germe dell’indifferenza non renda i nostri cuori di pietra e ci porti a chiudere le porte, ad alzare muri e barricate nei confronti di quel Dio di misericordia, che sceglie continuamente di abitare la nostra storia, facendosi debole e fragile. Il Signore bussa ai nostri cuori e chiede di potervi dimorare. In secondo luogo siamo chiamati alla custodia della vita, di quella vita, che anche se fragile e ferita, viene affidata alle nostre fragili mani. Non possiamo girarci dall’altra parte, non possiamo continuamente affermare che “non è affare nostro”. Siamo un’unica famiglia umana e siamo profondamente uniti gli uni agli altri da un legame di fraternità.
Un secondo appello è alla conversione. Siamo chiamati a cambiare rotta, a rivedere gli stili che guidano la nostra esistenza. Con troppa facilità ci siamo abituati alle sofferenze degli altri. Ammicchiamo e siamo conniventi con i meccanismi del potere, con le nostre scelte quotidiane rafforziamo la logica dello scarto che marginalizza e fa precipitare molte persone nel baratro della disperazione. Abbiamo tessuto una trama così lontana dal Vangelo che la nostra esistenza è molto lontana da quanto professiamo con le nostre labbra. Tutto ciò ci ha portato ad una cultura della delega e della declinazione di ogni responsabilità. Questo modo di pensare e vivere ci ha “iniettato” nel cuore l’idea che la povertà sia una colpa e che le difficoltà che incontriamo sono attribuibili sempre a qualcuno. Dinanzi a tutto questo è necessaria una conversione profonda del cuore. È necessario che l’individualismo e l’ipocrisia che sono sempre accovacciate alla porta del nostro cuore, siano tagliate alla radice. Non dobbiamo e non possiamo lasciare che il nostro cuore sia ostaggio della menzogna. Con molta umiltà siamo chiamati a metterci ancora una volta alla scuola di Gesù, per cercare quella verità e quella libertà che, sole, possono darci la gioia e la pienezza della vita. Non possiamo tacere, non possiamo far finta di non vedere, non possiamo non essere sdegnati quando la vita del fratello, soprattutto più debole e fragile, è calpestata e disumanizzata.
Un terzo appello è guardare alla nostra vita e a quella di ogni uomo con molto realismo, ma anche con una grande fede e speranza in Gesù Cristo.
La vita è un cammino, fatto di luci ed ombre, di gioie e di dolori. L’altro non può mai essere imprigionato nella nostra comprensione, nei nostri giudizi. Va accolto ed amato nella verità e nella libertà della sua esistenza. Tutto questo è illuminato dalla fede in Gesù, ma è necessario avere sempre la consapevolezza che le fatiche e le durezze della vita sono tali e non si addolciscono con mielose consolazioni. La croce è croce ed è dura e dolorosa. La sofferenza schiaccia e a volte porta a perdere l’orizzonte, la fiducia, la speranza. Questo è profondamente umano ma il Signore ci ama ancor più in questi spazi di esitazione.
Lui ci chiede di abitare anche la povertà della nostra fede. Ci chiede di stare dentro la nostra vita, avendo la consapevolezza che ogni periferia esistenziale, dentro e fuori di noi, può diventare generativa di vita nella misura in cui lasciamo che Lui vi ponga la sua dimora. E di questo abbiamo un grande bisogno. Abbiamo necessità di ritrovare le radici della nostra speranza, di sperimentare, di toccare con mano che il Cristo è “Colui che fa riacquistare la vista ai ciechi, guarisce i lebbrosi, udire i sordi, risuscitare i morti”. Abbiamo bisogno di dimorare nella speranza, di cogliere che il verbo della recuperabilità è per ogni uomo. Una possibilità nuova ci è accordata sempre dal cuore misericordioso di Dio.
Un quarto appello è nutrirci delle promesse di Dio. Lui entra nella nostra storia lì dove noi non ce lo aspettiamo. Scrive dritto sulle righe storte della nostra vita. Le promesse di Dio superano di molto le nostre umane attese e ci proiettano in un orizzonte eterno dove la nostra povertà diventa segno dell’infinita misericordia del Padre. Ognuno di noi è chiamato a fare esperienza di come “i cinque pani e i due pesci” della sua vita possano sfamare una moltitudine di persone se sono consegnati nelle mani di Dio. È il miracolo della carità, della condivisione. Veramente nulla è impossibile al Suo Amore.
Siamo chiamati a diventare capaci di accogliere la vita, custodirla e promuoverla affinché ogni uomo possa sperimentare la gioia di essere accolto e amato nella propria verità. Siamo invitati ad essere, nella semplicità e con molta umiltà, dimore di speranza. Nella vita non è importante e fondamentale comprendere e controllare tutto. È necessario avere fiducia in Colui che ci chiama ad essere suoi collaboratori ed amici, non nonostante le nostre fragilità, ma proprio in esse. Allora è fondamentale che con cuore docile riconosciamo che la nostra vita è un dono e che come tale va vissuta. Non è una proprietà privata, ma ci chiede di vivere ogni giorno una consegna fiduciosa nelle mani del Padre. Siamo chiamati ad ammainare la bandiera della nostra superbia e del nostro orgoglio. Solo così i nostri cuori diventeranno capaci di ospitare la vita, e le nostre esistenze saranno capaci di generare speranza e gioia. Contro i segnali di morte che vengono seminati a piene mani, siamo chiamati ad essere presenze generative di vita e di gioia piena. La grazia dello Spirito Santo ci doni di essere strumenti generativi che indicano la via del Bello, del Vero, del Buono.